Il nuovo giorno
Il cielo s’è intinto d’intenso rosso
Sangue. Per i cortili, tutto tace.
Ogni tanto, un lontano rumorio.
Spira poco vento. Nulla s’è mosso.
Di notte, tra questa solenne pace,
Pensoso e in silenzio sono immerso io!
Ma ecco che si sentono i primi canti…
Ecco che il nuovo giorno viene avanti.
Roma, 21 marzo 2004
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Il sarto Fino a
tarda sera, sotto la luce
Soffusa e fioca, il solitario sarto
Esperto e veloce, con cura cuce.
Ti porge sempre un festoso saluto
Mentre s’adopera, dando ad ogni arto
Eleganza, frutto d’ingegno acuto.
Nel soffice silenzio del negozio,
Dignitosamente fa il suo lavoro.
Sempre attivo, mai si culla nell’ozio!
Con soddisfazione prende ristoro.
Roma, 5 aprile 2004
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Il sabato Ed
ecco prorompente e manifesta,
La freschezza dei tuoi giovanili anni
Amica! Tu pensi bene a far festa
E non t’affanni.
Sorridi e ti diverti in compagnia
In locali anonimi, nel grigiore
Avvolti, fumando quello che sia
Per ore e ore e ore…
Intorno a te, si spandono urla e chiasso
Di gente che bevendo si trastulla
E in piaceri, nel totale sconquasso,
Gode e si culla.
E per i vicoli densi d’urina
E vomito, t’incammini a stento
Verso casa amica, a testa china,
A passo lento.
Roma, 16 marzo 2004
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Distanze Il
taglio d’una lama arrugginita,
Netto e finale… C’è un silenzio strano…
Da poco tempo, s’è spenta una vita.
L’Agnello s’accascia a terra pian piano…
È pronto per il macello. Le dita
Dei carnefici, dell’orrido piano
Si compiacciono, mentre irrigidita
Giace la carcassa che belò invano.
Inchiodato alla croce dolorosa,
Ha appena chiuso gli occhi doloranti
D’amaro pianto. Non ha più dolore.
Dopo insulti, sputi e ferite, muore.
In eterno, presso il Padre riposa.
Quanto da Lui siamo tanto distanti!
Roma, 29 aprile 2004
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Piccole vanità
Vedo tre Veneri: una, snella e bionda,
L’altra, appare meravigliosa e bruna
E la terza, col bel petto che abbonda;
Assorta in pensieri si trova ognuna.
Ma fra loro, s’agita e protesta una:
“Me, me, me, me, me, me, me, me circonda
L’estrema bellezza! Travolge e inonda
Chi me guarda! Come me mai nessuna!”
Ma quando tutti i corpi, dentro bare
Buie giaceranno, sciocchi discorsi
E sfarzose vanterie cesseranno.
Nella vita, solamente d’imporsi
Ci si deve tanto preoccupare!
Svanisce la bellezza, di anno in anno.
Fano, 12 aprile 2004
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La morte del ciclista
Il vittorioso
ciclista, Ciò fu, da questa italiana
Alla
vista E assai sana
Di molti
sostenitori, Giustizia, fatto al campione
Esultava sul
traguardo Solitario, mal ridotto
Con lo
sguardo Da quel dotto
Fiero, ornando tutti i
cuori. Gruppo che notizie impone.
Con il ghiaccio o con la
neve, Brucia e s’evolve in affanni
Egli
deve, Con gli inganni
Deve pedalar con
forza, Insieme, il mondo. Non siede
E a domar salite
dure Più sulla sella felice,
E
insicure L’infelice
Discese, sempre si
sforza. Uomo; alla morte si diede.
Cade a volte sulla
terra, Roma, 28 febbraio 2004
Ma riafferra
La sua bici prontamente
Ripartendo insanguinato,
Concentrato
Sulla gara con la mente.
Venne coperto di fango
Da quel rango
Prestigioso con la toga,
Come l’Agnello indifeso,
Che fu reso
Vile da crudele foga.
A Marco Pantani
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Sette
aprile
Ti vidi su quel letto d’ospedale,
Sfinita dal male che con coraggio
Affrontavi, creatura mortale.
Con occhi spenti e affannoso respiro,
T’appressavi verso l’oscuro viaggio
Di fronte cui tutto nulla più vale.
A tuo marito, hai lasciato un figlio
Che mai, mai godrà del tuo acceso amore;
Mai, mai l’accoglierà nessun tuo appiglio.
Sei morta e nulla avrà più il suo valore.
Roma, 1 marzo 2004
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Il divertimento moderno
Vivi cadaveri che s’agitano
Il tempo ogni sentimento prosciuga,
Affievolendo ogni umano legame,
Che diviene solo noia e letame.
Così ci corrodono orrende brame
E infiniti mali, come una ruga
Solca il viso. Ciò siamo, e non c’è fuga.
Roma, 20 febbraio 2004
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Ad una
ragazza
La ragazza dai capelli dorati
Mostra il candido giovane sorriso,
Delle speranze molli e vane intriso,
Sognando amori non ancor saziati.
Sospira il suo cuore per tanti amati,
E amabil lucentezza sparge il viso,
Quand’ella vien presa d’amor deciso
E da tremendi ardori suscitati.
Cari al viver suo sono i moti suoi,
Nonostante i travagli che produce,
Poich’è Amore ch’in giovinezza impera.
Ma tu, cuor mio, palpitare non puoi,
Tu non sai in che stato Amore riduce,
Perché evitar vuoi l’essenza sua nera.
Roma, 19 dicembre 2003
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Chiara
Chiara e leggiadra la tua apparizione
Ch’agli occhi miei d’angelica natura,
Pare, e ardua impresa sarà la scrittura
Ch’esser degna deve di tua attenzione.
Il cuor mio riempisti d’emozione
A me, rivolgendoti con premura
Tra gesti e parole, e la tua andatura:
La più alta dell’umana creazione.
E io timido, gli sguardi tuoi fuggivo
Lontano, ma di nascosto, ogni volta
D’ammirarti cocente non finivo.
Ma ora e in futuro, di te sarò privo
E questo è il vero! Tu da me sei tolta
Giacche il cuor tuo, davanti al mio, assai è schivo.
Roma, 19 gennaio 2004
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Deliziosa creatura
Deliziosa creatura
Di te cari sguardi, e le
mansuetudini
M’appaiono, viva ragazza
mora,
Nobil persona ch’ama e
ch’innamora,
Rara perla nel mar di
turpitudini.
Baci ed abbracci, erano
consuetudini
Dolcissime che’l mio cuor
non ignora,
Intanto che’l tempo il
tutto scolora,
Perché crea deserti e
solitudini.
Inseparabili e stretti in
quei giorni
Eravamo talmente, che
pareva
Ch’un sol e unico corpo
aveva i nostri.
Quanta attraente timidezza
mostri
Alla mia vista, che pregio
ha e aveva,
Di contemplare te, che
sempre l’orni.
Fano, 27 dicembre 2003
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Maestro
Nei coltivati campi e nei cari orti,
Testimoni d’un gran lavoratore
Di vitale fatica e di sudore,
Brutti e inutili palazzi son sorti.
Come nave che varie isole e porti
Ha passato, così il tuo gran valore
D’eccelsa sostanza e il moral vigore,
Ondeggiavan sempre impetuosi e forti.
Ma spirasti. Giunse l’eterno sonno
E l’assenza dall’oscurata vita,
Non fu mai fin all’ora così vera.
Io che trascorro il viver da eremita
Cosciente, te, forza dolce e fiera
Onoro con il pianto, amato nonno.
Roma, 2 febbraio 2004
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Meditazioni
Dolcissima e sensuale giovinetta,
Lungo la riva del mar in tempesta,
Ammiro te, che, ritirata e mesta,
Con intrecciate braccia vai, in te stretta.
Il pensier tuo il morir, che non diletta,
Forse invoca; esso ad arrivar s’appresta
E orrore e travaglio da per chi resta,
Poiché lo stato mortal non s’accetta.
Ma per chi non è più, eterno sollievo
Da almeno, e se una prossima esistenza
S’affaccia, verso il cielo gli occhi levo!
In te, bon Signore, io sempre confido,
Affinché luce sia e non, la parvenza
D’essa e penso, al tuo doloroso grido.
Fano, 31 dicembre 2003
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Memorie di vecchi amici
Intense e sublimi le passeggiate
Con te, amico mio, discutendo tanto
Le questioni più confuse e oscurate:
Le donne, il sesso, la musica e il canto.
Per l’Eterna Città in quelle serate,
S’andava, dal Suo immutabile incanto
Rapiti, e vie e piazze da noi ammirate,
Intorno rumoreggiavan, intanto.
Di tanti vivi e vitali ricordi,
D’amate e care effimere speranze,
Sogni; testimone ne era la piazza.
La nostra presenza il nulla rimpiazza
Ora; in ogni tempo e nelle vacanze,
Vissute eran le scale e scuri i bordi.
Roma, 13 gennaio 2004
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Natura: Morte e Indifferenza
Ventosa notte d’ardenti celesti
Lumi, e di solitari gruppi sparsi
Di candidi monti, nel ciel apparsi.
Vivaci e ascetiche le loro vesti,
Ma mutevoli e mortifere quelle
Degl’altri ch’in apparenza, son belle.
La speranza e lo spirito le stelle,
D’uragani e alluvioni al fondamento,
Le nubi: in esse, non v’è pentimento.
Fano, 2 gennaio 2004
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Semplici, casti
Spesso noto nell’alto cielo vasto,
Irraggiungibili folle d’uccelli
Che, volando, passan il viver casto
E un brun piumaggio riveston le pelli.
E quando arriva l’ora del pasto,
Scesi in terra, si muovono a saltelli,
Quasi a fatica, sopra il mondo guasto
E il loro apparir, tende a pensier belli.
Non essendo soggetti all’immondezza
E alla miseria umana, da una vetta
All’altra, intonan canti d’allegrezza.
Ogni vostra movenza il guardo alletta,
Lieti esseri! Semplicità e saggezza
Siete, ma l’uomo solo male getta.
Roma, 22 dicembre 2003
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