Ti porto in me… | AMAPOLA | DÉSIRÉE | ATLANTE LUNARE | Te quiero, ciquita, luz de mis ojos | Le parole non vivono… |
Ti porto in me come il volo di foglie che il vento già strappa ai tigli della piazza e solleva nel cielo, poi disperde per via (più deserta e più sola si stringe la piazza nella sua nostalgia).
Ti porto in me come un orto di corallo smagliante come il sangue di un tramonto d’estate che langue, e poi si sfacela; ti porto in me come un idolo, un tenero, un fido, piumoso portafortuna che a notte ripongo sotto il cuscino, solcando mari d’asfalto o seguendo voli invisibili, muraglie, piste, profili, indizi, senza lume di lampada o di luna.
Ti porto in me come l’unica moneta d’oro che il senzatetto possiede, e rimira furtivo, e mai se ne stanca, di fila snodando e poi riannodando il suo fazzoletto.
Ti porto in me come una bruna icona dal dolce volto velato, che i mesti raccoglie e rincuora sotto il suo manto dorato.
Ti porto in me come un volo di rondini, anelo, che nei tramonti d’estate, stridono in trecce assetate di insetti e di cielo; come il sussurro marino del grano maturo di luglio trapunto di rosso e di azzurro; come il mio giorno di festa se da lontano ti vedo con un giubbino arrivare dal portico o dal giardino, raggiante il tuo riso di sempre, la chioma bruna che ti orna fiera la testa.
Ti porto in me come si può portare la cosa delle cose più care, che un fortunale ha restituito a terra; come un medaglione o un amuleto scoperto per caso in riva al mare.
Ti porto in me come il fiore più delicato cresciuto al calore della mia serra; ti porto in me come la chiave d’oro che chiude e dischiude le mie porte; come il groviglio sbocciato dal piombo fuso e gettato nell’acqua, come l’arcano della mia sorte.
Ti porto in me (mio tenero cielo di perla, mia vaga myosotis, mio giglio rosso, mio glauco berillo, narcisso, mia vela, mio scrigno serrato, mia strada, mio strale e gladiolo ed ibisco, mia torcia, mia scala, mia bussola e rosa dei venti, mia sfera armillare, mia rada, mio faro, e fatale obelisco, mio Rio de la Plata ed Alhambra, mia rosa tatuata, mio cuore, mia lince, mio graal); ti porto in me, così come si può portare solo te e nessun’altra.
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A rdente coppa, arengo della giostra, M edita e maliosa, ardente, medicaA acerbe fitte, tua virtù dimostra. P urpurea rosa, rosea tuberosa, O stello, astuccio rorido di vischio, L ucciole e stelle incollami negli occhi, A aspergimi di balsamo e d’ambrosia.
D ire si può, dicendo e senza dire: É rrore è nel tacere e nell’ardire S iccome nel parlare e nell’osare. I ntanto il tempo passa, per passare, R uba i silenzi e rode le parole, Ė roga oblio di me, bruno mio sole, E entro di te; distrugge rose e viole.
per A., mia farfalla irraggiungibile.
M are di umori e brividi, mirabile;A lgente mare e palus in fermento;R orido seno pieno d’alba e perle.I pnotico lacus indolente;P lumbea palude di notturna quiete;O ceano di procelle e fido mareS ereno, e seno di languenti flutti;A amaro lago in cui la falce miete.
M are rischioso delle crisi e seno I ridescente, e degli dei vivanda A rcano mare, e di fecondità.
Te quiero, ciquita, luz de mis ojos
T abasco e tabarin, tabacco e bacco E cco che invoglia a stare in ecumene!
Q uadrifogliato arcangelo con tacco, U rgemi tuo liquore nelle vene. I cona indifferente, indecifrabile, E ffondimi negli occhi le tue grazie, R egalami l’effato e l’ineffabile, O blio, rimedio delle mie disgrazie!
C iquita mia, che forse non mi vedi, I nfreddolito, inetto, inconcludente, Q uestuare un dito tuo, prono ai tuoi piedi, U n’unghia, un tuo capello, un assorbente? I n exstasy tu mandami e in cantina, T anatico tagliere, tanga e tango, A bbagliami, mio sole e mescalina.
L asciami un segno tuo, tatuami tutto; U mori, con liquori ed elisiri, Z àgare mischia, e di ogni amore il flutto,
D aiquiri con respiri e con sospiri. E rgiti e vivi, o sogno mio gitano,
M andragora dei miei spasmi e deliri, I dolo bruno ed alcool, talismano; S ognami in un tuo sogno da manuale,
O rgasmica, segreta, in onde immersa, J ingles di cetre edeniche e cicale. O h, persa in me, nel tuo nido sommersa, S u, grida, con me sali elisie scale!
Antìclo
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Le parole non vivono più delle foglie. Furono, come le foglie, piene di linfa, verdi; pronte recarono gli annunci più diversi, tornarono con nuovi messaggi, poi riposarono in attesa di partire per sempre. Come le foglie, le parole migrano da ottobre fino all’ultimo febbraio; vanno incontro al loro destino, indifferenti alla misero fervore del Carnevale dei sobborghi, al monito severo delle Ceneri, al lezioso San Valentino che si vaneggia e ciancia nella grave Quaresima.
Come le foglie le parole dileguano tra carte di giornali, bottiglie vuote e sterpi sul corso dei fiumi, si raccolgono a mucchi nei piazzali. Le parole furono una volta le parole. Ora sbiadiscono, si sfanno prima di tornare nel silenzio, nel loro primitivo, molle niente.
Una parola anche tu. Quattro lettere che una volta brillarono come un’insegna lusinghiera, gioiosamente rosa, intermittente, tra la fumosa bruma della sera. Il tuo nome e la speranza furono nell’ora più fonda e più penosa sola una cosa; quel nome che poi si cancellò prima dell’alba, prima dei sogni che si affrettano fuori delle stanze, dileguando furtivi dai portoni. Quattro lettere che vidi già svettare nel celeste di un mezzogiorno di luglio, quattro diversi fiori strepitosi, multicolori, ardenti, come un’enorme coda di aquilone.
Anche il mio nome una parola, ormai, tra le altre che ti scrissi per lunghe ore (speranze, amore, rabbia di vivere e la voglia del tuo cuore del tuo cuore che marcia col passo dell’orologio). Niente più che parole anche i miei versi che vollero delimitare il senso della tua forma, in una forma chiudere il tuo senso.
Ora Scirocco che risale lungo la costa raccoglie lungo i viali di B* quelle livide foglie che furono già le mie parole, le sospinge tra gli orti infreddoliti ed i coltivi di P*. Confonde il tuo nome col mio nome, le tue parole con le mie parole senza più voce o senso, lungo la Litoranea, tra serre divelte e nei pineti, sugli arenili spogli e tra i canneti, in grigie pozze di fango.
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