Rara la pace (
dedicata alla vittime di Madrid) Rara la pace, quasi mai germoglia. Si cela dietro madidi visi, straziante il dolore! Vecchie radici assorbono l¹amore, che falsamente strisciante la terra inonda. Imponenti fusti di alberi si ergono, poca l'acqua, dentro marci, si sentono morire. Rara la pace, non abbonda, sprofonda, senza calore, un pianto! Balbuziente il tormento regna, sferzante il vento. L'uomo muoreSRara la pace! Impotenti davanti alle utopiche ideologie urliamo, e cosa diremo ai nostri ipotetici figli? "Figlio mio io allora scrivevo poesie" "Padre" mi domanderà "che cosa sei riuscito a cambiare?" Nulla figlio, nulla!
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Compagna di classeSricordi?! Poche scelte abbiamoSin passatoS con degli zaini pieni di libri ci siamo recati presso il tempio del sapere, affamati, senza un soldo, in attesa di pause, per andare dove? A fumare sigarette nei bagni umidi e e senza luce. Struggenti giorni, cattedre invecchiate dal tempo abbiamo visto e sopportato, antiche melodie di violino rimbombavano in lontananza, su colli lontaniS inafferrabile altura, verde, spumeggiante, come il corpo di una rosa abbandonata. Avremmo potuto giacere su delle splendide ninfee, ascoltare il brioso canto d'uccelloS avremmo potuto amarci!!! Ma non lo abbiamo fatto. Quegli anni sono andati, tra giochi e nostalgie abbiamo perso il sorriso, prima, anni fa, bianco come diamante, infantile. Tu, ragazza cresciuta, mai invecchiataSricordi?! Io sìSancora, ricordo ancora!
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Imitando Rimbaud Soffocati dal colore del mare, come conchiglie sbarazzine, posiamo qua e là sulle nostre spiagge, simili a solinghi esseri, come sbandati cani. Credendo nell'amore eterno c'illudiamo, sognando in fondo un mondo migliore, onirica assenza, respiriamo e siamo felici di risvegliarci, così, andando incontro ai nostri spaesati mattini. Con il cuore felice, gioioso, sempre in festa, gaia credenza, abbracciamo le nostre amate cose, le realtà che si avvinghiano intorno a noi come corde di chitarra tese. Ma cosa ci sarà mai aldilà di quel mare? Dopo le onde, forse le montagne innevate di un altro pianeta, di un altro assonnato mondo, figlio di un terso e timido cielo, riflesso di un miserevole e sbiadito sfondo, che esala incenso. |
I Monti del
paradiso Fievole e fioca, la luce del giorno ammira gli uccelli ondeggiare. Ondeggiano voli d¹angelo, segreto stormo. Quel verde soleggiante, che serba la purezza dei monti, permette l¹amore della pianura, bacia le ataviche alture. Bello ed immenso il volo, che tutto vede e sorvola, lasciando l¹uomo, splendido paradiso. Solo! Rimpiange le cime, nessuno sguardo affascinante. Essere pensante, intento a costruirsi i suoi capelli d¹oro.
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I minatori dell'anima Siamo piccoli cercatori di immensi silenzi. Strade senza fine hanno deviato il cammino incerto ed inquieto. I cuori di uomini solitari piangono forte, le arterie dorate raccolgono il sangueS in eterno scorre. Mi dissero un giorno: ³Forse meritiamo di più.² Io non risposi! Muto, me ne andai, piccolo schiavo del Silenzio. |
Finti giardini Stentate speranze, piacevoli sospiri, attimi di euforia e contrasti latenti tra la gente. Buongiorno Signore, questa è la vita. Il mondo si affanna e i giorni con lui ancora, simile agli alberi che il fogliare delle proprie chiome ostenta, il giorno presenta il respiro nostro. E ci si incontra spesso, tra i colori violetti e porporini dei giardini in primavera, tra le magnolie bianche, ma tra noi tacendo come illustri sconosciuti. Come il silenzio del vento in mezzo ai platani arcani. Simile alla quiete silente sorella.
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Il poeta barbone e il cane Carezzevole mano, bisbigliante sillaba, e la paura di muoversi, di tessere una forma d¹uomo. Vergine paura, prima mai avuta, erano gli anni forse? Pochi, incoscienti. Adesso tutto è cambiato. Dobbiamo superare vecchi ponti a piedi scalzi amico mio cane, e non bisogna tremare, non è permesso, bisogna andare avanti, superarsi, raggiungere la vetta. Che cos¹è questo rumore che illude i miei sensi? Il futuro?! Ma cos¹è?! Taccio, non so! Dicono che bisogna guadagnare un sacco di soldi, ma io vorrei ammirare le nuvole lì in alto. In alto, là, le vedi? |
Sentieri d'inverno,
assenti sguardi Sentieri sontuosi il mio misero ed ingenuo sguardo avvolgono. D¹inverno rami nudi, poi vie esasperate, del verde prive, mi fanno compagnia, ricordandomi di rimembrare. Sguardo e ricordi nella fredda stagione rimpiangono i raggi splendidi ed incerti di un sole lontano. E le tremule foglie già secche si piegano, e nel tempo si disperdono.
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Il casolare Lungo i campi d¹inverno e d¹estate i miei sensi, le sensazioni, si fondono con gli arcani petali, con le erbe, con i sempreverdi, e al richiamo di un vecchio casolare, spesso mi soffermo. Da lontano sembra piccolo, bianco, dietro quel monumento contadino, un mare di orizzonte lineare e vigile ferma il mondo, e le foglie disperse dalle stagioni giacciono qua e là, quasi a formare una piccola costellazione. Una nuvola, dispersa in cielo insegue le altre sue sorelle bianche, tinte chiare in un cielo celestino, tenue colore, e la pioggia color pianto, all¹improvviso battezza il mondo, e le sue creature improvvisate. Alzo lo sguardo, ed è già notte, oscurità, madre di una nuova alba, non ancora alba, e i fiori, già attendono rugiada nuova, come i bambini, mai sazi, il cioccolato, color sogno.
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Bambini e rose. Un petalo piangente, della rugiada vecchio innamorato, esalta lo stelo di una singhiozzante rosa d'estate, accarezzata dal color quasi amaranto. Bella! Inebriante la vita, orgoglio, essenza e vanto di un bambino appena nato, sbocciato! Rose e fanciulli in fiore, figli dei colori. Esseri perfetti, allattati, svezzati dalla stessa madre: natura! Pura eppur sfuggente, ridente, eterno verbo, assente?! Mai!
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I profumi dei solinghi orti.
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Spesso vago, delirando, in cerca di una dispersa favola, ma poi l’orrore, e tremano i miei denti. Campi di grano finti e luminosi sentieri, delle foglie i fruscii, acque che sgorgano da ruscelli dipinti, s’impossessano del mio mondo. Alcune volte sogno davvero, sogni senza tempo, disperati, fannulloni, e si confondono i cieli, immensi spazi, di diversi mondi, e non oso alzare lo sguardo, perché vedo sempre ali senza corpi d’uccello. Si avvicinano automi che marciano suonando cornamuse e fanfare, vedo orrende scene, disperate creature, inciampo su gente magra, su stomaci etiopi che dimagriscono non lontano da me. Sogno una donna che si “cosparge” di profumo francese, indossando diamanti, grassa e volgare, donna che calpesta serpenti viscidi e urlanti. Mi sveglio e mi soffoca l’alba, orrendo persino del gallo il canto. Sono Pierrot, ecco perché piango.
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Una notte sognando paesaggi marini granelli di sabbia assopiti, di un passato gli amori, la rabbia di un ieri lontano e inermi dolori, lacrimando i miei occhi tacquero. Legati rimasero, all’angolo di una caduca esistenza.
Il cuore si spense e una melodia lenta pace donò scemandosi lentamente con il suono attraverso dei piccoli ed eterni bagliori antelucani.
Il mio sogno, sempre meno sogno mi ridiede il vero in cui viviamo. Il vero! Questo piccolo neo, che morde e fugge, giocando.
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Tacciamo alcune volte, come bambole di pezza infantili.
Spesso fragili corriamo qua e là, simili a dei cani sbandati.
Profumi di viole e d’incenso risvegliano i nostri silenti giardini, e le chiese di sera perdonano i nostri angosciosi peccati.
Frutti acerbi, illusioni, sbarazzine e mature, saltellano nei mattini piovosi, attraverso vie crudeli, con maniere false e allegre.
La vita non è ascoltare musica gitana, accoppiata di un promettente amore.
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Se dovessi rinascere me ne guarderei bene… dall’essere uomo. Se dovessi rinascere, vorrei volare, vivere come un uccello selvatico e guardare tutto dall’alto, spiegare le mie ali. Volare e immaginare solo nuvole, essere un falco, e considerare la terra degli uomini un qualcosa di talmente lontano, come se non ci fossi mai stato.
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Cadendo, le stelle fanno sognare belle cose, sinuose comete, ombrose rose. Giacenti paesaggi all’unisono si uniscono, sembra tutto un dipinto
di un artista il quadro. e il silenzio ancora. E la loro eterna voce, notte dopo notte, dopo i raggi. Voce dopo il sole. Che al mattino tace.
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