Andrea Salerno 

ho 26 anni e sono di Misterbianco (Ct), sin da ragazzino ho avuto un vivo interesse per qualunque forma d’arte, soprattutto per la poesia, attraverso cui si possono esprimere anche i pensieri più reconditi. Scrivo poesie cercando di ottenere la razionale alterazione di tutti i sensi con qualunque mezzo, per poter superare l’infinito, alla ricerca del passaggio che conduce alle porte della percezione; cerco con le mie parole di coinvolgere la gente, ed attraverso l’incubo apparente, destarle dalla letargia quotidiana, invitandole a svegliarsi e vivere nella pienezza ed intensità. Sono affascinato dai poeti maledetti, a cui mi ispiro nello stile e nello spirito di vita sregolata e piena di eccessi, sono attratto dallo stile gotico, dalle tematiche arcane ed oscure e da quelle che apparentemente non avrebbero senso. 

 

Mefistofelico labirinto L’ombra dei rimpianti Arabo piacere L’antico uomo Eterna consunzione

 

Mefistofelico labirinto

 

Guanti cerei

a solleticarmi,

refolo di vento

nella notte,

una candela, come speranza,

per una costante evocazione.

Un gioco di pazienza

o lo sguardo d’un cherubino,

ammaliato da/p>

mi ha invitato a bere da uno strano calice,

per attingere i sentimenti coagulati,

dalla rabbiosa bestia annegati.

Un tempo avevamo

una dolce fiaba cui credere,

il florido monumento naturale,

due torri e il Vietnam,

ancora un posto dove andare.

Ora dimmi, quale sarà

la nostra nuova meta?

Dov’è dipinta

l’isola del libido connaturato?

Divina irrisione

di noi ciechi marinai

abortiti nel peccato.

Ricordi sospesi,

esiliati nella selva opaca,

anime ingabbiate,

coartate ai margini dell’autostrada,

lento gioco del languire,

così soli, così scorati,

ad inseguire treni

su binari obbligati.

 

 

 

Arabo piacere

 

 

Nel fresco giardino reciso

dell’Impero del Sole,

son nate delle cerulee rose sanguinanti,

dai morbidi contrasti.

Fiori, sogni, colori, profumi,

ricordi lontani

persi oltre i confini della realtà,

seguendo antiche rotte di carovane

in flavi deserti mandalici.

Sulla strada bambini e rubini,

gemme di giada,

voluttà e querimonie, satiri parossistici,

sensuali danzatrici dal velo purpureo,

ineffabili creature del sublime Dioniso.

Angeli maomettani

si librano da superbi minareti,

nascosti fra pallide dune sconfinate.

Il loro canto scuote l’anima mia,

e come vento estatico

vaga fra le mura dell’elisio,

dove frali vergini preclari

celebrano arcani riti catartici.

Strani occhi congiurano

verso la libertà morente,

tesa incertezza sospesa,

vivente nella brezza del silenzio.

Non smettete di sognare,

urlare e piangere,

provate a vagare

seguendo la scia dell’araba fenice,

danzate nudi intorno al fuoco, nella notte.

Ho avuto ali

per volare al fianco dell’aurora,

ora mi servono strane eclissi

per cingere la tua mente,

reclusa in cupidi aspetti tronfi,

ingenua estroflessione arabeggiante,

del tuo carattere infante.

 

 

 

 

L’antico uomo

 

L’aria sperde

le grida del matto,

non ride la gioia,

non piangono le sofferenze.

Ed innanzi a ogni giorno

sognando, piangendo, adorando,

ardisco

aspettando la notte silente.

Dai prati

fiorisce la musica delle sfere

quando nella mortalità,

docile, l’uomo svanisce.

Alla tomba replica,

tremando e disperandosi,

che giorni ho vissuto,

che brividi ho provato,

che decrepito squallore

intorno alla roccia dell’Eternità.

Il vino dolce del passato

anche potendo

non lo avrei evitato,

distolgo gli occhi

non voglio vedere,

il miglior vino è il più vecchio

l’acqua migliore è la più nuova.

 

 

 

Eterna consunzione

 

I tuoi passi sulla neve

come leone

che non abbia conosciuto l’eccesso,

tombe di marmo

erette con le mie lacrime

quando il sorriso

porta alla fine di ogni miseria.

Poiché in gioia

ogni bimbo vi nasce,

l’imo dell’abisso

come un maschio urlante di gelosia

trasuda in un fluido ceruleo,

annegando il globo

in una pallida femmina.

Laceranti grida

fra le spire del Serpente,

ombre di profezia

fuoriescono dalla lingua biforca,

avvolgono legioni stellate

attraverso solitudini desolate.

 


 

 

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Eterna consunzione

 

I tuoi passi sulla neve

come leone

che non abbia conosciuto l’eccesso,

tombe di marmo

erette con le mie lacrime

quando il sorriso

porta alla fine di ogni miseria.

Poiché in gioia

ogni bimbo vi nasce,

l’imo dell’abisso

come un maschio urlante di gelosia

trasuda in un fluido ceruleo,

annegando il globo

in una pallida femmina.

Laceranti grida

fra le spire del Serpente,

ombre di profezia

fuoriescono dalla lingua biforca,

avvolgono legioni stellate

attraverso solitudini desolate.

 


 

 

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