C’è una strada bianca. La polvere si alza al passaggio di una macchina antica. Due persone non si parlano. Quella che guida, vestita di vero, piange; l’altra, con gli occhi azzurri, finge d’essere triste. Lui non sa che lei mente e si asciuga le lacrime rallentando. Lei sa che lui sta male. Lui spera in un ritorno e vuole abbracciarla. Lei pensa alla notte che la aspetta impaziente di vederla crescere. La polvere bianca però la vedeva soltanto lui, la sentiva negli occhi e piangeva. I capelli ormai erano bianchi, il cuore era sporco. Gli alberi sembravano aprirsi al passaggio della macchina antica. Facevano strada alla tristezza di lui e incoraggiavano la libertà di lei; fingeva bene ma non riusciva a piangere, non sentiva la polvere. Dopo pochi chilometri lui era completamente bianco. Le lacrime scioglievano la polvere e la trasformavano in fango. E il fango lo inghiottì e non vide più gli occhi azzurri di lei. E citando disse: “ormai so da molto tempo di essere imprigionato in una spirale, di cercare una via d’uscita, di cercare una persona capace di indicarmi questa via: probabilmente sono prigioniero, forse anche prigioniero volontario, o credo di essere prigioniero e magari non lo sono e poi mi accorgo magari che lo sono ugualmente tuttavia”.[i] Emili entra nella mente di lui, non lo lascia respirare, vuole ucciderlo. Lui vuole ucciderla. Lei non sa niente, come al solito, ma. I suoi occhi si infiammano, la guarda con disprezzo, col disprezzo dell’animale picchiato e affamato. Lei non capisce cosa sta succedendo e forse e stato meglio così. La prigione è nera e fredda. Anche lei sarà fredda ormai e sicuramente adesso sentirà finalmente il sapore della polvere. Ma non piangerà. E’ troppo tardi ormai, anche per il ricordo. Lui ha ancora venticinque anni di tempo, venticinque anni di nera e fredda solitudine per pensare. Poi sarà la fine.
[i] E. Emili: “La spirale”
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Raschid!!!
Che nome. Mi hai strappato l’anima dalla realtà. 1997. Gioia vagamente
vaga. Profumata. Quarantaquattro
anni fa sarebbe stato diverso. Oggi le loro macerie ci stanno soffocando e
la polvere sale inesorabilmente verso i locali più alti della nostra
memoria. Ormai. Raschid!!!
Che nome. Perchè mi hai ucciso la giovinezza? 1997. L’inizio vago della
fine. Affamata. Oggi
è diverso. Non puoi volare senza meta ed essere anche capito. Semini
polvere e raccogli cemento. Cosa pretendo di fare? Ormai. Raschid!!!
Che nome. Hai rovinato l’esistenza di troppi immaturi. Hai creato uomini
forti. La pelle è dura e nera e rossa. Stanca. Domani sarà più bello.
Fiori. Fronde. Frasche. Fresche. Luci e colori a indicarci dove morire.
Colpire. L’ordine col disordine. Destituire l’istitutore. Pedagogo.
Pederasta. Basta. Raschid!!!
Che c..... di nome.
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