Alessandro Gioia

 

La maschera di Pierrot Donatemi una favola La ballata del saggio Lontano dall’uomo Estate Bambini e rose. Sentieri d'inverno, assenti sguardi I profumi dei solinghi orti.
Finti giardini Il poeta barbone e il cane Il casolare Compagna di classeSricordi! I    Monti del  paradiso I minatori dell'anima Imitando Rimbaud Rara la pace ( dedicata alla vittime di Madrid)

 

 

 

 

 

 

 

Rara la pace ( dedicata alla vittime di Madrid)

 

 

Rara la pace,

quasi mai germoglia.

Si cela dietro madidi

visi,

straziante il dolore!

Vecchie radici

assorbono l¹amore,

che falsamente strisciante

la terra inonda.

Imponenti fusti di alberi

si ergono,

poca l'acqua,

dentro marci,

si sentono morire.

Rara la pace,

non abbonda,

sprofonda,

senza calore, un pianto!

Balbuziente il tormento

regna, sferzante il vento.

L'uomo muoreSRara la pace!

Impotenti davanti alle

utopiche ideologie urliamo,

e cosa diremo ai nostri ipotetici figli?

"Figlio mio io allora scrivevo poesie"

"Padre" mi domanderà "che cosa sei riuscito a cambiare?"

Nulla figlio, nulla!
 

 

 

 

 
Compagna di classeSricordi?!
 

 

Poche scelte abbiamoSin passatoS

con degli zaini pieni di libri

ci siamo recati presso il tempio

del sapere, affamati,

senza un soldo,

in attesa di pause,

per andare dove?

A fumare sigarette nei bagni umidi e

e senza luce.

Struggenti giorni,

cattedre invecchiate dal tempo

abbiamo visto e sopportato,

antiche melodie di violino

rimbombavano in lontananza, su

colli lontaniS

inafferrabile altura, verde,

spumeggiante, come il corpo di una rosa abbandonata.

Avremmo potuto giacere su delle splendide ninfee,

ascoltare il brioso canto d'uccelloS

avremmo potuto amarci!!!

Ma non lo abbiamo fatto.

Quegli anni sono andati,

tra giochi e nostalgie

abbiamo perso il sorriso,

prima, anni fa, bianco come diamante, infantile. Tu, ragazza cresciuta, mai

invecchiataSricordi?!

Io sìSancora, ricordo ancora!

 

 

 

 

 


 

Imitando Rimbaud

 

 

 Soffocati dal colore del mare,

come conchiglie sbarazzine,

posiamo qua e là sulle nostre spiagge,

simili a solinghi esseri,

come sbandati cani.

Credendo nell'amore eterno c'illudiamo,

sognando in fondo  un mondo migliore, onirica assenza,

respiriamo e siamo felici di risvegliarci,

così, andando incontro ai nostri spaesati mattini.

Con il cuore felice, gioioso, sempre in festa, gaia credenza,

abbracciamo le nostre amate cose, le realtà

che si avvinghiano intorno a noi come corde di chitarra tese.

Ma cosa ci sarà mai aldilà di quel mare?

Dopo le onde, forse le montagne innevate di un altro pianeta,

  di un altro assonnato mondo,

   figlio di un terso e timido cielo,

riflesso di un miserevole e sbiadito sfondo,

che esala incenso.

 
 
I    Monti del  paradiso
 

 
Fievole e fioca,

la luce del giorno

ammira gli uccelli ondeggiare.

Ondeggiano voli d¹angelo,

segreto stormo.

Quel verde  soleggiante,

che serba la purezza dei monti,

permette l¹amore della pianura,

bacia le ataviche alture.

Bello ed immenso il volo,

che tutto vede e sorvola,

lasciando l¹uomo,

splendido paradiso.

Solo!

Rimpiange le cime,

nessuno sguardo affascinante.

Essere pensante,

intento a costruirsi

i suoi capelli d¹oro.
 
 

 

 

 


 

I minatori dell'anima
 

Siamo piccoli cercatori

di immensi silenzi.

Strade senza fine

hanno deviato

il cammino incerto ed inquieto.

I cuori di uomini solitari

piangono forte,

le arterie dorate

raccolgono il sangueS

in eterno scorre.

Mi dissero un giorno:

³Forse meritiamo di più.²

Io non risposi!

Muto, me ne andai,

piccolo schiavo del Silenzio.

 
Finti giardini

 

 

Stentate speranze,

piacevoli sospiri,

attimi di euforia

e contrasti latenti

tra la gente.

Buongiorno

Signore,

questa è la vita.

Il mondo si affanna

e i giorni

con lui ancora,

simile

agli alberi

che il fogliare

delle proprie chiome

ostenta,

il giorno

presenta il

respiro nostro.

E ci si incontra

spesso,

tra i colori violetti

e porporini

dei giardini

in primavera,

tra le magnolie bianche,

ma  tra noi tacendo

come illustri sconosciuti.

Come il silenzio

del vento in mezzo

ai platani arcani.

Simile alla quiete

silente sorella.

 
 

 

 

 


 

Il poeta barbone e il cane

           

     

 

Carezzevole mano,

bisbigliante sillaba,

e la paura di muoversi,

di tessere una forma d¹uomo.

Vergine paura,

prima mai avuta,

erano gli anni forse?

Pochi, incoscienti.

Adesso tutto è cambiato.

Dobbiamo superare vecchi ponti

a piedi scalzi amico mio cane,

e non bisogna tremare,

non è permesso,

bisogna andare avanti,

superarsi, raggiungere

la vetta.

Che cos¹è questo rumore

che illude i miei sensi?

Il futuro?!

Ma cos¹è?!

Taccio, non so!

Dicono che bisogna

guadagnare un sacco di soldi,

ma io vorrei ammirare

le nuvole lì in alto.

In alto, là, le vedi?

 

 
Sentieri d'inverno, assenti sguardi


 

Sentieri sontuosi

il mio misero ed ingenuo

sguardo avvolgono.

D¹inverno rami nudi,

poi vie esasperate, del verde prive,

mi fanno compagnia,

ricordandomi di rimembrare.

Sguardo e ricordi

nella fredda stagione

rimpiangono i raggi

splendidi ed incerti

di un sole lontano.

E le tremule foglie

già secche si piegano,

e  nel tempo si disperdono.

 

 


 

Il casolare

 

 

Lungo i campi

d¹inverno e d¹estate

i miei sensi, le sensazioni,

si fondono con gli arcani petali,

con le erbe, con i sempreverdi,

e al richiamo di un vecchio casolare,

spesso mi soffermo.

Da lontano sembra piccolo,

bianco, dietro quel monumento contadino,

un mare di orizzonte lineare e vigile

ferma il mondo,

e le foglie disperse dalle stagioni

giacciono qua e là,

quasi a formare una piccola costellazione.

Una nuvola, dispersa in cielo

insegue le altre sue sorelle bianche,

tinte chiare in un cielo celestino,

tenue colore, e la pioggia color pianto,

all¹improvviso battezza il mondo,

e le sue creature improvvisate.

Alzo lo sguardo,

ed è già notte, oscurità,

madre

di una nuova alba, non ancora alba,

e i fiori,

già attendono rugiada nuova,

come i bambini, mai sazi, il cioccolato,

color sogno.

 

 

 
 

 

 

 

Bambini e rose.

 

 
Un petalo piangente,

della rugiada vecchio innamorato,

esalta lo stelo

di una singhiozzante rosa d'estate,

accarezzata dal color quasi amaranto.

Bella!

Inebriante la vita,

orgoglio, essenza e vanto

di un bambino appena nato,

sbocciato!

Rose e fanciulli in fiore, figli dei colori.

Esseri perfetti,

allattati,

svezzati dalla stessa madre:

natura!

Pura eppur sfuggente, ridente,

eterno verbo, assente?!

Mai!
 

 

 

 

 

I profumi dei solinghi orti.

 

 

Dal verde color prato,

dove assorti gli orti

solinghi tacciono,

si diffonde un profumo

di pietanze variegate,

concepite ad arte.

Allegria,

gioia ovunque,

sapore e amore,

entrambi uniti.

La neve, del suolo amante, cade.

Gli esseri umani nel sapor

si rifugiano,

rincorrendosi come

rosei pargoli.

Fuori, l¹abbondanza

dei fiocchi, creatrice di un candido manto,

un piacevole silenzio genera.

Un melodioso vento,

musica bei versi!

Dolci, lievi, suono celestiale!

 
 

 

 

 

 

La maschera di Pierrot

 

 

Spesso vago,

delirando,

in cerca di una dispersa favola,

ma poi l’orrore,

e tremano i miei denti.

Campi di grano finti

e  luminosi sentieri,

delle foglie i fruscii,

acque che sgorgano da ruscelli dipinti,

s’impossessano del mio mondo.

Alcune volte sogno davvero,

sogni senza tempo,

disperati, fannulloni,

e si confondono i cieli,

immensi spazi, di diversi mondi,

e non oso alzare lo sguardo,

perché vedo sempre ali senza corpi d’uccello.

Si avvicinano automi che marciano suonando

cornamuse e fanfare,

vedo orrende scene,

disperate creature,

inciampo su gente magra,

su stomaci etiopi

che dimagriscono non lontano da me.

Sogno una donna che si “cosparge” di profumo francese,

indossando diamanti,

grassa e volgare,

donna che calpesta serpenti viscidi

e urlanti.

Mi sveglio e

 mi soffoca l’alba,

orrendo persino  del gallo il canto.

Sono Pierrot,

ecco perché piango.

 

 

 

 

 

 

 

 

Donatemi una favola

 

Una notte

sognando

paesaggi marini

granelli di sabbia assopiti,

di un passato gli amori,

la rabbia di un ieri lontano

e

inermi dolori,

lacrimando

i miei occhi tacquero.

Legati rimasero,

all’angolo di una caduca esistenza.

 

Il cuore si spense

e

una melodia lenta

pace donò

scemandosi

lentamente

con  il suono

attraverso dei piccoli ed eterni

bagliori antelucani.

 

Il mio sogno,

sempre meno sogno

mi ridiede il vero

in cui viviamo.

Il vero!

Questo piccolo neo,

che morde e fugge,

giocando.

 

 

 

La ballata del saggio

 

 

Tacciamo

alcune volte,

come bambole di pezza

infantili.

 

Spesso fragili

corriamo qua e là,

simili a dei cani sbandati.

 

Profumi di viole e d’incenso

risvegliano i nostri silenti giardini,

e le chiese di sera

perdonano

i nostri angosciosi peccati.

 

Frutti acerbi,

illusioni,

sbarazzine e mature,

saltellano nei mattini piovosi,

attraverso vie crudeli,

con maniere false e allegre.

 

La vita non è

ascoltare musica gitana,

accoppiata di un promettente amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lontano dall’uomo

 

 

Se dovessi rinascere

me ne guarderei bene…

dall’essere uomo.

Se dovessi rinascere,

vorrei volare,

vivere

come un uccello selvatico

e guardare tutto dall’alto,

spiegare le mie  ali.

Volare e immaginare

solo nuvole,

essere un falco,

e considerare la terra degli uomini

un qualcosa di talmente lontano,

come se non ci fossi mai stato.

 

Estate

 

 

Cadendo, le stelle

fanno sognare

belle cose,

sinuose comete,

ombrose rose.

Giacenti paesaggi

all’unisono

si uniscono,

sembra tutto un dipinto

di un artista il quadro.
Poi le lucciole

e il silenzio

ancora.

E la loro eterna voce,

notte dopo notte,

dopo i raggi.

Voce dopo il sole.

Che al mattino

tace.

 

 

 

 

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