Saggi di Giuliano Bartolozzi
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VIRGOLE.

Il cambio

DOPO. (frammenti).

DURANTE, OSSIA NEL MENTRE .

PRIMA, OSSIA FRA ¨POCO .

SAGGIO SULLA NASCITA DELL'ESISTENZA.

SUL TEMPO.

SAGGIO SULLA RICERCA DEL BENE

Saggio sullIdentità delle Parole.

Uno non è uno

Uno stato d’animo.
 

Cara vernice fresca.

INTENSO.

UN MENTRE CHE NON E’ UN ATTIMO .

Il vento era arrivato alla parete nord della roccia.

SERIO E FACETO.

IO MI VEDO.

IL GIOCO.

PROPOSIZIONI PER UN NUOVO ANNO. L’ORIZZONTE ROTONDO.

DETTAGLI.

DIECI PROPOSIZIONI SULL’ECOSISTEMA. CONFIDENZE . Il Circolo. IL CIRCOLO II IL CIRCOLO III Tra il dire ed il fare. SOVENTE. SI PUO’ DIRE QUALCOSA  SUL MIMETISMO.
TERAPIA SOLIPSISTICA. SULLA CRITICA. FATTI DI CUORE. Rimozione di Coscienza. Sulla contemporaneità Saluti a tutti! la collezione. Arte e Artigianato. Dall’Alto al Basso. Quel che si dice del dubbio
Deformazione Professionale. Casa e Casa.. Uno e Tutti. Poco a Poco. LA CONDIZIONE UMANA.          

 

 

LA CONDIZIONE UMANA.

 

La condizione umana e’ di uno. La condizione umana e’ di tutti. Tutti abbiamo una condizione umana, che lo vogliamo o no. E’ superiore a noi, ci guida e governa.

E’ qualcosa di intimo, non si puo’ spiegare facilmente e quando lo si fa lo si fa solo frammentariamente.

La condizione umana e’ quell’attitudine alla vita che fa si che un fenomeno qualsiasi si presenti a ciascuno di noi in maniera distinta: e’ questo che lo fa unico per ciascuno di noi,  anche se e’ di tutti.

Tutti noi abbiamo un’attitudine alla vita, ciascuno alla sua maniera. Siccome vediamo la vita in una forma particolare, ciascuno di noi vede la vita in una forma del tutto distinta.

Bisogna andare alle radici per sapere qual’e’ il movente di questa reazione singola.

Ciascuno di noi quando nasce ha dei caratteri genetici ben distinti, un DNA particolare, e da quando cominciamo a percepire il mondo, aprire gli occhi le orecchie e tutti i nostri sensi alla vita incominciamo a vedere il mondo in una forma del tutto “nostra”. Infatti ciascuno nasce dalla propria madre, ciascuno esce alla vita in un luogo e tempo specifici, attorniato da gente il cui volto e le cui parole e gesti ci accompagneranno per tutti i nostri anni a venire.

Nasce poco a poco la nostra particolare coscienza di vivere. La nostra educazione, le nostre compagnie, le letture che facciamo, la vita che svolgiamo, ci porta con il seguire degli anni a percorrere una certa strada. Noi, ciascuno di noi, percorre la propria strada. Intanto ci si guarda a destra e a sinistra, sopra e sotto. Da tutto questo lavorio nasce la condizione umana di ciascuno di noi.

La propria condizione umana fa si che, mentre ad una certa azione uno reagisce in un certo modo, un altro reagisce in un altro modo. Le reazioni alle azioni dunque variano per ciascuno di noi, poiche’ ciascuno le pensa, le vede, le sente, le gestisce, in una forma del tutto particolare dipendentemente dal tempo e dallo spazio in cui sono collocati soggetto-oggetto: la persona in soggetto e l’azione in oggetto.

La condizione umana particolare di e in ciascuno di noi fa si che mentre uno per una certa cosa piange, un altro ride e un altro ancora e’ indifferente alla cosa. Qualcun altro per questa cosa sente qualcosa che e’ sufficiente per esternargli qualche reazione. Per quacun altro invece questa cosa non la sente sufficientemente per esternargli qualche reazione che gli salga alla superficie, rimane una sensazione confusa che rimarra’ tale per lui per sempre o che ha bisogno di un’altro evento che gliela rievochi, gliela faccia rivivere piu’ intensamente e quindi che lo stimoli a buttarla fuori e farla sua.

Tutti  reagiamo distintamente alla vita e tutti ne abbiamo i nostri motivi: piu’ o meno validi, piu’ o meno eroici, piu’ o meno intelligenti o sensibili, piu’ o meno condizionanti ad altre persone o viceversa piu’ o meno implicanti altri soggetti.

La condizione umana da adito all’Interpretazione. Come quando osserviamo un quadro astratto in  cui vediamo una linea orizzontale e uno dice che gli ricorda l’orizzonte del mare, l’altro il filo da stendere sulla sua terrazza e un altro un segno di matita tracciato su un foglio, cosi’ puo’ sembrarci svariato, con significati molteplici, con reazioni distinte, qualsiasi altro fenomeno naturale.

Siamo debitori alla natura e alla mente umana tutta questa serie di interpretazioni. Come la natura e la mente umana, esiste una reazione ed una soltanto ad un particolare stimolo: per ognuno di noi, per tutti noi presi uno ad uno, per la totalita’ del genere umano.

 

 

Poco a Poco.

 

Nei piu’ reconditi misteri Della mente, nasce un’idea. Il frutto del pensiero ha le sue radici in qualcosa di tangibile che osservo, che sento, che percepisco con i miei sensi.

Consciamente o inconsciamente, mi formo un piccolo nucleo che germinera’ la sostanza. Come tutte le piante, se tale seme verra’ fecondato produrra’ i suoi frutti senno’ secchera’ ma non morira’, rimarra’ un’energia insoluta, che io o qualcun altro ricattureremo, prima o poi.

Nasce l’idea, e si posa in una forma. Tale forma dipende da me, da dove io mi concentro perche’ si sviluppi, dal ramo della scienza o della creativita’ a cui io sono propenso.

L’idea nasce un poco incerte e tremula. Fluttua nella mia mente finche’ viene catturata dalla ragione, che la fa logica, concreta: gli da vita insomma.

Tutto questo nel tempo. Non da ieri ad oggi.  Necessita che fermenti come il mosto prima che si trasformi nel vino della vita.

Un’idea ha bisogno di un’attuazione pratica altrimenti e’ un’idea inecessaria e inopportuna; una molestia e niente piu’. Sovente infatti sprechiamo energie per idee irrealizzabili. A che pro?

Oggi tutti abbiamo fretta. L’idea con la fretta non nasce o nasce male o non ha la forza di svilupparsi. E’ sterile e si perde. Non e’ per essere retrogrado: io sono il primo ad amare la tecnologia, i tempi moderni, il progresso e la contemporaneita’.

L’eta’ e con essa l’esperienza mi hanno insegnato che devo amare tutto cio’ che e’ positivo (a parte il Sida!). Ogni giorno comprovo questa teoria sulla mia stessa pelle, per questo non posso equivocarmi.

Poco a poco cresce la forma: l’idea si fa sostanza. Puo’ nascere perfetta fin dal suo primo forgiarsi oppure ha bisogno di correzioni, rifacimenti. La forma talvolta deve essere scartata. A volte viene sostituita, altre accantonata piu’ o meno irrimediabilmente. La forma e’ il verdetto finale dell’Idea. Sovente ci facciamo un’idea dell’Idea che ‘ totalmente falsa. Questo a causa della sperimentazione. Se non sappiamo come ci funziona un certo materiale che dovrebbe dar vita all’Idea, dobbiamo effettuare delle prove. Le prove sono dei tentativi per dare alla forma la Realta’ dell’Idea. Spesso un’Idea e’ irreale e poco a poco, malgrado noi, ce ne accorgiamo. Tempo sprecato, ci diciamo, pero’ non e’ vero. Sovente un’Idea accantonata irrealizzabile viene sostituita da un’altra Idea realizzabile che non avrebbe potuto nascere senza la prima.

Poco a poco le Idee nascono, si sviluppano e si trasformano in realta’ attraverso la concretezza della Forma. Quando la Forma e’ finita,  e’ morta anche l’Idea che ci stava dietro e come tutte le cose morte e finite non serve piu’ a nulla, serve solo per riempire i musei ed essere oggetto analitico di studio o fonte di emozioni caduche. Ma non preoccupatevi tutto avviene col contagocce. Sono talemente rare le Idee e le Forme che le concretizzano “veramente valide e importanti” che esse non ci hanno mai sommerso, ne’ la cosa accadra’ in futuro. Tutto avviene poco a poco nella Storia, senza alcuna fretta. Bisogna saper aspettare la Mente giusta e chi la guida fuori, alla luce del mondo, e questa forza quasi sovrumana si manifesta appunto poco a poco nel tempo e nello spazio dei tempi.

 

 

Uno e Tutti.

 

Uno sa qualcosa di una certa cosa. Crede di saper tutto su tale argomento. o forse no, pero’ la tendenza e’ quella di generalizzare e di pensare: “so tutto di questo o di quello”!. Cosi’. quando qualcun altro parla di qualcosa attinente a “quel” qualcosa, entrando nello specifico, in qualche particolare dettaglio, contemporaneo o no, apriti cielo! Non avesse mai aperto bocca! E’ ovvio che e’ cosi’! Eccetera, eccetera!.

Il problema (perche’ di problema si tratta) e’ che, se ci riflettiamo un poco, le cose sono ben piu’ complicate di come io le ho fino ad ora enucleate.

 Uno sa qualcosa, dicevo, crede di sapere tutto su questo qualcosa. Tutte le particolarita’ inerenti a tal cosa fluiscono in lui in una generalita’, ossia in un principio centrale da cui deriva il tutto. Uno si sente al centro dell’universo. Uno crede che quello che lui sa sia quello che si sappia in generale, percio’ da per scontato l’argomento, lo ritiene ovvio, non solo per se’ ma per tutti, perlomeno per una certa categoria di persone. Non sa l’errore a cui va incontro in questo suo giudizio. Non sa le conseguenze di tale forma di pensare. Pensa cosi’ tutta la vita e basta. Non ci sono scappatoie per lui. La cosa piu’ triste e’ che questo uno piu’ un altro piu’ un altro ancora formano l’Umanita’. Cosi’ osservo tristemente come l’Umanita’ pensa, si comporta, regola il flusso delle idee, le varie direzioni dell’agire.

Uno. Cos’e’ una persona? Niente! Pero’ uno piu’ uno piu’ uno formano il Mondo ed e’ per questo che cosi’ va il Mondo! Il Mondo, un insieme di Individui (unita’) che creano una Massa (totalita’) e non viceversa!

Dicevo, uno si sente al centro dell’Universo. Una volta si credeva che la Terra vi fosse al centro! Oggi e’ ciascuno di noi che si sente al centro dell’Universo, infallibile ed indistruttibile,  e da ciascuno di noi partono dei fili invisibili che regolano l’Umanita’ come se fosse un teatro di marionette. Per convalidare tale mia asserzione e’ sufficiente osservare quello che la gente va a vedere al cinema: supereroi che volano e distruggono e uccidono (per il bene dell’Umanita’!), superdotati dunque, superintelligenti, superbelli, supergiovani e super efficienti: tutti super! Forse uno non si riconosce in questa mia raffigurazione, forse uno crede di esserne al di fuori, forse uno per la prima volta in vita sua crede che si parli degli “altri” e non di se’ medesimo. Uno, tutti, dovremmo fare un esame di coscienza. Uno, tutti, dovremmo vivere il nostro Io con maggiore profondita’ di come lo stiamo vivendo. Non ci si deve lasciar andare alla deriva.

L’aspetto pratico del problema e’ che siccome diamo tutto per ovvio, per scontato, per banale, per risaputo, gia’ non si puo’ piu’ dire niente di niente, come conseguenza logica di tal ragionamento.

Niente piu’ sorprende a uno. Niente e’ piu’ degno di nota. Niente desta piu’ rispetto ed ammirazione, o al contrario, indignazione, costernazione, vergogna.  E’ falso credere in noi stessi che crediamo in qualcosa. Questo perlomeno fino a che la cosa non ci tocchi direttamente...Quando questo succede allora torniamo piccoli piccoli e ci sentiamo crollare il mondo addosso...

Non so perche’ pensiamo a qualcosa: a questo punto vale ancora la pena di pensare? E non so perche’ facciamo qualcosa, dal momento che pensiamo che tutto , tutto e’ gia’ stato fatto,allora vale ancora la pena di fare?. Dunque, tutto e’ gia’ stato fatto, tutto e’ gia’ stato detto. A cosa ci serve vivere allora? A cosa ci serve scrivere? A cosa ci serve Creare se tutto e’ gia’ stato Creato? Per cosa viviamo, per cosa affrontiamo la vita?

Allora non ci rimane che una cosa: cominciare a distruggere!  Consapevoli o no cosi’ uno comincia distruggendo la propria vita e distruggendo la propria distrugge ovviamente anche quella di altri, degli altri. E’ la filosofia della distruzione. Non l’ho inventata io!  Jean Baudrillard ne ha gia’ parlato lungamente nei suoi libri! Gia’, pero’ quanti conoscono Baudrillard? Qualcuno mi rispondera’: certo che lo conosco! Cosa credi di aver inventato, l’acqua calda?

Cosi’, questo vortice di pensieri conduce inevitabilmente al nulla, in un buco nero dove tutto scompare. Forse, per uno, per tutti, per ciascuno di noi, la unica soluzione sarebbe quella di restare immobili su di una sedia per il resto della nostra vita...Vi sembra logico questo?  Grazie al cielo siamo dotati di Energia (che e’ l’unica che ci sopravvivera’) che dobbiamo “Bruciare” e cosi’, se non ci arriviamo col ragionamento a reagire, ci arriviamo fisicamente, perche’ a quanto mi risulta respiriamo, mangiamo, eccetera come sempre e non e’ perche’ siamo nell’era dell’uomo tecnologico che abbiamo abbandonato queste “vecchie” abitudini!

Anche il semplice fatto di ribellarsi ad agire, nel dire e nel fare, e’ un consumo di energie: ce ne siamo mai resi conto? Cosi’ non possiamo addurre al pretesto che non facciamo e non pensiamo nulla perche’ non e’ vero.

Siamo pregnati di lassismo, questo e’ il fatto, e non vogliamo perturbare il nostro mondo di stasi, di inoperosita’ e di inefficienza. Vorremmo che come noi tutti noi la pensassimo cosi’ e di conseguenza agissimo tutti cosi’. E’ chiaramente una forma d’impotenza , di egoismo, di malvagita’dell’individuo che non potendo riuscire pretende che non riescano neppure gli altri. Noi tutti portiamo dentro tutto il bene e tutto il male possibile e impossibile, immaginabile ed inimmaginabile, ci crediate o no.  Pero’ al tempo stesso attorno a noi si sta svolgendo la Storia che e’ fatta di Tempo.E’ il tempo che ha sempre l’ultima parola!

 Che dire di piu’? Uragani, siccita’, terremoti, guerre, attentati, eccetera, da una parte. Voglia di esprimersi, di dire qualcosa in una maniera propria originale, in uno Stile unico, il nostro, dall’altra. Questo succedeva ieri, succede oggi e succedera’ domani.

Il  “nostro” tempo  si sta svolgendo in questo stesso istante, non parlo di domani o dopodomani, ma di adesso, in questo preciso momento...

Davvero siamo ancora convinti che non c’e’ niente da dire e niente da fare a questo mondo?

 

Casa e Casa..

 

Casa (e con essa mi riferisco anche ad Appartamento) e’ una Parola con un significato ben preciso che non puo’ dar adito a malinterpretazioni. In un altro scritto (non in questo sito) ho detto che ci sono parole chiare e parole dubbie, ed ho fatto l’esempio della parola “sangue” che e’ veramente azzeccata!. Parole cioe’ che ti immettono direttamente in una precisa connotazione semiologica.

Comincio.Una Casa e’ Vuota o Piena, dipende da che s’intende coi due termini.

Una casa e’ vuota quando non c’e’ niente dentro: primo caso. Quando quello che c’e’ e’ senza nessuna importanza: secondo caso. Quando il suo Pieno e’ un Pieno fatto di Vuoto: terzo caso.

Una Casa e’ Piena quando viene riempita: a) da una cosa b) da tante cose. Le cose, si sa, hanno di per se’ un valore intrinseco, estrinseco o/e commerciale.

Una casa non riflette il gusto di qualcuno, riflette la Vita, la Cultura, l’Intelligenza, l’energia,la Sensibilita’ di uno; il che e’ un’altra cosa. La parola “gusto” per me e’ una parola ambigua, sommaria e insignificante. Alla parola gusto ci appigliamo quando non sappiamo valutare qualcosa, e allora diciamo: “a me piace”...come dire “sara’ niente pero’ a me dice qualcosa”., mettendola dunque sul vago e salvando capra e cavoli.

Una casa non e’ mai di due: uno dei due, se sono due che la vivono, deve soccombere nel carattere di una casa. Che rifletta la personalita’ di uno e’ gia’ difficile: due e’ impossibile. E’ la legge del piu’ forte. Non c’e’ democrazia in una casa, c’e’ solo una forza unica che la guida, la mantiene, la cura, la protegge, la aggiorna. L’altra persona e’ coadiuvante.  Quando si dice che una casa rispecchia chi ci abita non e’ vero sempre, e se ci abitano due o piu’ e’ falso. Chi lo dice lo dice tanto per adulare i proprietari di casa, o non ne capisce niente di tutto questo e lo dice con superficialita’, o lo dice perche’ malinterpreta la casa stessa.

Una casa puo’ essere vera o falsa. Vera se veramente la fai come la senti di fare tu. Falsa se te la fanno gli altri come vogliono loro o la fai come la devono vedere gli altri o per tutti quei motivi che non sono inerenti alla tua Personalita’, se ne hai una.

Una casa  e’ una casa se si vive, se non si vive e’ un ostello, un hotel, un rifugio, un mezzo per non prendere la pioggia in testa, o per invertire i tuoi soldi, ma non e’ una casa in assoluto.

Una Casa, una parola che ha una precisa connotazione da cui non si puo’ esulare ne’ sfuggire. Non ci sono mezzi termine cosi’ come non c’e’ mezza o un quarto di casa, non c’e’ casa con mezza o un quarto di personalita’. La personalita’ c’e’ o non c’e’ e se c’e’ e’ di una persona sola, anche se qualcun altro puo’ arrogarsi il diritto che e’ anche sua la casa e che percio’ rispecchia anche la propria personalita’. Non e’ vero e non e’ vero!.

Una casa puo’ essere positiva o negativa. Positiva quando dentro c’e’ molto calore e amore e bellezza e rispetto e apertura e freschezza, e naturalezza e giovinezza interiore di chi l’ha creata. Negativa quando e’ pesante, tetra, nascosta, angosciante, fredda,  retro’, impenetrabile, offensiva in qualche maniera, vecchia, maleodorante, pessimamente illuminata (anche se a volte con tripudio di luci) e senza personalita’ come chi la abita.

Una casa infatti la si crea, non la si trova li’ per li’ bella e fatta come pretendono gli sposini che necessitano il nido dopo il viaggio di nozze. La si deve “montare” poco a poco, in tutti i suoi minimi dettagli. Ci si puo’ sbagliare, ci si deve correggere: per questo e’ necessario tempo per costruirsi una casa propria.

Una casa siffatta e’ poi difficile da lasciare, impossibile da dimenticare, irrempiazzabile e insostituibile. Costruita di nuovo non e’ piu’ la stessa casa, e’ un’altra totalmente diversa, senza comparazioni, migliore o peggiore non si puo’ dire, ad ogni modo non la stessa.

In una casa tutto e’ importante e tutto tiene lo stesso valore. Una cucina vale quanto un bagno, quanto il salotto e la camera da letto, quanto la terrazza o il giardino. Ogni vano deve essere utilizzato per il suo vero ed unico scopo; cosi’ una camera da letto non puo’ utilizzarsi come una cucina(infatti c’e’ chi ci mangia), un bagno come un salotto (per leggere e rilassarsi e isolarsi), un salotto come cucina o camera da letto (per mangiarci o dormirci quando non e’ atta a cio’), un bagno come camera da letto o salotto (come cucina no di certo!). Lo si puo’ fare sporadicamente ma non sempre. Una casa infatti e’ sacra e deve essere rispettata.

Una casa deve essere pulita, semplice nella sua complessita’, invitante e accogliente, seducente, desiderabile, gradevole, tiepida e sorridente.

Non ci sono regole per una Casa. Ciascuno se le fa da se’ ed il rischio e’ suo, per questo una casa e’ inclemente e puo’ essere spietata e vendicativa: ci si puo’ trovare anche la morte scivolando su un pavimento di ceramica brillante come si vede nella pubblicita’ in tv! Una casa e’ cara e deve essere curata, accarezzata, amata, protetta, mantenuta, come si fa coi propri figli o con le proprie mascottes, senza lesinare nelle spese (nel limite delle nostre finanze)  e difendendola da tutti gli attacchi possibili come: le incomprensioni condominiali, le invidie dei vicini o dei conoscenti, le tentazioni di modifiche inutili o nocive. Una casa non e’ mai dei figli, se i figli vivono coi genitori,

a loro spettera’ costruirsi la propria a tempo debito.

Lo so, una casa non e’ per sempre. Lo era, non lo e’ piu’. Pero’ fa lo stesso. Deve essere sempre la nostra casa a nostra immagine e somiglianza, autentica  e, come ho ripetuto varie volte, puo’ essere della personalita’ di uno solo, non di piu’, che lo vogliate o no.

 

GiBi (Giuliano Bartolozzi).

 

 

 

Deformazione Professionale.

 

Sono contrario al troppo. Il troppo ha la pretesa di essere contenuto nel poco, cioe’ noi, tutti quanti noi,  ma non ci sta dentro. Per quanti sforzi possiamo fare per mettercelo tutto,  proprio non ci sta...

Questo per introdurre il discorso sulle deformazioni professionali.

Anch’esse sono esagerazioni della pochezza umana. Si puo’ comprendere che uno ami il proprio lavoro e se ne senta talmente coinvolto che il resto della sua vita vi converga. Ce ne fosse  tanta di questa gente, perlomeno rivolta a queste intenzioni!.. Ma... il fatto e’ che deve darsi una regolatina: il loro comportamento, e’ davvero spropositato, anacronistico, disumano e fuori dei tempi e della naturalezza delle cose. Tali professionisti sono stucchevoli, ridondanti, arroganti, esageratamente retorici, settoriali, monotoni, antipatici... Mettono a disagio la gente al solo vederli. La gente li teme, li evita il piu’ possibile, li ossequia piu’ per dovere che per volere. Da parte loro, tali professionisti si crogiolano di tutto questo: sono rispettati e visti dal basso all’alto e questo e’ un gran sintomo di potere!

Tale potere poi e’ la via dell’agiatezza economica: possono esigere la tariffa che vogliono...chi puo’ contestargli?  D’altro canto mi sono sempre chiesto: queste benedette tariffe da dove, da cosa nascono? Come si puo’ dare un valore commerciale alle prestazioni? Se lo da uno Stato, e’ uno Stato Autocratico, cosi’ le Democrazie ben si guardano da stabilirle unapertutti. Se parte dal Professionista invece e’ l’Anarchia Assoluta...

Ma tornando alla Deformazione Professionale e all’uso improprio che si fa di tale arma, essa si avvale di stratagemmi sottili ed estremamente efficaci. Uno di questi e’ la Divisa,  di qualsiasi tipo si tratti, che immette automaticamente il soggetto nel proprio ruolo, nel quale si immerge, come un vero attore, a volte inconsapevolmente (ma sull’ingenuita’ c’e’ da andare cauti). Altro stratagemma e’ l’ambiente in cui opera, il suo proprio ambiente naturale, il suo regno, dove la sua volonta’ ed il suo potere sono incontestabili. Altro fattore di riverenza e’ il grado di agiatezza economica raggiunta e si sa quanto alla gente questo influisca come metro di valore per collocare in una fantomatica scala il tale ed il talaltro.

Il problema e’ che siamo ovviamente tutti quanti limitati: non possiamo sapere tutto , ne’ tanto di tanto, e questo circolo vizioso obbliga l’Uomo ad essere Ignorante, non in tutto, ma chi piu’ chi meno in tanto di molto. L’Ignoranza e’ il punto di partenza per dare avvio al meccanismo sopra descritto.

Viviamo in scatole e fuori di esse siamo numeri. Possiamo andare da una scatola ad un’altra, ma non in molte. Per quanto facciamo, sappiamo che “fuori” delle “nostre” scatole ce ne sono un’altra miriade per noi impenetrabili. Ci vorrebbe piu’ umilta’, questo si, ma un’umilta’ vera, che appare quando l’Uomo si spoglia della propria arroganza e organizza e coinvoglia la propria intelligenza in modo che non nuoccia a nessuno ma anzi sia di una sana utilita’ per tutti. Invece purtroppo si sta assistendo sempre piu’ al contrario. La Scienza e le sue tecniche derivate richiedono sempre piu’ Specialisti...

Per esempio, avete mai parlato con un tecnico di computer? Bene, non dico altro perche’ so che molti di voi mi capiscono...O ancora, avete avuto certamente contatto con un medico specialistico in qualcosa... Ecco allora due esempi (fatte le dovute eccezioni); uno di un settore nuovo e l’altro di uno vecchio...Che dire di piu’?

 

GiBi  (Giuliano Bartolozzi).

 

Quel che si dice del dubbio

 

Dicono che il Dubbio e’ l’opposto della Certezza, ma come e’ possibile che due valori che sono incompatibili tra loro possano relazionarsi? Infatti il Dubbio e’ certo mentre la Certezza no.

Tutti noi siamo pieni di Dubbi, questo e’ Ovvio, anche le persone che paiono le piu’ sicure di se’. Senza Dubbi saremmo perfetti, avremmo tutti i problemi soluzionati, non dovremmo esitare o dubitare per l’appunto nelle nostre decisioni.

Ma il mondo non va cosi’, cosi’ dobbiamo penare, faticare, lottare tutta la nostra vita per dipanare e toglierci i Dubbi. Come ne soluzionamo uno ne salgono fuori altri e cosi’ all’infinito, fino cioe’ alla morte, l’atroce Dubbio finale.

Dicevo che dipanare un Dubbio non porta alla Certezza, porta sola alla soluzione di un Dubbio. Chi crede che risolvendo un Dubbio ottenga Certezza si sbaglia di grosso. La Certezza e’ fatta di tante proprieta’ che il Dubbio non ha perche’ mentre la prima e’ Perfetta il secondo no. Cosi’ sarebbe meglio sfatare questo mito che la legge degli opposti e’ sempre valida. Sarebbe valida contrapponendo due valori di uguale peso e misura ma non e’ questo il caso.

Siccome il Dubbio e’ applicabile a tutte le cose, e’ insito in tutto. Non c’e’ niente senza Dubbio, tutto puo’ essere messo in se’ e in forse in questo mondo fragile, insicuro, pieno di preconcetti inculcatici fin dall’infanzia dai nostri  precettori. Essi si affannano, in quell’eta’ nostra tenera che va all’incirca dai sei ai dodici anni, ad esserire che ci sono delle Verita’, fonti di Certezza, su cui dobbiamo fondare le basi della nostra vita. Noi poco a poco, con la nostra esperienza, coscienza, studio, poco a poco cogli anni sveliamo l’inganno. Ci spogliamo sempre piu’ di Certezze e ci sommergiamo sempre piu’ nei Dubbi, senza quasi rendercene conto. Certamente non bisogna fargliene una colpa. Loro lo fanno per il nostro bene, per darci una sicurezza dell’avvenire. Anche le favole che ci raccontano da bambini, sia vecchie che moderne, coi loro principi etici e morali, ci sono raccontate per tranquillizzarci. Non per niente noi ad ascoltarle ci addormentiamo improvvisamente e profondamente fino al mattino. Pero’ non e’ vero che noi tutti da piccoli vivamo una vita senza Dubbi. Ad esempio io mi ricordo che quando avevo circa otto anni acquisii il conoscimento della guerra (io sono del ’47 e la guerra era appena finita). Pur non sapendo esattamente cos’era, l’angoscia di una ipotetica guerra incombente dal quel momento mi perseguito’, anche se non assillo’, e di tanto in tanto, pensandoci, mi poneva triste e impaurito. Questo e’ tanto per fare un esempio, ma sia io che voi certamente pensandoci bene ne avevamo mille di questi Dubbi irresolvibili da piccoli.

Gli anni poi si susseguono e comincia la lotta della vita. Noi ci sentiamo sempre piu’ padroni di noi stessi e cosi’ ci addentriamo nella giungla dei Dubbi e ci facciamo varchi per poter proseguire, ma la strada e’ lunga e tutta uguale e quando finisce finiamo anche noi. Ma non ho ancora finito. Potrei azzardare a distinguere due tipi di Dubbi: quelli derivati e gli accidentali.

I derivati sono quelli  routinari che tengono una sequenza logica , come le maglie di una catena legate una all’altra.

Gli accidentali sono invece quelli che ti capitano d’improvviso, ti lasciano sbalordito per la loro violenta irruzione nel tuo Cosciente e nella tua vita e sono i piu’ traumatizzanti.

Esempio: a poco a poco ti viene il Dubbio che tua moglie abbia un amante (primo caso).

Un fattore improvviso ti inculca il dubbio che tua moglie possa avere un amante (secondo caso), non vi pare che la differenza sia sostanziale, anche se il fine e’ identico?

Altro esempio: mi viene il Dubbio di non aver chiuso al porta di casa; mi devo alzare dal letto per andare a vedere: che barba! Primo caso.

Sento dei rumori strani come di gente che entra in casa, ma come e’ possibile? L’angoscia mi assale. Secondo caso.

Dubbi, Dubbi, Dubbi, “di doman non c’e’ Certezza”...

Cosi’ concederci dei Dubbi e’ piu’ che normale, ma la Societa’ non ammette aver Dubbi, senza alcun Dubbio! Dobbiamo essere sicuri di tutti e tutto. Da chi andiamo ad eleggere alla compra nel supermercato. Da come investiamo il nostro denaro a che studio dare ai nostri figli. Io ad esempio ho fatto Ragioneria e quando l’ho cominciata c’era un bisogno di ragionieri che faceva spavento. Quando mi sono diplomato gia’ questa necessita’ non c’era piu’, c’era un boom di ragionieri che buscavano impiego senza trovarlo: io ed i miei genitori avevamo sbagliato proprio tutto! Dopo tanti anni di sacrifici dovevo raccogliere una manciata di polvere. Questo perche’ non ci eravamo fatti alcun Dubbio sull’argomento! Pensavo che almeno comprare qualcosa al supermercato non dovesse implicare Dubbi, invece si dovrebbe passare ore a leggere le etichette dei prodotti che andiamo a comperare ed avere un conoscimento vastissimo in materia. Non sarebbe piu’ opportuno che lo Stato ci desse la garanzia che quello che comperiamo  non ci danneggi la salute? Perche’ la televisione si prodiga nel fare programmi per il consumatore dicendogli di stare attento a questo e a quello mentre chi dovrebbe stare attento e’ lo Stato? Ossia noi dobbiamo prenderci delle responsabilita’ che non ci competono. Perche’? Per  alleviare i compiti di chi ci Governa?

Cosi’ saltiamo tutta la vita da un Dubbio all’altro. Dubbi che si incrociano, si accavallano, si sovrappongono e che non ci lasciano mai in pace.

Strana la vita! La unica Certezza che ci rimane e’ il Dubbio!

 

GiBi (Giuliano Bartolozzi)

 

 

 

Non si deve dimenticare che la terra vista da un aereo e’ piu’ splendida che la terra vista da un’automobile”. Gertrude Stein,” Picasso”.

 

Dall’Alto al Basso.

 

Se la terra vista da un aereo e’ ben diversa che vista sulla terra e’ ovvio. Le cose che quaggiu’ sono grandi, lassu’ ci appaiono piccole piccole, sempre piu’ piccole mano a mano che ci eleviamo. Cio’ riguarda l’aspetto visivo, spaziale, del mondo.

Ma vi siete resi conto che anche se si tratta delle persone e’ la stessa cosa? Cioe’, se potessi vedere una persona man mano che l’aereo prende quota, ecco vederla rimpicciolire sempre piu’, fino a scomparire. E quando si tratta di una persona..la cosa e’ ben diversa!  Si tratta di una persona che ti accompagna all’aereoporto e percio’ deve esserti cara; un parente, un amico o amica, eccetera. Allora questa visione accompagna un sentimento, il sentimento del distacco, piu’ o meno forte e sofferto.

Lasciando la nostra terra pero’ non lasciamo solo le persone care, lasciamo anche i problemi, le preoccupazioni, i nemici, i rivali ed anche i rancori, gli odi, o semplicemente le antipatie. Al polo positivo e’ contrapposto quello negativo e lo stesso avviene con le persone che lasciamo: da una parte ci sono quelle che ricordiamo con affetto, che ci spiace lasciare, mentre dall’altra ci sono le persone che preferiamo dimenticare, di cui non abbiamo una buona opinione o che ci hanno fatto del male o che comunque pensiamo non siano da annoverare tra la gente positiva per noi che e’ entrata ad un certo momento nella nostra vita e non ne e’ uscita. Ci allontaniamo dai cattivi ricordi, dalle brutte azioni nostre e degli altri a cui ci siamo per una qualsiasi occasione legati. Cosi’ facendo, nel bene e nel male, ci scrolliamo di dosso il passato: per alcuni giorni, per un anno, per tutta la vita. Anche facendo una passeggiata ci scrolliamo un po’ di dosso tante preoccupazioni, tanti cattivi pensieri, tanti problemi, ma sapete bene che non e’ la stessa cosa. Metaforicamente casa nostra sta all’angolo e presto ci ritorneremo e man mano che ci riavviciniamo, ben presto,  ritornano anche tutte le cose e persone da cui ci eravamo un po’ allontanati. Invece un volo e’ molto piu’ drastico.  Pure il pensiero della morte affiora , anche se sarebbe ingiusto associare il viaggio a questa angoscia (le statistiche, per chi ci crede, lo testimoniano): c’e’ piu’ morte in autostrada che in volo. Ma tant’e’ che ci pensiamo e questo e’ un fatto! Naturalmente ci sono tante forme di viaggiare: per vacanza, per lavoro, per tragiche circostanze, per emigrare, e tante altre. A seconda delle circostanze, ci accompagna l’idea che per un certo periodo di tempo piu’ o meno lungo non torneremo. Ogni caso fa a se’, ovvio, e ci si  porta dietro una sensazione, se non un sentimento. Qualsiasi cosa che ci capiti, sempre, non ci lascia indifferenti, a meno che non siamo degli stoici nati, ma cio’ non tocca a noi artisti (potenziali o professionali), senno’ che artisti saremmo?

Puo’ anche essere una terapia per liberarci dallo stress, dalla routine, dal circolo vizioso di amici e nemici, dal solito lavoro, o dalla famiglia (che a volte ci angoscia). Certo, un volo ha il suo costo, ma oggi rientra nei preventivi di spesa, perlomeno e’ quello che credo. Cosi, volando, anche la nostra mente vola, si libera dalle catene del passato. All’arrivo del volo, ci aspetta comunque un’altra vita. E’ questo il pensiero che abbiamo ben presente. Puo’ essere una vita peggiore o migliore, ma comunque un’altra vita anche se forse passeggera.

Ricominciamo da zero, torniamo bambini, non importa per quanto tempo. La’, dove ci aspetta un’altra vita, ci concederemo alcuni piaceri trascurati o dovremo dedicarci ad altre consuetudini. La’, cambiera’ l’aria, il cielo, la gente, le abitudini. Oppure e’ il contrario, se si tratta della via del ritorno.

Un viaggio, se emozionalmente sentito come lo dovrebbe essere, puo’ farti capire tante cose, non ti puo’ lasciare uguale ed indifferente.

GiBi  (Giuliano Bartolozzi)

 

 

 

Arte e Artigianato.

Qualcuno puo’ obiettarmi che, in un’epoca senza valori, e’ inutile gridare “dai all’untore!”, ma siccome io da buon ligure sono un testardo, mi cimento con questa ennesima illazione che spero possa essere di aiuto a qualcuno.

Troppo, nel corso della Storia, si e’ abusato su questi due termini: cos’e’ l’una, cos’e’ l’altro, fino a che  punto un prodotto puo’ definirsi artigianale, da che punto deve invece considerarsi artistico. L’argomento si fa piu’ interessante quando si parla di prezzi, perche’ ovviamente il prodotto artigianale non puo’ costare piu’ di quello artistico, supposto che non ci siano variazioni di alcun genere tra l’uno e l’altro se non un fattore che e’ tipicamente artistico: l’Originalita’. Confesso che e’ un problema che mi sta molto a cuore, perche’ e’ duro accettare che  ci siano ingiustizie in tal senso e ogni qualvolta un Artista si scontri con tale realta’ ne esca sempre sconfitto.

Infatti la pubblicita’, che e’ l’anima del commercio come ben si sa, favorisce sempre chi e’ piu’”famoso” ed in questa battaglia l’Artista e’ sempre un perdente perche’ non puo’ e non deve ponersi allo stesso livello “commerciale” di Artigiani  talvolta senza scrupoli.

E’ finita l’epoca dell’umile cappellaio o scarpaio che passava tutta la sua vita in una botteguccia sopravvivendo alla meglio (a parte ovviamente  quelli che lavorano per “il Papa e l’Imperatore!”). Oggi gli Artigiani veri sono quelli che hanno una “griffe” sul mercato e che si appoggiano a solide industrie multinazionali. L’Artista invece e’ rimasto sempre lo stesso. La sua etica personale gli impedisce di commercializzarsi cosi’ grossolanamente, anche perche’ ben presto finirebbe altrimenti di essere “Creatore” e di piegarsi ai voleri del Mercato. Parlo di Artisti ed Artigiani “veri” e non mezze calzette!.

Ma il punto fondamentale e’: come riconoscere un manufatto artigianale da uno artistico? “Questo e’ il problema!”. Ammetto che non e’ facile tale distinzione perche’ in essa giocano vari fattori. L’Originalita’ come gia’ accennato, che e’ la caratteristica  precipua dell’Opera d’Arte, deve essere analizzata e valutata sotto molteplici punti di vista.

Dietro l’Originalita’ non puo’ starci l’improvvisazione, perche’ se cosi’ fosse l’Oggetto verrebbe ben presto squalificato e demistificato.

Un fulgido esempio di Originalita’ e quindi di Creativita’ e non di stretta artisticita’ bensi’ di commistione tra le due categorie risiede nei prodotti Creati dagli Artisti-Artigiani-Designers (Inventori della Scuola di Design nonche’ del termine) della Scuola tedesca del Bauhaus negli anni 1920 e ’30, che ancor oggi restano imbattibili e sono oggetto di continue imitazioni e rifacimenti. Dietro il concetto di Industrial Design da loro inventato, ci sta dietro tutta una filosofia, una metodologia, che e’ tuttoggi materia di indagine e di studio. Bisognerebbe riprendere da quei passi per continuare sulla strada della Verita’, della Sincerita’ e dell’Onesta’, tanto per buttare li’ tre sostantivi tra i tanti che meritano quei disegnatori pionieri.

Anche da noi ci sono grandi Creatori Industriali. Basti pensare ai Venini di Murano i cui vetri (lampade, vasi, lampadari) sono oggetto di collezionismo e quotati nelle piu’ importanti Case d’Aste mondiali. Finora noi non abbiamo fondato delle vere e proprie scuole in cui tale Operatore si prodiga nella “missione” di Maestro che attua insieme ai suoi alunni, ma il design e’ frutto individuale dell’Artista-Artigiano che si compromette, solipsisticamente, con la vita. Finora non siamo stati grandi lavoratori in equipe ma piuttosto degli ideatori solitari. Per riconoscere se il frutto di un artista-artigiano ha le qualita’ carismatiche per etichettarsi “opera creativa” occorre una profonda preparazione che va dal conoscimento storico all’indagine contemporanea. Una vita cioe’ spesa per lo specifico  oggetto-Opera. Come per valutare un’opera d’Arte, cosi’ per l’Artigianato Artistico e’ di difficile concezione ed individuazione, oltre che collocazione. Sovente e’ difficile allontanarsi dai cliche’ che ci impone la vita ed il mercato dell’Arte. Esistono delle specifiche sfere di competenza per molti, che non possono accavallarsi. I cosidetti “puristi” sono un duro ostacolo al progresso in questo senso e, anche se hanno dovuto allentare le briglie in questi ultimi decenni per ovvie ragioni, tuttora resistono ed esistono. I puristi sono coloro che non accettano commistioni di alcun genere (mi viene in mente Pavarotti, accusato da costoro di aver mischiato la musica operistica e classica con quella pop). Io stesso mi considero una vittima dei puristi, in quanto nel mio stile amalgamo da sempre fotografia e pittura cosicche’ non vado bene ne’ agli uni ne’ agli altri. Oggi e’ il momento delle copie. Tutto viene copiato, dall’Opera d’Arte al mobile. Questo ovviamente per risparmiare perche’ la copia puo’ costare un infinitesimo di quello che costa l’originale. Gia’ e’ passato il furore dei multipli, delle serigrafie, litografie, manifesti e stampe. Ora si vuole l’originale, a costo che sia una copia. Assurdo ma reale. Se una sedia di Albini costa dieci mila dollari ecco venirci in aiuto una copia fatta in Brasile identica a mille dollari! Certo, l’acuta perizia di esperti svela il trucco, ma a chi importa? Cosi’ spesso gli artigiani si sostituiscono agli artisti, ne copiano le opere e vivono felici e contenti.

Oggi come oggi, tale confusione tra i due termini e’ alimentata soprattutto dalla Moda. Siamo capaci di comprarci un vestito di Valentino che costa lo stesso importo di un quadro di grande valore artistico, anche se lo si indossa una sola volta e poi resta chiuso nell’armadio mentre un quadro potrebbe essere fonte di riflessione per tutta la vita, appeso sul caminetto di fronte al quale ci fumiamo la pipa. La crisi contemporanea dell’Arte e’ dovuta proprio a questo: non saper discernere i valori della vita e buttarci forsennati nella giungla del mercato dove cio’ che conta e’ la griffe e la pubblicità.

 

 

 

la collezione.

 

Quando avevo nove anni mi misi a comprare gli album settimanali di Topolino. Stavano cominciando a uscire a colori ed era una grande novita’ per quell’epoca. Topolino mi piaceva perche’ i personaggi, a parte il fatto che erano stupendamente disegnati da cartoonists italiani, avevano un’anima, l’anima di coloro che li disegnavano. Non vedevo in queste caricature un topo o un papero, bensi’ un essere umano efficiente ed intelligente pronto ad affrontare tutto nella vita per il primo, un essere fragile, debole, sottomesso, sfortunato, perdente il secondo. Individui con una personalita’ insomma. Cosi’ cominciai ad ammonticchiare i miei giornaletti, sempre tenuti impeccabili, uno sull’altro, non sapendo a cosa andavo incontro non solo nel campo dei giornaletti ma in quello della vita.

Mano a mano che andavo avanti con la collezione, mi accorgevo che erano piu’ interessanti i fumetti usciti anteriormente al ’57 che quelli che stavano uscendo. Cominciai cosi’ dapprima per curiosita’ poi per autentica passione di bimbo a cercare nelle varie edicole di giornaletti usati i fascicoli antecedenti(allora erano fiorenti  tali centri ed i gestori erano tutti personaggi eccentrici, mezzi pazzi e mezzo saggi). Ne trovavo molti, ma sempre qualche numero mancava. Piu’ si restringeva il numero dei fascicoli mancanti e piu’ si faceva forsennata la ricerca. Non arrivai mai ad aver annate intere antecedenti al ’57. Ancora adesso, aprendo per curiosita’ le pagine di internet inerenti a Walt Disney in Italia, mi rendo conto che parte di tale materiale e’ irrecuperabile o dato come non reperibile. Naturalmente piu’ passano gli anni piu’ diventano delle rarita’, perlomeno nella loro versione integrale.Questa mania per collezionare i Topolino pero’ non si fermo’ li’. Mia madre leggeva La Domenica del Corriere ed io dai, a mettere da parte settimanalmente detti giornali. Cosi’ fu per altre testate: Storia Illustrata, Selezione del Reader’s Digest (cosa ci trovavo in quei condensati non so), e tante altre ancora. Ne tenevo un armadio pieno, tutte perfettamente ordinate, numero dopo numero, e custodite come nuove. Ma poi cominciarono i traslochi, uno dietro l’altro, in case un po’ piu’ piccole, sempre piu’ distanti, e le collezioni si assotigliarono sempre piu’, tanto che ora conservo solamente quella memorabile annata di Topolino del’57 debitamente rilegata, con le pagine ingiallite. Potrei parlare lungamente di questi fascicoli ma non e’ questo il mio intento ora. Il problema emergente e’ l’attaccamento alle cose terrenali, alle cose effimere e materiali che ci accompagnano durante la vita. L’attaccamento al passato e al futuro, trascurando il presente. Si, in effetti compravo piu’ quei giornaletti per conservarli che per leggerli. Li sfogliavo senza aprirli completamente per timore di scollarli  e poi li archiviavo immediatamente per paura di sgualcirli o di perderli, e guai a chi me li chiedeva in prestito! Ne ero ossessivamente geloso. Oggi devo dire grazie alla vita contemporanea per avermi fatto capire i miei errori. Oggi sarei incapace di ripetere simili esperienze. Ne’ sono capace di comprare a rate per l’ossessione delle scadenze mensuali e l’onerosita’ degli interessi che l’operazione comporta. Il contatto continuo coi giovani non mi ha fatto sentire i vari gap generazionali esistenti e comprendendo loro mi sento attualizzato e attaccato alla realta’ ed al presente.

Ogni tanto (non spesso) prendo in mano quei volumi rilegati e sfogliandoli sorrido pensando all’innocenza di quegli anni, non solo miei cronologici, ma epocali. Pero’ non mi sento invaso da nostalgie in quanto la vita ha sempre delle cose belle da offrire e se una di esse scompare ne appare un’altra non meno degna di essere vissuta. Questo ovviamente “finche’ c’e’ salute”!, frase banale ma molto molto saggia., ve ne accorgerete giovani!

Ma tornando al collezionismo, lo ritengo quasi un’infermita’, che si estende ben piu’ in la’ dell’immaginabile. Un esempio, distante dal collezionismo ma affine nella sostanza:  se si comincia a vedere una telenovella a puntate, bella o brutta che sia, e’ difficile poi perderne una. Credo capiti a tutti, una volta che si e’ entrati “nel giro”, di aspettare con ansia la sera il seguito della vicenda.  Il collezionismo come metodo  puo’ assumere il carattere di una “mania”, quando non si puo’ fare a meno di una certa abitudine (svegliarsi sempre alla stessa ora automaticamente, imboccare la stessa strada tutti i giorni invece di farne altre possibili, ad esempio). Sono consuetudini che agli “altri” che ci circondano possono dare molto fastidio ed essere motivo di diverbi, oltre a nuocere a noi stessi per il suo carattere di ripetitivita’ ossessiva. E che dire poi del “vizio”, piu’ o meno grave esso sia, ossia della mania all’ennesima potenza?. Concludo percio’ avvertendo, se e’ il caso, che se non si sta attenti il collezionismo puo’ essere la porta d’ingresso di molti “peccati” capitali, peccati che non ci portano all’inferno ma possono trasformare in un inferno la nostra esistenza.

 

GiBi (Giuliano Bartolozzi)

 

 

 

Saluti a tutti!

Voglio parlarvi di quante vite si puo’ vivere in una vita: se si e’ fortunati s’intende…

Per questo mi rivolgo a coloro che hanno piu’ di 50 anni come me: sono i soli che possono comprendermi.

Premesso che non escludo vi siano altre vite al di fuori di quella che si sta vivendo, passata, presente o futura, o due, o tre di esse contemporaneamente, vi descrivo qui brevemente le mie vite.

Fino all’eta’ di 28 anni io facevo una vita. Apparentemente ero un ragazzo normale, tranquillo, educato, di poche pretese. Dentro di me pero’ c’era un qualcosa che mi diceva che non poteva continuare cosi’, che la mia vita era un’altra. Appena potevo fuggivo dalla mia realta’,  pero’, per quanto me ne allontanassi, ero sempre attaccato alle mie radici e non sapevo come districarmene.

Tenevo poca conoscenza del mondo, ma la curiosita’ mi aiutava poco a poco ad aprirmi nuovi orizzonti. Approfittavo dei viaggi, delle letture e delle arti in genere per aprire la mia visuale.

A 28 anni, come ho detto, ho avuto una svolta radicale che mi ha proiettato in una nuova dimensione, in una nuova realta’. Sapete, e’ un cambio che se uno non e’ preparato psicologicamente puo’ lasciarci le penne! Ma io sono forte, come quelle rocce liguri  proterviamente vomitate sul mare che mi hanno visto nascere..

Cosi’, senza battere ciglio, mi sono rivestito della nuova pelle ed ho affrontato altri venti anni della mia vita. Non sono mai tornato indietro, non ne ho mai sentito le necessita’, sebbene le difficolta’ a volte fossero insormontabili. Sempre mi ha accompagnato la “fede” di un futuro migliore.  Spesso dovevo mettercene di fantasia per illudermi che questa speranza portasse a buoni frutti, pero’ poco a poco la mia personalita’ si faceva sempre piu’ “robusta” e, granello a granello,  anche le mie tasche!

Tra la prima e la seconda vita, c’erano cose completamente abbandonate, cose che tornavano, cose che si rinnovavano.. Mai ci fu una vera rottura tra le due vite, ma la distanza spazio-temporale si faceva man mano sempre piu’ vistosa e c’era il pericolo che la prima vita rimanesse un semplice ricordo. Ma quante belle esperienze mi legavano ad essa! Sarebbe stato un vero peccato.

Ma poi venne inaspettatamente la mia terza vita. Stavolta non fu voluta, fu semplicemente il frutto inaspettato dell’evoluzione attraverso gli anni. A questo punto non mi sentii piu’ lontano dalla mia prima vita e con la seconda mantenevo un legame indissolubile. Le tre vite ora erano interlacciate e intersecanti, inseparabili insomma. Naturalmente la terza era un superamento delle altre due, ma mai avrebbe potuto nascere senza di esse!

Cosi’ ora sto vivendo la mia terza vita. Credo che sia l’ultima. Non perche’ mi senta stanco o vecchio, ma semplicemente perche’ non vedo nella mia immaginazione quale altro capriccio del destino potrebbe alterarla. Sono contento, soddisfatto di questo stadio della mia vita. Spero di poter continuare avanti facendo le cose che mi sto prefiggendo di fare e senza interruzioni.

Bene, vi ho raccontato la mia vita. Questo non solamente per un mio capriccio, ma perche’ anche voi facciate un esame di coscienza e vi mettiate a riflettere su quante vite anche voi avete vissuto, quante ve ne possono restare da vivere, quante avreste voluto vivere e non le avete vissute e per quali motivi...

Per me, queste sono le vere domande che uno si deve porre, non se Dio esiste o no o sul vero significato dell’Esistenza, perche’ a tali domande non c’e’ risposta e se non c’e’ risposta..perche’ porsele?

Ciao e grazie per l’attenzione.

 

 

 

Sulla contemporaneità

Ho già asserito in varie occasioni ed in vari spazi web che questa non e’ più l’epoca dei tempi lunghi e dei tempi lenti. Faccio questa distinzione perchè se una cosa e’ lunga non e’ detto sia lenta e viceversa. Cosiìcome non ci si dedica più ad un futuro lontano ma solo ad un futuro immediato, il passato viene rivissuto solamente in flashback che rendono l’immediatezza di un istante. L’unico momento che si vive pienamente e’ il presente. E’ la società del presente, che comporta disastrose conseguenze ma anche innegabili vantaggi. D’altro canto non possiamo rifiutare il progresso, che per l’appunto ci offre questo nuovo modo di vivere la vita e tutti i suoi derivati, uno dei quali e’ l’Arte, in senso lato del termine, un altro e’ l’Amore: due aspetti di un quadro globale abbastanza complesso.. Ma procediamo con ordine.

Premetto che ci sarebbe da fare una profonda ricerca su come si viveva il tempo nelle varie epoche. Non e’ un compito facile ed occuperebbe molti anni e non so, come dicevo, se questi nostri tempi permettano tali ambiziosi progetti: trattati di migliaia di pagine che molto probabilmente non verrebbero che letti se non da un esiguo, sempre più esiguo, numero di appassionati in materia. Io qui voglio fare un semplice excursus su questo argomento, che e’ di fondamentale importanza per comprendere il mondo moderno, le nuove generazioni, le nuove tendenze, la contemporaneità tout court, insomma.

Invito perciò sociologi, psicologi, filosofi, antropologi, eccetera, di buona volontà (missionari nel loro lavoro) a scrivere su questo argomento. Conoscersi vuol dire essenzialmente conoscere i tempi che si vivono e non si può rimanere ancorati al semplice passato come professori nostalgici incartapecoriti e con ragnatele addosso che non accettano il presente, i giovani, la vita moderna. Ma per conoscere il presente occorre anche sapere da dove siamo partiti e così il fatto di non essere attaccati al passato non vuol dire evitare di studiarlo, analizzarlo, ed offrirne i frutti ai posteri (fino a quando ci saranno).

Un tempo, diciamo fino ad un secolo fa, le distanze si sa che erano molto maggiori che oggi. Anche se mille chilometri erano tali sia ieri che oggi, si impiegava mesi a percorrerli ed i disagi dei viaggi erano notevoli. La gente era dotata di una pazienza che oggi e’ impensabile. La lentezza dei mezzi andava di pari passo con la lentezza dei ragionamenti, anche se probabilmente si ragionava di più che ora.  Non occorreva la capacità di sintesi; si aveva a disposizione tutto il tempo necessario per compiere qualsiasi attività, manuale, cerebrale o intellettuale che fosse. Tutto veniva pensato e ripensato, organizzato con tempo, dettagliato nei suoi minimi particolari, fin troppo calcolato dunque, ma che dava adito ad un margine di errori molto ridotto.

Basti pensare all’Amore, al concetto di tale parola, per capire quanti anni luce divida il tempo presente da quello passato. Una volta esistevano i termini: per sempre, eternamente, per tutta la vita anzi, anche dopo, nell’aldilà!. L’Amore calzava perfettamente in detti termini, così si concretavano e solidificavano i vecchi concetti di Famiglia, di Tradizioni, di Fede, di Dedizione Assoluta, di Sottomissione, e cosi’ via.

Ma la vita e’ cambiata e con essa l’Amore (sempre supposto che occupi ancora uno spazio in noi). Il “focolare domestico”, motivo di incontro, dialogo, unione, delle famiglie (la “home” inglese) ora e’ un semplice punto dove incontrarsi per mangiare rapidamente, dormire poco e male, fare frettolosamente l’amore, scambiare due rapide parole coi figli e poi ripartire per tutto il giorno e rientrare alla sera inoltrata stanchi morti. I soldi in una casa (la “house” inglese) non bastano mai: tutti lavorano, tutti spendono, tutti stentano ad arrivare alla fine del mese...

 Ma non voglio cedere a facili moralismi. I tempi cambiano e lo spirito dell’adattamento dell’uomo e’ infinito...perlomeno finchè lo si lasci vivere!

Per quanto riguarda l’Arte, oggi si vive degli echi dei movimenti artistici del secolo passato che non hanno ancora terminato di estinguersi. Si sono sviluppati velocemente ed ugualmente si sono apparentemente, solo apparentemente,  estinti senza essere stati sondati completamente. La necessità frenetica di un ricambio, di un passaggio di decade, dell’esigenza continua del collezionismo riflesso di un consumo onnivoro di opere d’Arte, di galleristi famelici di successo, di artisti sempre piu’ adagiati nel benessere, della necessità di collezionisti e pubblico di continue novità, ha contribuito a tutto ciò.

Ma la verità di fondo non e’ facile a cancellarsi come le mode effimere. Ritornano a ondate flussi di arte ben poco assimilata a suo tempo per essere “rimasticata” e quindi riveduta e aggiornata. Questa e’ la Legge! Quando si corre troppo prima o poi bisogna tornare indietro perchè nella fretta ci si dimentica sempre qualcosa, come e’ normale, e questo qualcosa non e’ roba da niente ma di massima importanza per definire e completare un corpus di lavoro che e’ sempre molto ma molto complesso.

Si vuole liquidare tutto in breve tempo. Come quando si compra un computer e si sa che dopo pochi anni deve essere cambiato perchè obsoleto. Su questa via corre l’Arte e la Vita!

Ma esiste un ma. Fino a quando si potrà correre in avanti per poi tornare indietro? A me sembra che in molte cose siamo già sulla via del non ritorno. I danni all’ecosistema per esempio come possono essere riparati? Forse si potranno frenare per non peggiorare, ma proprio perchè siamo arrivati ad un punto limite oltre il quale esiste solo il suicidio collettivo. Meditate gente! meditate.

 

 

Rimozione di Coscienza.

 

Questo lo scrivo per tutti Voi. Per tutti coloro cioe’ che leggendomi mi ascoltano, che vogliono apprendere qualcosa, che pensano di  poter essere aiutati, che hanno speranza che le cose cambino

E’ un fatto realmente occorsomi, e se dico realmente e’ perche’ saro’ talmente esatto nella mia descrizione sommaria che l’elemento trionfante e’ il dubbio. Senza dubbi non esistono certezze, e le certezze non sono stabilite da una voce ma da dieci cento mille voci, e non istantaneamente ma nel corso del tempo, nel corso di tutti i tempi.

Avevo circa 14 anni e frequentavo l’istituto tcnico professionale. Ero un alunno modello. Nell’ora di matematica, quando gia’ era suonata la campana e la professoressa stava per uscire, qualcuno si mise a  cantare. La profe la prese come una forma di irrispetto e grido’: “Chi e’stato? Alzi la mano chi e’ stato!” Ma nessuno alzo’ la mano cosicche’ la classe si prese una nota sul registro per colpa di “quella” persona.

Io mi sono chiesto tutta la vita se per caso fossi stato io. Probabilita’ ce n’erano: il mio stato di euforia dovuto ad una materia che adoravo, la mia timidezza, la mia predisposizione al canto.. Pero’ e’ altrettanto vero che sono sempre stato rispettoso coi miei superiori, che non sono mai stato un codardo, che non avrei permesso che la classe prendesse una nota di demerito per mia colpa (almeno credo, se mi conosco bene..). Ma quell’attimo si borro’ dalla mia mente, questo e’ il guaio. Ho cercato di ricordare cosa stessi facendo in quel momento del canto, ma niente. Memoria cancellata. Mi e’ rimasto sempre il dubbio, questo si. Ma allora perche’ i miei colleghi non mi avrebbero denunciato? Forse perche’ ero un loro compagno gentile ed educato?  Perche’ nessuno fu denunciato da qualcuno? Mistero.

Il sospetto che avrei potuto essere stato io  mi ha accompagnato in tutti questi anni, tanto che a volte ripeto a me stesso: “Chi e’ stato? Alzi la mano chi e’ stato”, come se la mia fosse una voce delirante, una voce di auto-accusa. Una voce che non si libera dalla mia coscienza, anche se potrei essere perfettamente innocente.. Un pezzo di memoria  che e’scomparso dalla mia mente, come se non fosse mai esistito. Si, devo ammettere che tutti non siamo immuni dai vuoti di memoria, e che proprio nel momento che dobbiamo ricordarci qualcosa ce la dimentichiamo. Vi ricordate nelle interrogazioni? Esempio classico!.

Beh questo e’ quanto volevo dirvi, perche’ puo’ capitare anche a voi, od e’ gia’ capitato o capitera’, percio’ pila!, ricordatevi di non dimenticare! Potrebbe costarvi un rimorso per tutta la vita!

 

 

 

FATTI DI CUORE.

 

Il cuore batte ma non sempre uguale. Non ti e’ dato sapere in anticipo quando il tuo cuore cambia il ritmo dei suoi battiti. Nel caso dell’amore, che in questa epoca ingrata non sta riscuotendo molto esito, e’ evidente come quando sopravvenga  ti senti dentro un calore sempre piu’ forte ed il cuore che accelera i suoi battiti.

Il cuore batte differentemente per ogni emozione, e non c’e’ verso che la ragione lo domini. Il cuore si puo’ educare, questo si, e trattare di moderare il suo impulso istintivo. Ma l’istinto prima poi vince e la vera natura che sta in noi, in tutti noi, emerge e trionfa.

La paura. La paura avvince e prevale. Nella nostra epoca turbulenta la paura e’ cercata, bramata e osannata. Si va al cinema per stimolare la paura e, alla recerca di emozioni, ci si mette in pericoli per encontrarla. Non dite di no perche’ e’ cosi’.

Il cuore altera i suoi battiti impattandosi con le emozioni. Le emozioni non sono mai uguali, questo e’ l’eccitante delle emozioni.

E’ come quando si compra un disco, un ennesimo disco, del nostro cantante preferito. Non cambia di molto dagli altri, pero’ crediamo ci apporti delle novita’. Le vere novita’  sono rare  come incontrare gioielli in un bosco, tantopiu’ che e’ il bosco il vero gioiello! Con le novita’ cerchiamo nuove emozioni, belle e brutte. Quello che e’ pericolo per uno e’ felicita’ per un altro. Cio’ che per uno e’ brutto e’ bello per un altro e cosi’ via..

Fagocitiamo il nostro cuore perche’ ci dia nuove emozioni. Non importa quali esse siano e dove ci portino…l’importante e’ che ci allontanino dalla nostra routine quotidiana piatta, amorfa e inconsistente.

Gia’ e’ come pianificare un viaggio od una cena al ristorante, questo e’.

Si, in questa epoca ingrata l’amore e’ un grande bluff che copre la nostra superficialita’ di vivere. E’ vero, il cuore batte piu’ o meno forte  scontrandosi coi sentimenti, pero’ i sentimenti sono passeggeri se si escludono quelli materni. Ma quelli materni sono istintivi, viscerali e appartengono alla natura delle cose. Quella, per fortuna, nessuno e niente e’ ancora riuscito a cambiarla.

 

SULLA CRITICA.

 

La critica viene dalla non innocenza. Essere innocenti significa non vedere piu’ in la’ di un certo orizzonte  piu’ o meno elementare. L’innocenza e’ tipica dell’infanzia, Della gente primitiva e di quella ignorante. Tutti siamo innocenti in qualcosa perche’ tutti ignoriamo qualcosa. E fin qui tutti d’accordo.

Il passaggio dall’innocenza alla non-innocenza avviene gradualmente, non importa se rapidamente o lentamente. Il trauma del passaggio non e’ immediato e ce ne accorgiamo quando meno lo pensiamo. Ogni scoperta di vita ci toglie un poco d’innocenza. Le scoperte apparentemente sono gradevoli; e’ per questo che la vita e’ subdola! Piu’ ci apriamo al sapere e meno siamo innocenti , meno siamo innocenti piu’ la vita ci ferisce con le sue verita’. E’ un cerchio. Gia’ l’ho detto che la vita e’ racchiusa in un cerchio. Andiamo avanti per tornare indietro..ma preferisco non ripetermi. Scoprire si scopre sempre, a qualunque eta’. Pero’ quando si e’ consci come in questo caso che scoprire significa non solo rinunciare all’innocenza  ma soffrire, ad ogni scoperta uno reagisce con un misto di piacere e malestare, qualcosa di indefinido che uno deve provare per sapere.  Non si puo’ rinunciare al sapere se non lasciandosi andare. Uno si lascia andare e dice ma chi me lo fa fare di sapere…tanto apprendistato,  tanto Studio tanta osservazione, tanto tempo utilizzato…ed il tutto ti causa sofferenze!

Il sapere nasce con la curiosita’. Senza curiosita’ non c’e’ progresso in uno. C’e’ solo stasi, passivita’, inerzia . Non dico che tutto questo sia peggiore di quello. Oh no! Uno arriva ad un certo punto che il sapere gli e’ insopportabile. Il tutto al vaglio Della propria inteligenza sviluppata… Il tutto sottoposto ad una critica tagliente , inarrestabile, crudele perche’ razionale..

C’e’ sempre gente che ti attacca, che spettegola di te, che dice e non dice, che ti nuoce.

E allora mi chiedo: dove sta la verita’! Se la critica e’ imparziale perche’ oggettiva ti puo’ bloccare ed impedirti di migliorare. Se e’ parziale perche’ soggettiva peggio che andar di notte!  ma la verita’ non sta da nessun lato..

Dunque ricapitolando: uno lotta per migliorare, per progredire,per crescere  come essere umano. Lotta per emergere, per non essere “sotto Della media”, per galleggiare e non affogare nella mediocrita’, per non essere nessuno. Uno vuole sapere. Uno vuole criticare. Uno non vuole essere innocente perche’ deride l’innocenza e perche’ ormai se ne e’ liberato, nel bene e nel male. Uno vuole diventare qualcuno. Lo vuole per se stesso, piu’ che per gli altri. Uno vuole andare avanti, mai fermarsi. Uno vuole correre, cosi’ apprende piu’ in fretta degli altri.

Uno prima di morire ha raggiunto un certo livello di sapienza. Qualunque esso sia, non gli basta. Uno muore con quello che ha. Uno lascia dietro di se’ un quadro interrotto di vita. Un spera sempre che qualcun altro raccolga quello che ha mietuto. Non si sa quando questo possa avvenire. Uno porta con se’ un mondo perche’ e’ un tesoro irrempiazzabile. Questo tesoro e’ piu’ o meno ricco. Tale ricchezza non dipende dal suo spirito critico. E’ una somma di tutto. La qualita’ critica e’ solo una parte. A volte non c’e’ affatto in uno o in molti di noi. A volte e’ sorprendente sentire gente che si crede senza spirito critico parlare con spirito critico ossia rendersi conto che ha spirito critico . A volte la vita sorprende: allora ci si accorge che il nostro spirito critico non e’ stato sufficiente per scoprire se uno ha spirito critico o no. Questo ci sprona ad andare avanti, avanti nella nostra interminabile recerca!

 

 

 

 

TERAPIA SOLIPSISTICA.

 

Sdraiatevi.

Concedetevi alcuni « strani » momenti di relax (se cosi’ si puo’ chiamare).

Contrariamente al solito, scordatevi dei pensieri, delle preoccupazioni. Spegnete la luce, la televisione, la musica.

Approfittando che siete soli,  restiate comodamente distesi.

In qualsiasi luogo voi siate: in città, in campagna, al lavoro, in vacanza, eccetera, ascoltate!

Ascoltate le voci, i suoni, i rumori, i silenzi, che vi circondano.

Ricordatevi che cio’ che udite (e che non udite)  è unico, è solo vostro, appartiene solamente ad un vostro momento che tiene una data ed un’ora.

Ascoltate dunque: suoni consueti e desueti, particolari o usuali. Tutti insieme questi suoni fanno parte del vostro momento. Valgono piu’ di qualsiasi altro suono registrato, perché non sono ripetibili. Sono unici questi suoni che le vostre orecchie stanno raccogliendo per stagliarveli nella vostra memoria. Li’ rimarranno per voi, solo per voi.

Non hanno una traduzione, un senso, una logica, tutti questi suoni. Non interessano proprio a nessuno tranne che a voi. Perché vi appartengono !

Fanno parte della vostra collezione di vita. Ne avete persi tanti ma questi per fortuna li avete “congelati” e se vorrete vi accompagneranno per il resto della vostra vita.

Questi suoni denotano che siete vivi, che vivete in un particolare momento storico e che tra un istante non ci saranno piu’ e apparterranno al passato.

Ogni tanto una di queste “scappatelle” ci vuole! 

 

 

 

 

 

SUL MIMETISMO.

La favola è una bugia. Esistono le bugie per bambini e quelle per grandi. Una favola è bella perché finisce. La favola per bambini Si racconta e quando si arriva all’ultima pagina sta scritto a lettere cubitali FINE. Il bimbo allora cessa di immaginare quello che non esiste e torna alla realtà. In realtà vorrebbe che non finisse mai ma sovente c’è il sonno che media tra la fantasia e la vita. Al risveglio ha una vaga idea della favola. E’ cosi’ che le favole sono fatte per essere rilette. Tante volte finché la ripetizione fa credere che sia quasi realtà. E’ cosi’ che si puo’ vivere una realtà di sogno, che è il pane quitidiano dell’infanzia.

L’adulto sogna la realtà quando crede in una ideologia. Cosi’ facendo perpetra una continuità nella propria vita, che è quella di continuare sognando come quando era piccolo. E’ una forma di sopravvivenza questa che lo aiuta a superare le difficoltà della vita.

Una volta esistevano le favole perché esistevano le bugie. Ora esiste solo l’ipocrisia. Ora non esistono piu’ i bambini ed i grandi perché i bambini sono grandi ed i grandi sono bambini. La confusione è tale che non sai piu’ chi hai di fronte ! E’ veramente imbarazzante.  Ora le “bugie” sono un ricordo “romantico” di cio’ che era la vita. Erano cosi’ facili da essere svelate che spesso dall’inizio si conosceva già la fine!

L’ipocrisia ha creato nel mondo una tale confusione che quando qualcuno ti dice “Piu’” sai che è “Meno” e viceversa.  Capita anzi spesso che quando ti si dice “Piu’ “ (per restare nell’esempio) si voglia invece significare “Arancione”. Allora la cosa si fa un tantino piu’ complicata... Ma siamo arrivati al punto che già non ci ribelliamo a questo stato di cose. Già non reagiamo piu’ a nulla! Gia’ che dicano quel che dicano e che facciano quel che facciano (l’importante è che non ci “tocchino”!).

Cosi’ se ci dicono che la Russia e la Cina non sono piu’ comuniste noi cosa possiamo pensare? Certo, possiamo pensare che non sono piu’ comuniste, ma il buon senso (e altro ancora) ci dice che no. Ancora, se ci dicono che la guerra in Oriente è una guerra giusta noi qui potremmo obiettare che “guerra” con “giusta” non ha niente a che vedere. Ma la cosa rimane li’. Quanti altri esempi si potrebbero fare? Beh, io non li faccio perché voglio andarmene a letto pero’ continuate pure voi, li’ da casa vostra!

 Cosi’, a tutti quanti, non ci rimane che fare un bel girotondo, proprio come quando eravamo bambini, e cantare in coro “il comunismo è finito, il muro è caduto, il neocapitalismo è la cosa piu’ bella che ci poteva capitare, non esistono piu’ i mali nel mondo, abbiamo fede e non pensiamoci piu’” ( Ma le parole potete cambiarle e sostituirle con altre, giusto come piace a voi....), e ridere e giocare felici e contenti!                 

 Poi, quando ci distacchiamo dal giro, cessa l’illusione e ci rendiamo conto che è tutta un’ipocrisia e rimpiangiamo le bugie di una volta. Quelle, non facevano male a nessuno!.    

 

 

 

 

L’ORIZZONTE ROTONDO.

 

Quando da ragazzo ho appreso che il mondo è rotondo e che percio’ l’orizzonte non è una linea retta, ho capito molte altre cose. Cosi’, stando a guardare tra cielo e mare , ho amaramente scoperto cio’ che avevo già sentito quando mi dissero che la cicogna non esisteva. Una strana sensazione di smarrimento che mi persegue tuttora.Potrei anche parlarvi di cio’ che mi suscito’ la regola cartesiana: un vero trauma. La legge prospettica uguale e l’arte astratta beh potete ben immaginarvelo! Potrei anche parlarvi delle coincidenze della vita e degli anni che passano non in ugual forma  quando sei giovane e quando invece sei maturo. Potrei parlarvi dell’amore, ma preferisco lo scopriate da voi. L’unica cosa di cui non potrei parlarvi è la morte, perché grazie al cielo non l’ho sperimentata! Invece vi parlo della visione, che è un summa di tutto cio’ che ho citato in precedenza ma altro ancora.

Il vedere non ha niente a che vedere ovviamente col guardare, e questo è già un dato di fatto. Ci sono molte forme di vedere e di guardare. In quanto al vedere basti pensare alle variazioni delle luci e di conseguenza dei colori. Ma se sei miope o presbite o cieco o altro ancora ti rendi conto che già solo il vedere è bello. Pero’ anche se è bello non basta. Infatti cio’ che da qualità al vedere è l’osservare. Lo so, ciascuno di noi osserva in una forma particolare ed esclusiva. L’occhio critico dipende da tanti ingredienti che non staro’ ad elencarvi. Il guardare infatti è relazionato a vari fattori: la psiche, l’intelligenza, la cultura, l’istinto, la sessualità e altro.

Qui bisogna coniugare il verbo vedere in tanti tempi ed ogni individuo è un raggio da cui parte una forma di osservare.

Non credo nei romanzi. In essi si è spronati a immaginare quello che ha già immaginato lo scrittore. E perché io devo per forza vedere quello che ha visto lui? Non si lamentino coloro che sono contro la virtualità. Fin da epoche remote essa è esistita e nell’800, con il boom della letteratura, la gente si chiudeva a leggere e leggere per giorni interi le grandi stupidaggini di astuti scrittori. Non tutti naturalmente! Diciamo che un uno per cento si salvano! E tale uno per cento è il meno letto! Tutti leggevano quello che ogni lettore leggeva! Cosi’ nacquero i best-sellers...

Nel campo della pittura uguale. Tutti dovevano vedere un qualcosa in un quadro il piu’ realisticamente possibile, e quando scoppio’ l’impressionismo si grido’ allo scandalo (pero’ lo si grida tuttora, sempre meno ma ancor oggi).

In fotografia tutto doveva essere chiaro perchè l’immagine dovrebbe rispecchiare il reale. Invece no, la realtà è effimera e Roland Barthes le diede la stoccata finale asserendo che al di là di quello che si vede in una fotografia c’è ben altro!

In filosofia e in scienza uguale, che dirvi di piu’. Io so soltanto che quando scruto l’orizzonte sento di aver perso qualcosa...l’innocenza!  

 

 

 

Uno non è uno

Uno non è uno, noi non siamo noi.

Da quando la bestia si è trasformata in uomo, non siamo piu’ bestie e non siamo neppure uomini.

Facile dimostrarlo.

Uno vuole una cosa. La desidera. Puo’ passare molto o poco tempo perché la possieda e puo’ terminare di possederla o no.

Se non la puo’ ottenere, uno si avvicina piu’ all’uomo, se invece la ottiene piu’ alla bestia.

Se la ottiene, infatti, uno non è piu’ uno. Perché la soddisfazione di possedere la cosa non lo sazia; è qui che traspare la bestia in lui. Uno vuole una cosa e poi un’altra cosa ancora e cosi’ via finché muore.

Perché quando uno ha una cosa, invece di godersela ne è già sazio ancor prima di sfruttarla, usarla, assaporarla. Non è una domanda! Quando uno ha una cosa pensa che questa non è la migliore delle cose dentro la sua categoria, ce ne sono altre migliori che potrebbe avere e, dimentico del sacrificio piu’ o meno duro che ha fatto per conseguirla, già gli appare come una cosa qualunque (e se tutti non ce l’hanno, che gliene importa?).

Dunque ricapitolando uno vuole una cosa, uno consegue la cosa, uno ora vuole un’altra cosa ossia la stessa cosa ma in qualche modo “superiore” e la cosa da cui è partito non gli interessa piu’. Non se lo confessa, questo no, né a sé né agli altri, pero’ la considera una cosa che ormai è sua, che doveva appartenergli, che anzi ha faticato esageratamente per averla, che avrebbe fatto meglio a desiderare una cosa un po’ piu’ superiore, di un livello piu’ alto.

Alcuni chiamano questo desiderio progresso e puo’ essere, se si considera che gli animali in fondo sono superiori a uno, a noi. Si, gli animali apprezzano le cose che ottengono e non desiderano di piu’. Gli animali sanno amare, non sono vili e si proteggono e si attaccano o uccidono solo per leggittima difesa o per sopravvivenza. Gli animali non sono attaccati alle cose. Se ne liberano al momento giusto e non desiderano rimpiazzarle. Gli animali non hanno paura della morte !

Un uomo. Un uomo non dovrebbe essere attaccato alle cose. Un uomo se fosse un uomo dovrebbe essere migliore di un animale. Un uomo non farebbe le guerre. Un uomo non sterminerebbe. Un uomo non si autodistruggerebbe come invece stanno facendo gli pseudo-uomini che popolano la terra !

No, un uomo non è un uomo ! 

 

 

 

 

 

 

SI PUO’ DIRE QUALCOSA ?

 

Si puo’ dire qualcosa in questo mondo ?

Si puo’ anche se e quando non si puo’ ?

Si puo’ dire ancora qualcosa?

Ovvero, si è potuto sempre dire qualcosa? E se non sempre talvolta?

Si ha avuto motivo di dire qualcosa talvolta o spesso? O tutto è già insito nel tutto?

 

Si puo’ dire qualcosa, ora e sempre, quando tutto è stato detto e tutto è stato fatto?  E se si perché e come e se no perché no?

E’ importante la FORMA di dire e fare ? E’ quello che determina la novita delle cose e niente altro?

 

Perché il tutto si risolve in una forma LETTERARIA di dire e fare a carattere NARRATIVO, in tutti i campi, in ogni situazione?

 

Perché la PAROLA è la forma piu’ difficile del comunicare e mai esaustiva?

Cosa ci vorrebbe perché il linguaggio fosse veramente chiaro e limpido?

Forse  si assomiglia sempre piu’ alle nostre acque, all’aria, alla terra?

 

Cosa è piu’ importante: l’istinto, la razionalità , l’intuito, l’intelligenza, i sentimenti, la cultura, la pragmaticità, la contemplazione?

 

Ma, per tornare all’inizio (sempre si torna all’inizio), è importante dire qualcosa? E se si, come credo che si, in che forma deve essere ? Lo si puo’ dire in una maniera che abbia maggior effetto? E se ha maggior effetto è la forma migliore di dire la cosa? Quanta gente puo’ colpire cio’ che uno dice? Quanta gente percepisce completamente tutto quello che uno dice e uno fa? E chi lo dice e chi lo fa.... E’ in buona o mala FEDE? Dice verità o menzogne? Crede o non crede di essere nel vero?

 

Beh, complessivamente tutto è semplice e facile, tutto dipende da noi, da ciascuno di noi. Non dobbiamo accusare il prossimo. Non dobbiamo fare e dire quello che non possiamo perché non ne abbiamo le capacità. Dobbiamo lasciar dire e fare in quelle cose che noi non sappiamo dire e fare a chi sa dirlo e farlo. Dobbiamo credere in qualcuno. Non in tutti. Dobbiamo aver FEDE in noi stessi. Dobbiamo ricoscere i nostri limiti. Dobbiamo avere uno spirito critico costruttivo. Dobbiamo e dobbiamo. Cosi’ è. E se non ci credete provate un pochino a pensarci e a sentirlo...

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SOVENTE.

Sovente si fa una cosa.
Sovente si dice una cosa.
Sovente la si dice e la si fa, sovente la si dice e non la si fa e sovente la si fa e non la si dice.
Sovente è una cosa.
Sovente una cosa è una cosa, come una rosa è una rosa.

Per continuare con sovente.
Sovente si pensa a una cosa. Sovente la si pensa e non la si dice e non la si fa. Sovente si pensa e si sfruttano tutte le sue probabilità matematiche. Sovente tali probabilità non le si sfruttano per niente. Sovente.
Sovente si pensa a piu’ cose, a piu’ cose contemporáneamente. Sovente un pensiero è piu’ forte di un altro, sovente no. Certo l’equilibrio è impossibile.
Sovente si pensa ad una cosa o a piu’ cose mentre si fa una cosa o un’altra cosa. Sovente non si pensa quando si fa una cosa. E’ cosi’ che succedono gli incidenti. Sovente si pensa a una cosa che non è quella cosa che si sta facendo e anche questo è motivo di incidenti.
Sovente non si pensa. Non si pensa perché non si vuole pensare o perché non si sa a che pensare in quel momento o si è citrulli. Se si è citrulli non c’è niente da fare.
Sovente si fa una cosa. La si fa come deve essere fatta o no. La si fa completamente o parzialmente. La si fa in forma originale o comune. La si fa intelligentemente o stupidamente. La si fa lentamente o rapidamente, in un luogo solo o in piu’ luoghi. Tutto questo sovente.
Sovente puo’ anche essere raramente, non è detto, dipende se si vede la cosa a livello unidimensionale, bi, tri o quadridimensionale.
Sovente una cosa che è piccola la si vede grande e viceversa. Sovente una cosa piccola è piccola e una cosa grande è grande, sovente no.

Manipolate manipolate, impastate i concetti, createne dei nuovi. Con nuove forme con nuove sostanze se vi riesce! Create create, anche col pensiero, anche se sovente si pensa di creare ed invece si ripete. Si ripete quello che è stato fatto, è stato già fatto, sovente o raramente. O è già stato detto. Tutto è stato già detto e fatto,sotto una certa forma ad un certo momento da qualche parte. Sovente o raramente.
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Tra il dire ed il fare.

Agosto 2005.

Nelle scuole di insegnano che esistono delle regole. Ti dicono ad esempio che ogni Paese ha la propia religione ufficiale cosi' come i propri usi e costumi. Io da bambino cosi' facendo quando mi immaginavo un Paese me lo vedevo totalmente immerso nel proprio mondo. Nel campo della religione, io italiano mi vedevo cattolico (come a quei tempi ero ed ora ancora  per legge lo sono anche se non lo sono piu') e vedevo tutti gli italiani dei bravi cattolici che la domenica andavano a Messa eccetera. Questo naturalmente da bambino. Questo perché da come mi avevano insegnato, mancandomi l'esperienza, capivo. Crescendo mi resi conto che gli italiani sono cattolici perché sono battezzati in Chiesa. Cosicché anche un ateo in Italia è un cattolico! Beh, cosa ci volete fare! Siamo in una società di merda e non la possiamo certo cambiare noi, né con la protesta né coi voti. Socialmente parlando, siamo degli impotenti che reclamano sottovoce i propri diritti, che non facciamo di nascosto i nostri doveri  perché sappiamo di non poter reclamare tali diritti ma che in fondo tutti noi ci diciamo: ciao, come stai? vieni a prendere un caffé con me?...come se niente fosse, solo per scrollarci di dosso i nostri pesi sociali. Beh, per tornare ai Paesi e alle religioni ufficiali, al mondo ci sono anche gli arabi! Oggi non lo possiamo piu' ignorare. Una volta erano solo quelli che ci vendevano il petrolio ma oggi son qualcosaltro. Oggi chi non ha scoperto che non solo gli arabi sono mussulmani ma che dire arabo vuol dire mussulmano è un fesso!  In pratica tutti fingiamo a noi stessi che, siccome ci hanno insegnato come dicevo che tutti i Paesi hanno la propria identità religiosa noi italiani siamo cattolici e gli araba mussulmani. Niente di piu' superficiale! Gli arabi nascono mussulmani ancor prima che noi nasciamo cattolici, e lo riomangono per sempre. Chiedilo ad un arabo! Ti risponderà subito che non è vero!  Questo perché deve mentire, che forse dentro di sè la pensa cosi' ma è piu' forte il suo condizionamento sociale. Ad ogni modo un arabo è un mussulmano perché obbedisce al Corano. Ora, caro Presidente Bush e cari Presidenti affiliati di Bush, perché volete cambiare gli Arabi? Perché volete che non siano piu' Arabi? Perche' volete farci credere che è possibile che gli Arabi cambino?  Perché volete ostinatamente continuare una guerra che avete già fatto l'errore di accenderla? Perché volete farci credere che basta "prendere delle precauzioni" per  "modificare" la loro condotta? Perché vi rattristate tanto quando muore qualcuno in questa guerra di cui voi siete gli esecutori? Io, cari politici del mondo occidentale, credevo che il Teatro fosse una forma sublime dell'Arte e non una falsa rappresentazione della realtà! Ad ogni modo credo ancora nel Teatro, quello vero. Li' spesso mi rinchiudo perché li' perlomeno posso sognare! ... 

 

 

 

 

IL CIRCOLO III

Il Circolo non è un circolo di gente bensi’ un cerchio. Questo è quello di cui voglio trattare.
Un Circolo si da quando tutto gira e girando si ricongiunge. Questo è un circolo-cerchio. Ossia, quando le cose vanno si muovono e muovendosi avanzano, ma come ho già detto non in linea retta ma effettuando una linea che logicamente è curva. Piu’ o meno curva, il che non ha importanza. Prima o poi le due estremità si ricongiungono, si toccano, si fondono. Poi non si sa piu’ dov’è l’inizio e la fine, cosicché è giusto dire che inizio e fine sono termini aleatori che hanno solo un’importanza temporanea, ossia nel momento in cui nascono e in cui muoiono. Ma come la nascita e la morte sono un attimo inquantificabile ma ben fievole, non rivestono importanza. L’importante è che nascano. L’importante è che muoiono. Quello che resta è la scia prodotta dal tempo, il vissuto, il circolo insomma.
Tutto dunque si da in un circolo e non è esagerato dire che tutto è circolo.
Osserva bene: un gesto è circolare dal momento che fluisce nel tempo, anche un gesto brusco. Un’esplosione è circolare: cambia solo la cognizione del tempo che si da in frazioni di attimi. Uno stato d’animo è circolare perché ha il suo crescendo e decrescendo. Il silenzio anch’esso è circolare perché se cosi’ non fosse non esisterebbe in quanto tale ma come condizione perenne. Tutto, tutto è circolare, anche quello che non sembra. Anche quello che apparentemente si interrompe e potrebbe pensarsi un circolo interrotto in realtà è un circolo perfetto che si da in tempi differenti che si collegano per ottenere il circolo.
Uno scritto apparentemente appartiene a quest’ultimo caso. Uno scritto non è mai solo. Uno scritto nasce da pensieri e da scritti precedenti o dall’istinto. Quando infatti sembra che una cosa non abbia avuto il suo inizio, questo inizio lo si deve imputare all’istinto. Cosi’ non c’è niente da imputare al caso. Tutto ha un inizio e niente viene lasciato al caso. Questo è quanto volevo dire.

 

 

 


 

IL CIRCOLO II

…Tutto mi tornava indietro. Io lo spingevo avanti ma inevitabilmente prima o poi mi ritornava. Io non facevo niente perché mi tornasse indietro. Facevo di tutto perché tutto procedesse nel migliore dei modi. Mi prodigavo perché il tutto andasse avanti. In effeti andava avanti. Andava avanti e poi ad un tratto mi tornava indietro ! Da cio’ ne dedussi che non era colpa mia. La mia volontà era diretta in avanti. Volevo avanzare e non perdermi alcun passo. Allora cos’era che mi si rivolgeva contro? Perché? E chi si prendeva la briga di rimandarmelo? Semplici domande che hanno sempre dentro di se’ risposte, risposte, risposte. Non dipendeva da me. Pero’ non dipendeva da nessuno, e se nessuno era nessuno allora era qualcuno!. Dipendeva dal tempo. Quel qualcuno era il tempo. Nel tempo si svolgeva la mia azione. Nel tempo io trattavo di andare avanti. Ma nel tempo non esiste l’avanti come non esiste l’indietro ed il sopra ed il sotto. Non esistono i gradi. Non esiste l’unidirezionalità. Non esistono i sensi unici e le rette. Niente va da nessuna parte. Tutto va dappertutto. Cosi’ la mia idea era sballata. Volevo qualcosa che non si poteva realizzare. ...
...Ora tutto è cambiato in me. Mi trovo in una capsula spaziale e galleggio nel vuoto. Cosi’ finalmente ho capito. Mi sento saggio! Ma sovente ricordo quei giorni appena trascorsi in cui mi affascinava il desiderio di portarmi avanti. L’illusione era forte anche se non giunse mai a niente. Mi trastullo in quei ricordi. Mi vedo in quei frangenti... Ma ora sono un altro: sono un saggio!
 

 

 

 

Il Circolo.

Tutto è un Circolo.
Tutto in questo Mondo fa parte di un grande Circolo.
Tutti Noi siamo parte di esso.

Lo Spazio ed il Tempo non sono che parte di un grande Circolo.
La Vita si allaccia alla Morte in un Circolo.
La Storia è Circolare (G.B.Vico).
La Ragione stessa si sviluppa in un senso Circolare.

Io posso dormire, mangiare, lavorare, vivere insomma, ma poi dopo un certo tempo cesso di dormire, mangiare, lavorare, vivere insomma. Dal momento che cesso di vivere quel processo di vita, quel tipo di vita cessa. Io non mangio o lavoro o altro piu’, perlomeno momentaneamente. Poi riprendo a dormire eccetera e cosi’ in continuazione. E tutto questo vivere si perpetra in forma circolare. Circoli concentrici che si concatenano a mo’ di maglia di catene infinite legate fra di loro da altre catene.

I Circoli sono Infiniti, sono Illimitati. Le Possibilità uguali.
La linea retta è un’invenzione razionale per misurare le nostre convenzioni ed i nostri limiti.
La linea retta nella realtà non esiste.
La linea retta esiste in una realtà che ci siamo edificati perché ci fa comodo, come quando siamo stanchi ci fa comodo di riposare e per riposare ci siamo creati la poltrona, la sedia, il divano, il letto ed anche il pavimento (oltre ad altro ancora). Questo come esempio.
Ma per tornare al circolo.

Tutto cio’ che si ripete, un gesto, un’azione, è circolare.
Tutto cio’ che si pensa, un’idea, un episodio, è circolare.
I sentimenti sono anch’essi circolari perché come tutte le cose circolari tornano e siccome tornano sono circolari.
L’istinto è circolare, da quanto detto sopra è ovvio.
I valori, come il Bene ed il Male, sono Circolari. La Fede anche.
Il Destino è circolare. La coincidenza ugualmente.
Cosa non è circolare? Non c’è niente che non sia circolare. Anche questo scritto è circolare.
Come dunque dicevo Tutto è un Circolo.
Tutto in questo Mondo fa parte di un grande Circolo.........

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CONFIDENZE .

Oggi mi sono chiesto : sarà l’inizio o la fine ? La domanda ha avuto come risposta in me: né inizio né fine, tutto continua come sempre.
Si pensa sempre all’inizio come ad un inizio di qualcosa, ma è proprio cosi’? Le cose hanno veramente un inizio? E se si, quando è questo inizio? In che tempo lo si colloca, in quello pensato o in quello reale?
E se in quello pensato, quando lo si inizia a pensare? E se in quello reale, in quale realtà lo si colloca? E cosi’ è la fine. Una cosa che inizia, non inizia forse da qualcosa che è già cominciato? E la fine, dove sta la fine, la vera, insostituibile fine che tutti noi abbiamo ben presente ma solo in termini astratti?
Oggi dunque mi sono chiesto: terminerà questo malestare? Logico che se voglio che termini deve essere in atto e se in atto ha avuto un inizio. Pero’, pero’ questo inizio non mi è dato conoscere. Posso continuare a indagare, a chiedermi, a pensare, pero’ finisco sempre col supporre, e col supporre non si viene a capo a niente.
Ogni giorno, questo malestare che da quando sono cosciente che esiste ha i suoi sviluppi, cambia, muta “umore”, e tale cambiamento mi coglie sempre di sorpresa. Già, la sorpresa. Ingrediente incalcolabile della vita, onnipresente, impossibile a sradicare. Ma poi perché eliminarla? La sorpresa ci da anche la gioia di vivere, non solo dolori !
Cosi’ il processo del vivere è pieno di sorprese. Dolci e amare, come dicevo. Tali sorprese sono quelle che ci fanno dire ogni tanto: toh è iniziato qualcosa!, toh, è finito qualcosa!. Ma nella realtà sono sorprese effimere che chiamiamo tali solo per eufemismo, perché non sappiamo come chiamarle altrimenti.
Oggi dunque, è uno di quei giorni che mi chiedo se è l’inizio o la fine di qualcosa, ben consapevole che non è né l’inizio né la fine di niente. I processi continuano inesorabilmente e noi siamo in un otto volante che ci porta su e giu’ ma che poi torna su se stesso e ricominciamo a volteggiare. Proprio come quella canzone dei Beatles “Helter Skelter” che non mi è mai piaciuta ma che ha sempre significato per me qualcosa, questa cosa!

 


 

DIECI PROPOSIZIONI SULL’ECOSISTEMA.

1) Le coscienze dormono... (ripetere 100 volte).

2) La Natura si ribella... (ripetere 100 volte).

3) L Uomo è impotente di fronte alle forze della Natura. (ripetere 100 volte alternando le due precedenti).

4) Si deve pensare al Domani. (ripetere 100 volte ogni 10 secondi).

5) Piu’ si va avanti e peggio è senza porre rimedi. (ripetere con Cadenza Tragica).

6) La Politica è una Merda. (ripetere 100 volte, sempre con Intonazioni differenti).

7) L’Egoismo Umano non ha limiti. (ripetere, ripetere e ripetere, a Volontà!).

8) L’Arte allevia il Dolore ma non puo’ mettersi troppo nel Politico, nel Sociale e nell’Economico, pero’ allo stesso tempo
Non puo’ astrarne. (E’ sufficiente dirlo una volta pero’ molto bene...).

9) Dobbiamo dire tutto questo a Noi stessi ed agli Altri, anche se puo’ sembrare una Noia!... (detto sottovoce come sottofondo).

10) Non devolviamo la responsabilità agli Altri, facciamo nel nostro piccolo quello che individualmente possiamo, senza avvelenarci la Vita, con colpi secchi ma Decisi!!!!! (Non è necessario dirlo, va da sé....)

 

 

 


 

DETTAGLI.

Sapete, è curioso come spesso le cose ci si rivelano. E’ sbalorditiva la forma in cui veniamo spesso a conoscenza delle cose. Spesso ci passa ragionando col nostro cervello e non quello degli altri, e cosi’ la cosa acquista maggior sapore perché ce la siamo creata noi senza intermediari. Bene, tornando alla rivelazione delle cose, sentite come a volte tali cose si associano, si amalgano, si mescolano in un impasto incredibile per dar forma a tutt'altra cosa che quella originale! Meglio di un’avventura di Salgari!.
Dicevo dunque. Alcuni giorni or sono mi torno’ alla mente un ragionamento. Quale sarà la razza emergente in un futuro prossimo? Andiamo per eliminazione. Noi europei ci dividiamo in due specie: i super-organizzati e i latini. I super-organizzati non sono una categoria emergente, appartengono alla decadenza. Loro, se vai un millimetro fuori dei binari si sgomentano e non sanno che pesci prendere e cosi’ perdono, perdono inesorabilmente perché non sanno improvvisare. I latini invece tutto l’opposto, sono tutto sentimento, e col sentimento non c’è forza ma solo debolezza. Le cose non possono proprio andare avanti coi latini, preferiscono mangiare un pezzo di pane ma conservare la loro libertà.
Gli Americani, dal canto loro, erano sono e resteranno degli eterni bambinoni che si credono pragmatici ma in realtà sono una mescolanza di super-organizzato e di romantico. Cosi’ anche loro non possono mantenere le redini del mondo. Lo hanno fatto finora perché rappresentavano una novità ma le novità alla lunga stancano e a ben esaminarle si incontrano tutti i difetti ad essi inerenti.
Ora la grande diatriba è tra gli arabi e i cinesi. Gli arabi hanno un grande difetto: il loro ragionamento gli è dettato dal Corano e allora perché loro devono ragionare di testa loro? Fanno meno fatica a obbedire a quello che gli dice Maometto cosi’ la loro testa si riposa e possono solo pensare ad uccidersi per una causa.
Per quanto riguarda i cinesi io non li conosco. Li vedo passare, e sono già tanti in tutto il mondo, come ombre (cinesi, per l’appunto). Non li sento mai parlare, mai eccitarsi per qualcosa, mai percepire che desiderino qualcosa o qualcuno, eccetera.
Fino a che ieri avevo bisogno di un paio di forbicine per il mio lavoro : un lavoro di precisione che richiede un intaglio di carte e cartoncini minuscolo e quindi andai in una merceria qui in sud-america per comprare qualcosa che confacesse ai miei bisogni. Mi mostrarono vari tipi di forbici ma la piu’ piccola era sempre grande per me (Io ho le mani abbastanza piccole, come quelle dei cinesi per l’appunto). Ad un certo punto la commessa, visto che non poteva soddisfarmi disse: “ Ah! Allora lei ha bisogno di forbicine cinesi!” . Io la guardai stupito come si guarda sempre qualche novità e divenni incuriosito. Mi mostro’ una minuscola scatoletta di circa 3 cm x 1, la apri’ e dentro c’era un groviglio di metallo. Erano le forbicine snodabili che, una volta aperte, si vedono che sono forbicine, ma comunque non rientrano nella nostra categoria di pensiero. Pero’ le dite ci entrarono, pero’ tagliano a meraviglia, e puoi metterti a percorrere millimetri di intaglio con una precisione impressionante, arrotondando, sfilacciando e via di seguito. Il tutto per una modica cifra (in euro circa O.50 centesimi!), mentre le altre costano dieci volte tanto...
Noi italiani, ad esempio, quando abbiamo bisogno di un paio di forbici cosi’ fatte per il nostro lavoro, se non troviamo queste cinesi, ce le facciamo fare a mano. Costano un occhio della testa pero’ sono anche un vanto per la nostra attività. E poi, quello che ne esce fuori dal lavoro si siffatte forbici, è un prodotto altamente costoso, di gran lusso, di “elite”, che non si sa bene se definirlo artistico o artigianale. ( E’ questo dubbio che attanaglia molta gente che spesso non ci fa riflettere su quello che spendiamo!).
Io credo fermamente nell’Arte ma non negli abusi dell’Arte. E questi cinesi ce lo dimostrano. Retaggio di una filosofia comunista ormai obsoleta per cui non c’è niente di unico ma l’unico è moltiplicato per miliardi di pezzi. Retaggio di una mentalità per cui è meglio pagare uno ma vendere mille che pagare mille e vendere uno.
Cosi’ queste formiche avanzano ( le formiche si sa, sono intelligenti! Non so se piu’ o meno di loro ma anche nei nostri riguardi non scherzano...), e la fanno in barba a tutti. E zitti zitti si spargono, si moltiplicano. Zitti zitti avanzano. E per avanzare bisogna sempre pestare i piedi a qualcuno. E loro lo fanno con un tatto incredibile. Di notte ci addormentiamo coi piedi gonfi senza sapere che sono stati loro a pestarceli. Toh ! ho i piedi gonfi ! Chissà perché! Provate a pensarci! (Forse in futuro per tale causa la taglia delle scarpe aumenterà considerevolmente..).
Piano, piano, in silenzio, loro non vogliono insegnarci nulla. Non riempiono i giornali di stupidaggini, di false notizie. Ma piano piano fanno figli, comprano immobili e vendono i loro prodotti, si dilatano. Non salgono sui palchi per convincere la “audience”, non creano lotterie per raccimolare fondi, non piangono se vanno a vivere fuori di casa.
Voglio proprio vedere quando finirà tutta questa sete di petrolio ( e se non è ancora finita è perché non voglio che finisca non perché non possa finire...) cosa succederà nel mondo! Già, ma io probabilmente non ci saro’ piu’. Pero’ sono sicuro che verro’ a saperlo ugualmente. Forse, invece che in una bara ( e scusate l’argomento) di due metri di larghezza con iscrizioni in oro ed una “facciata” in marmo di Carrara, mi sentiro’ un pochino piu’ stretto in un’urna ceneraria...
 

 

 

 

 

 

PROPOSIZIONI PER UN NUOVO ANNO.

 

DALLE ALTE TORRI DEL SILENZIO IO MI MUOVO CON LE ALI DEL PENSIERO E SENZA AGITARMI SCIVOLO SULLA REALTA’ CHE STA LAGGIU’ SOTTO LE NUBI DELL’AMORE E PIU’ GIU’ PIU’ GIU’ DOVE  C’ E’ QUALCOSA E QUALCUNO CHE SI AGITA SENZA SAPERE IL PERCHE’.

NON RAPIDAMENTE MA CON MAGGIOR INTENSITA’ DI PRIMA SPICCO IL VOLO SULLE CITTA’ GRIGIE E INQUINATE PIENE DI GENTE TRISTE ED INFELICE. SEGUO IMPERTERRITO IL MIO VOLO E ATTRAVERSO AMPI SPAZI VERDI ANCH’ESSI PIENI DI GRIGIO. MA IL CIELO NON MI DA LA PACE CHE CERCO PERCHE’ ANCH’   ESSO E’ GRIGIO.

MA TUTTO QUESTO  GRIGIO NON E’ COME IL GRIGIO CHE C’E’ IN PITTURA O IN FOTOGRAFIA . LI’ IL GRIGIO E’ COLORE NON TRISTEZZA DI VITA E SI POSSONO PASSARE ORE AD ACCAREZZARE PIETRE E MARMI COME FOSSE PELLE.

SE DURANTE IL MIO TRAGITTO INCONTRO QUALCHE ESSERE E LO SFIORO E LO TOCCO MI RITRAGGO INORRIDITO PERCHE’ NON AVVERTO PIU’ CHE C’E’ SANGUE DENTRO MA SOLO ORGANI RICOSTRUITI IN LABORATORIO E SE INVECE SONO NATURALI SONO INSENSIBILI.

COSI’ CONTINUO INDEFESSO A SORVOLARE IL CIELO EVITANDO I MOLTEPLICI AEREI CHE  SI INCROCIANO E VANNO SPEDITI VERSO METE INSOLITE PER PORTARE GENTE CHE VUOLE CAMBIARE MA CHE NON LO PUO’ FARE  PERCHE’ NON LO VUOLE. STRANO VERO QUESTO ASSURDO RIVOLTARSI DENTRO SE STESSI IN CERCA DI UNA LUCE CHE NON SI INCONTRA?

STRANI VOLI DELLA MENTE I MIEI IN CUI TUTTO CIRCOLA COME SE NON ESISTESSE LA TERRA IN CUI INVECE TUTTO CIRCOLA SE C’E’ IL DENARO. MOLTO PIU’ ENERGICO DEL PETROLIO IL DENARO MUOVE QUESTO FALSO MONDO IN CUI NON C’E’ PIU’ PACE NEPPURE DOPO LA MORTE.

MA DOV’E’ LA BUONA TERRA IN CUI TUTTO CRESCE PERCHE’ DEVE CRESCERE E MUORE PERCHE’ DEVE MORIRE?

DOVE ABBIAMO LASCIATO I SENSI? E LA VISTA, LA PIU’ INGANNEVOLE DI TUTTI, CI OCCUPA TANTO TEMPO E CHIUDIAMO GLI OCCHI SOLO PER DORMIRE MALE E FARE BRUTTI SOGNI.

ALLORA, ALLORA PERCHE’ VIVERE LA VITA CHE VIVONO TUTTI CREDENDO CHE SIA LA NOSTRA VITA? NON CI APPARTIENE PIU’ NIENTE. COMPRIAMO TUTTO E TUTTI PERO’ NON SIAMO PIU’ PADRONI DI NIENTE. E LA COSA PIU’ TRISTE E’ CHE NON LO SAPPIAMO PERCHE’ SE LO SAPESSIMO TRATTEREMMO DI CAMBIARE : PRINCIPIO DELLA SOPRAVVIVENZA! ED IO CREDO CHE BISOGNA ESSERE PADRONI DI QUALCOSA NEL MENTRE SIAMO VIVI: PADRONI DI NOI STESSI!

ALLORA, ALLORA DALLE ALTI TORRI DEL SILENZIO, DEL MIO SILENZIO, IO MI MUOVO PER SENTIRMI VIVO PERO’ SENZA AGITARMI PERCHE’ TUTTI MI POSSANO VEDERE E QUALCUNO MI POSSA ADORARE E FORSE MOLTI MOLTI MOLTI MI ADORERANNO! E MOLTI MOLTI MOLTI IMPARERANNO AD ADORARE SE STESSI E AD ADORARE GLI ALTRI. CI LIBEREREMO COSI’ DEI FALSI IDOLI CHE CI CIRCONDANO PERCHE’ I VERI IDOLI SIAMO NOI, NOI CON TUTTE LE IMPERFEZIONI UMANE MA INFINE REALI, VERI, UNICI, INSOSTITUIBILI, VERE CREATURE DEL MONDO! FELICE ANNO 2006.

 

 

 

IL GIOCO.

Il gioco, anche se solitario, è una lama a doppio taglio. Mi misuro con le mie forze, mi autocritico, mi approvo e disapprovo, mi amo e mi odio.

Il gioco riposa nella mente come un diavolo nella notte. S’impossessa delle tue forze, ti concentra nelle sue spire, e ti lascia libero dopo averti sfruttato.

Il gioco è una puttana indecente. Vuole sempre di piu’, molto di piu’. Legge nelle tue tasche quanto hai e ti spinge ad andare oltre, ad osare, ad addentrarti nel pericolo.

Il gioco ti accarezza e ti schiaffeggia. Di fronte ad esso non sei mai indifferente. Devi prendere una posizione, non puoi avere dubbi. Devi sbagliare con convinzione.

Il gioco è sado-maso. Ti ferisci e ti ferisce, a seconda del caso. Comunque è sempre per la ricerca della felicità che lo affronti.

Il gioco è una belva feroce. Puo’ essere dolce come un gattino o azzannarti come una fiera.

Lo accarezzi e ti graffia, lo stuzzichi e si diverte con te.

Il gioco è dolce ed amaro allo stesso tempo. Anche le soddisfazioni piu’ grandi hanno il loro risvolto negativo.

Il gioco ti ottunde o potenzia la mente. Puo’ essere una droga pero’ legalizzata.
Il gioco è un’arte. Richiede ispirazione, molto magnetismo, una buona dose di ottimismo, poca umanità.
Il gioco è tutto. Senza il gioco puoi fare a meno di vivere.

 

 

 

 

IO MI VEDO.

 

Io mi vedo in parte quello che veramente sono dentro di me ma solo in parte lógico come capita a tutti a tutti noi.

Io mi vedo e penso a quello che vedono gli altri di me in me come sono io como sono fatto qual’è la mia personalità cosa pensano di me e ognuno sicuro la pensa in modo diverso un pochino o tanto diverso dagli altri.

Chi mi conosce poco vede veramente poco di me e neppure fa uno sforzo per vedere un po’ di piu’ di cio’ che c’è in me.

Chi mi conosce tanto crede di conoscermi tanto ma mi conosce sono un pochino di piu’ di quelli che mi conoscono poco e cosi’ per tutti.

Io non mi vedo allo specchio mi ci riconosco solamente parzialmente e a volte faccio uno sforzo per non vedermi come mi vedo solitamente ma come mi vedrei se mi vedessi con altri occhi.

Io ora cerco negli altri cio’ che vedono in me.

E’ curioso dopo tanti anni chi mai l’avrebbe detto che sarei arrivato a questo esame introspettivo.

Forse se morivo prima non avrei neppure potuto sfiorare il tema ed invece eccomi qui nel momento giusto per chiedermi come mi vedo.
Quando ritorno al mio luogo natio dove ho passato la mia prima giovinezza mi fermo in un punto cruciale di una strada seduto ad un bar e osservo la gente passare e vedo se riconosco qualcuno che conoscevo e se qualcuno che mi conosceva mi riconosce o riconosce comunque qualcosa di me.

Questo desiderio di riconoscere chi mi ha conosciuto dipende proprio dal fatto che l’unico specchio che credo veramente efficace per riconoscere quanlcuno è qualcun altro che ti ha conosciuto prima.

Tali persone sono frammenti di uno specchio insostituibile che nella totalità restituiscono a me a tutti noi l’integrità del nostro riflesso di quello che veramente siamo.

Dentro di noi noi siamo qualcuno e quel qualcuno non lo si potrà mai riconoscere.

Dentro di noi noi siamo una persona una persona che vive nello spazio e tempo a contatto di diverse realtà e di diverse persone.

Cosi’ l’immagine integrale di noi stessi non ci è resa se non a frammenti a cui si aggiunge il frammento piu’ grande che è quello che riconosciamo noi di noi stessi.

Perché vederci è cosi’ difficile proprio non lo giustifico.

Siamo ormai cosi’ distanti dagli animali da essere cosi’ sofisticati nei nostri pensieri ? E se si perché ? E se ci è dato di pensare a quello che sto pensando io in questo scritto perché non tutti lo pensiamo e ce ne rendiamo conto ?  Perché se cosi’ fosse, se veramente ciascuno di noi pensasse che non si puo’ vedere come si dovrebbe vedere sarebbe piu’ umano e comprenderebbe maggiormente se stesso comprendendo maggiormente gli altri.

 

 

 

 

 

SERIO E FACETO.

 

Dove sta questa barriera invisibile che separa il serio dal faceto? Io non me lo domando perché tutto in me, nel mio modo di essere, è rivolto all’ironia. Senza sarcasmo beninteso, perché dove comincia la ferocia umana io mi paralizzo e mi volgo altrove. Questo maledetto sarcasmo che permea la vita di sempre, fatto per gli imbecilli ed i suoi seguaci, che permea le diatribe politiche, che avviluppa il mondo economico, che strazia sentimenti vite e speranze.

Dove sta il senso dell’humor se non nell’intelligenza che tutti noi dobbiamo impiegare per vivere sanamente? La dicotomía dei due valori non ha senso. Ogni elemento preso separatamente è fallace, nocivo. Oltretutto, non deve vivere isolatamente. Prendiamo il primo termine: serio. Dove sta e dove no il serio. Chi ci dice che esite la serietà, che è un valore (hehehe) serio! Io mi comporto seriamente. Il mio passato, il mio studio, il mio amore, è serio! Esempi: “Sto parlandoti seriamente!”, “E’ una cosa seria!”,  “Prendila seriamente”. Meglio quando esiste il dubbio: “Sul serio?” , “Ma davvero?”, pero’ non è sufficiente ugualmente a controbilanciare il peso della parola.

Ora consideriamo il faceto. Esempi: “E’ verità o menzogna?”, “Scherzi o o fai sul serio?”, “Non è la verità!”, “Io ho ragione”, “Dico tanto per ridere”, “Mi piace giocare con le parole”.

Dove sta il limite tra la verità e la menzogna?

Fino a che punto il serio è serio ed il faceto è faceto?.

Chi detta queste regole? Chi interpreta dette parole?

E la responsabilità di sentenziare l’interpretazione di tali definizioni a chi spetta?

Io quando scherzo non scherzo mai solamente e quando sono serio non lo sono totalmente.

Non vi è mai capitato di ascoltarvi parlare?

Non vi sono mai sopraggiunti dei dubbi sul tono di conversazione del vostro interlocutore?

Chi va a fondo nell’essenza di un  comportamento scava nel suo animo e per quanto profondizzi...dove puo’ arrivare? Chi gli dice che il suo giudizio è giusto o errato?

Tutto questo per dire che la vita non va presa troppo sul serio. Che la verità non è oro colato cogli occhi cechi, che le bocche a volte si muovono ed emettono suoni solo perché l’uomo ha il potere di parlare. Altra cosa è l’esprimersi. Altra cosa è il messaggio. Altra cosa è utilizzare l’intelligenza (già perché non siamo solo istinto) per rendere la vita meno razionale, piu’ vivibile, piu’...creativa!

 

Scarabocchi del 28/04/05.

 

 

Il vento era arrivato alla parete nord della roccia.

Il vento era arrivato alla parete nord della roccia. Io stavo li’. Sentivo l’odor della brezza. Era incanto o passione? I sentimenti si accompagnavano abbracciati. Io pensavo. Intanto la penna scivolava metaforicamente scricchiolando sopra la carta inumidita dall’acqua. Era Autunno o Primavera? Dipende, tutto dipende. Per il cuore le stagioni non hanno regole, vanno e vengono anche in uno stesso istante e spesso si confondono. Io soffro di mal di gola. Puo’ essere che tutta quella umidità mi affetti? Gli occhi vagavano. Io ero rondine libera  e gazzella prigioniera, seconda del punto di vista. Il cielo era muto. Se avesse detto qualcosa lo avrei sistemato io! Anni, anni, anni, per giungere a questo stato di cose... Dov’è la roccia se non Lui? E la brezza che mi accarezza non è forse il mio  Amore? Io stavo immobile e recepivo tutte quelle sensazioni. Autunno o  Primavera che fosse   era una stagione nuova per me. Come, dirai,  dopo tanti anni ancora qualcosa di nuovo? Si, io rispondo, c’è qualcosa di nuovo in me. Non posso sbagliarmi  anche se non mi dimentico. E allora, a cosa ti servono gli anni ? Tu puoi domandarmi. Ma per aprirmi di piu’ , mon cher ami, solo per quello !  Oscar Wild offri’ tutta la sua vita a un uomo, io no ! Varie brezze già sono soffiate su di me, nessuna come questa pero’ ha saputo trascinarmi via da Lui, Eolo, che sta soffiando da varie parti. Io sto scrivendo dal mio punto di vista. La ragione segue il suo iter. Sono forse un uomo finito? Devo considerare la mia vita conclusa? L’età chiude un altro capitolo della mia era? No,no,no. Cosi’ il vento era arrivato al mio zenith, io fissavo tutto quel movimento in cui mi trovavo coinvolto ed in cui ero trascinato, in tutti i sensi! Sentivo che c’era qualcosa di nuovo preparato per me, fatto apposta per me. Non avevo problemi ad accettarlo. Ora non avevo piu’ problemi perché il tempo li aveva spazzati via aiutato dal vento. Da quel vento che ora soffiava forte in me e che in breve mi avrebbe portato a vivere in un’altra dimensione....

 

 

 

 

 

UN MENTRE CHE NON E’ UN ATTIMO .

 

Se sei in viaggio stai andando. Se cosi’ è non sei fermo. E se cosi’ è il tempo passa. Se passa il tempo c’è evoluzione e se c’è evoluzione c’è un prima, un dopo ed un durante.

Gli attimi si susseguono. Non è un solo attimo. Non sbagliare ! Il fatto di transitare non significa essere statici, percio’ il tempo passa. Passa e attimo dopo attimo si trasforma. E costituisce il viaggio. Almeno nel caso. Il viaggio passa, si. Come inizia, finisce. Ma non è un attimo. Il tempo puo’ variare, dipende. C’è viaggio e viaggio come c’è attimo e attimo. Uno stesso viaggio non è uguale ad uno stesso viaggio. Uno stesso attimo invece non esiste.

Io ho un attimo, tu anche, lui anche.Tutti diversi con attimi diversi.

Facciamo un viaggio, io tu e lui. E’ lo stesso viaggio. Ma ognuno fa il proprio viaggio.

Un attimo è un attimo per me, cosi’ come un viaggio, ma la sostanza è diversa.

Io vivo la mia vita, i miei attimi, i miei viaggi.

La mia vita non la posso quantificare perché la sto vivendo.

I miei attimi sono talmente tanti…ma cosa s’intende per attimo ? Non è una domanda.

I miei viaggi sono un numero limitato. Li posso contare : uno, due, tre, etc., anche con le dita delle mani.

Posso qualificare i miei viaggi, i miei attimi, la mia vita ?

Nessuno ci puo’ riuscire, per quanto ci provi. Pero’ è una bella esperienza…

Io sto andando, il viaggio prosegue, piu’ o meno velocemente.

Posso considerare, sentire, misurare, i miei attimi, se ci provo. La lunghezza e la velocità dipende.

Io ora sono in viaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTENSO.

Intenso è quando senti il cuore alla gola ed una incipiente emicrania. Intenso è quando cio’ che dici ha un peso e non scivola nel vuoto. Intenso. Intenso è quando entri in una chiesa gotica e, anche senza essere credente, ti senti convolto in una sacralità millenaria frutto dello spirito della collettività. Intenso come il profondo del mare, che è anche il fondo del cuore, dove s’annidano i sentimenti piu’ autentici; un pozzo in cui è difficile vederne il fondo, ma se riesci a vederlo raggiungi uno stato di grazia. Intenso è tutto. In cerca di una vita che abbia  significato  scavi profondamente la fossa della realta per scoprire i sogni  che vi giacciono. Tutto l’autentico è intenso, anche se è difficile togliere la maschera della menzogna che ci copre! Intensa è un’immagine inesistente che nessun fotografo potrà mai realizzare. Dovrebbe coprire tutti gli angoli, tutte le prospettive, tutti i punti di vista, per essere di un’intensità obbiettiva. Dove sta l’intenso ? Qual’è il suo regno? Dove un pellegrino di oggi dovrebbe dirigersi per essere sulla sua strada ? Quella che una volta era una foresta ora è una pietriera senz’anima dove ingialliscono anche le pietre. Un momento intenso, solo un momento! Mi pare di sentir gridare da una folla cosciente a mo’ dei cori grechi! Ma la coscienza si perde come i dolci ricordi e cio’ che resta è una manciata di realta che non serve neppure alle formiche, figuriamoci al cosmo! Cosi’, cosi’, i veri momenti di vita, gli unici degni di essere vissuti, si diradano lasciando il posto a rumori scomposti, visioni celestiali fatte di cartapesta, sentimenti di un attimo, memorie da best-sellers... L’intenso, ancora io posso sentirlo perché appartengo ad un’altra generazione, alla decade felice della ressurezione del post-guerra. Ma quando vedo dissanguata la vita d’oggi, quando anche senza cercarla ma imbattendomici contatto la nuova era, mi dico che l’intenso è finito.    

 

 

 

 

 

Cara vernice fresca.

Cara vernice fresca. Mi hanno fatto il tuo nome. Mi hanno detto che sei delle migliori. Mi hanno  indicato anche come applicarti, conservarti, proteggerti e proteggere chi vai a coprire. Cara vernice fresca, cara metáfora. Di quando in quando devo cambiarti perché il vecchio e usato stanca. A volte non mi piace piu’ il colore, altre cambia il contesto in cui tu sei messa. Anche questo succede. Oggi, ho dato una mano di vernice fresca alla mia vita, ai miei sentimenti. E’ tempo che dovevo farlo. Mi sono deciso oggi perché mi hanno fatto il tuo nome. Mi hanno detto che sei delle migliori. Mi hanno indicato anche come applicarti... ah! Ma dove eravamo? Devo tornare indietro. Cara vernice fresca...

 

Uno stato d’animo.

Uno stato d’animo non è mai puro. Puo’ essere che inizi incontaminato, entusiasmato o causato da una impellente necessita’  di affiorare, questo si. Ma in breve, come si ossida un metallo, si contamina coi pensieri, con l’esperienza, con la storia di Uno, corta o lunga che sia. Uno stato d’animo, idealmente, è sublime. Tutto cio’ che non è contagiato dalla vita ha tale prerogativa. Ma non si vive di ideali. Esiste la realtà e l’immaginazione. A che parte vuoi partecipare? Sta a te decidere. O puoi decidere di volta in volta, e abbandonarti all’una o all’altra tendenza a seconda dei tuoi gusti ed esigenze. Il mondo reale è crudo. Se stai attaccato ad esso passi una vita piena di tristi episodi, di dolori, di angosce, di tragedie in poche parole, di momenti di felicità assai rari. Pero’ hai il vantaggio che sai che quella è la vita, la vera vita, se cio’ ti fa piacere! Questa orientazione ti porta a lavori materiali (piu’ che manuali), o a discipline scientifiche e tecniche. Fa si che tratti di condurre una vita cosidetta normale, che cerchi il plauso della società, che ti comporti moralmente “bene”, che non dai adito a pettegolezzi, che credi in Dio, nella Patria, nella Política, eccetera.  Il mondo immaginario è fittizio. Se non sei pazzo, sai che è frutto della tua fantasia. Li’ non c’è limite per costruirtelo a tua immagine e somiglianza. Puoi scegliere. Puoi sognare. Il mondo immaginario non ha capo ne’ coda, questo è vero, ma ti dona momenti di vera felicità. Ti allontana dalle preoccupazioni quotidiane. Tu, per seguirlo, devi fare una vita se non sregolata perlomeno irregolare. La tua vocazione è verso il mondo delle Arti nell’estensione del termine. Il tuo comportamento è originale, o eccéntrico. Sei ai margini della società, vivi una vita a parte e non ne sei integrato. I tuoi problemi non sono quelli di tutti, sono tuoi, di pochi altri e basta. Uno stato d’animo inizia istintivamente, non evocato. Sicuramente provocato dal tuo carattere e dalla tua personalità. Inizia muto. Dopo incontra le parole. Dopo incontra il ragionamento. Mano a mano che trascorre il tempo, si metamorfosa, nel bene e  nel male. Puo’ crescere nell’ovatta e sulla nuda terra. Puo’ vestirsi elegantemente o di cenci. Puo’ sopravvivere o morire. Comunque, uno stato d’animo è sempre destinato a modificarsi, e nella trasformazione cambiarsi in sentimento, buono o malo che sia. La larva dunque diventa bruco e comincia a vivere la sua vera vita. Ma, per tornare all’origine della questione: si riconosce sempre uno stato d’animo? O puo’ essere frainteso, mal interpretato, erróneamente letto e, per tutto cio’, portare a conseguenze errate se non disastrose? Chiaro che si! Questa è una causa di tanti mali nel mondo. Non saper interpretare uno stato d’animo è come conoscersi. Certo, non ci si conosce  mai totalmente, pero’ spesso non si fa niente per correggersi! Cosi’ si prendono nella vita delle strade errate, si alimenta il  male del mondo, ci si equivoca. Mi auguro questo non capiti a nessuno di noi! 

 

 

 

 

 

SAGGIO SULLA RICERCA DEL BENE

Ho cercato di fare del bene. Ho cercato e continuo a cercare. La mia ricerca finora è stata vana: a chi ho voluto fare del bene non l'ha accettato, o meglio se n'è fregato e mi ha lasciato.

Ho sempre rifiutato di ricevere ricompense e ringraziamenti da chi ho voluto fare del bene. Si, perché in un primo momento riconoscono che gli voglio fare del bene e sembra che lo accettino, ma poi lo rifiutano.

C'è tanta gente al mondo che ha bisogno che gli facciano del bene e tra queste quelle che io scelgo per fargli del bene. Non so proprio perché non accettano. Io quando faccio del bene lo faccio per amore. Loro ovviamente rifiutano il mio amore a quindi cio' che io gli offro.

C'è tanta gente al mondo che ha bisogno di essere amata e tra questi quelli che io scelgo di amare. Perché loro rifiutano il mio amore non lo so. Io do loro amore come glielo da qualunque altro anzi di più!. Sara' quel "di più" che fa si che loro non accettino il mio amore? Non è una domanda. Loro non accettano l'amore in eccedenza. Si, perché oggi esiste anche questo. Soppesare, valutare, la quantità di amore offerto e se troppo scartarlo in blocco. Io non so come valorizzare tale eccedenza di amore. Comunque è vero, eccedo in tal senso e divento perfino ossessivo. Già l'amore non deve essere ossessivo. Si deve dare in piccole dosi, per non turbare i cuori e le coscienze!  Mi pare di parlare di un veleno invece che di un toccasana! Ma bisogna adattarsi ai tempi. La gente non parla più: ha finito di parlare. Quando è stanca molla tutto e se ne va! Non c'è più il tempo dI riflettere sulle cose. Neppure prende le valigie come una volta! Semplicemente se ne va, scompare e non se ne sa più nulla. Anzi, se solo cercate di rintracciarla, contattarla, ubicarla, produrrete l'effetto contrario! VI ODIERA'! Comunque non fatevene un cruccio perché comunque sia non rimarrete nei loro pensieri. Semplicemente svanirete nel nulla della loro esistenza e verrete "coperti" da altri che si susseguiranno.

Io continuero' a cercare di fare del bene e vi giuro che se tornassero quelle persone che mi han no rifiutato glielo riproporrei perché continuo ad amarle e ricordarle. Ma è solo un vaniloquio. La legge del non-ritorno è irreversibile. Ormai non si "perdona" più niente e nessuno (dal film "Dio perdona io no!"). Ma che, sto scherzando? Chi ha detto che si propongano un eventuale perdono, un eventuale pentimento, nelle loro azioni.

La gente non ama più, lo sento. Ha perso il gusto di amare. Posso sembrare presuntuoso e mi chiederete: "Perché tu no e noi si?"( o tu si e noi no dipende da come si interpreta la domanda). Domanda interessante (per Voi) e che necessita una risposta. La mia età è quella del post-guerra (seconda, non scherzate!). Le immagini di bimbo che mi si affacciano alla memoria sono quelle di una vita di valori, valori irrimediabilmente perduti. Tali valori, anche se si studiano a scuola si imparano come le lettere dell'alfabeto (le tabelline già non esistono più!). Ma i valori non si apprendono, bisogna portarli dalla nascita dentro di sé! Cosi', quando si imparano i Valori, si imparano a memoria, come una poesia di tanti anni fa, mettiamo "La cavallina storna", tanto per buttarne giu' una!. Io mi trascino questo peso addosso perché vivo una vita contemporanea pero' non  trovo a chi scaricare questo malloppo che comincia a pesarmi sempre piu' (Anche se non mi ritengo vecchio!). Oppure si? Sono vecchio perché sono pieno di Valori?

Io non solo continuo ad avere energia ma speranza. Speranza che dal "mucchio" salga qualcuno che accetti la mia proposta. La quantifichi ma la accetti, per diana! Forse nel pacchetto ci sarà anche un poco di spazzatura, come in tutto, ma un briciolo di intelligenza questo qualcuno ce l'avrà pure, no? Sarà in grado di valutare quello che merita e non merita!. Io non mi ritengo una persona perfetta, anzi! percio' dovro' pure sbagliare anch'io, non vi pare?

Beh, ora mi sono stancato di fare del bene. Ma solo per ora beninteso! Tra qualche minuto riprendo all'attacco!.... 
 

 

 

 

 

 

 

Saggio sull'Identità delle Parole.

Sapete, è veramente strano come le parole, ossia i nomi dati alle cose, per la maggior parte non abbiano un'Identità! Io reputo che sia questa la causa della maledizione dell'Uomo! Assai più della mela e del serpente. Infatti il fraintendimento è l'origine di tanti mali dell'Umanità da sempre. Ben pochi nomi dati alle cose dunque arrivano al segno! Spesso sono delle aprossimazioni e per questo causano più danni che benefici. Faccio alcuni esempi. Se io dico CIELO, non voglio dire niente, perchè il cielo puo' essere azzurro o grigio, terreno o sovrumano, bello o brutto, pulito o inquinato, disastroso o fausto, eccetera. Se dico CASA, puo' essere una catapecchia o una villa, una casa ostile o amica, a parte del bella o brutta o casachenonhoechevorreiavere, o casa di cui nehopienele... Se dico AMORE, amore puo' essere piccolo o grande, felice o infelice, dolce o amaro e cosi' via. Credo veramente che ci siano ben poche parole che identifichino chiaramente qualcosa. Forse si possono contare nelle dita di una o due o, se mi prestate una vostra, tre mani, ma non di più! Un nome che non da alcun dubbio sulla sua Identità ad esempio è SANGUE. Già, il sangue è sangue e non ci sono altri termini per definirlo meglio. Il sangue è rosso, il sangue è sangue vivo, il sangue scorre, anche se a volte anzi spesso scorre dove non dovrebbe scorrere!  Il sangue è vita, ma anche se è morte è sempre vivo! Cosi' getto una pietra a favore dei nomi che hanno un' Identità! Per ora non ve ne rivelo altri. Lascio anche a voi riflettere sull'Identità dei nomi e sulla scoperta della loro validità o no! Saluti a tutti.

 

 

 

 

 

SUL TEMPO.

Il Tempo non è uguale per tutti. Tra le molte distinzioni che si possono fare ce n'è una che ho sperimentato personalmente e che vi racconto. Esiste un Tempo per i luoghi caldi ed uno per i luoghi freddi. Ossia il Tempo varia in relazione a qualità Spaziali. Ed ora mi spiego.

Al Caldo, io non posso pensare a domani. Non posso pensare ad organizzarmi. Né tantomeno al futuro. Al Caldo devo pensare al presente. A cio' che mi si affronta ora, in questo momento. E come faccio a superare qualsiasi cosa. Che richiede molto piu' sforzo che al freddo. Al caldo si devono riunire tutte le forze per superare qualcosa, pero' quando cio' si supera lo si fa molto bene. Solo che poi ne rimani esausto e non puoi poi immediatamente dopo superare qualcosaltro. Devi aspettare. Al caldo non puoi dire: domani alle quattro faccio tal cosa. Se lo dici sai di mentire. Al caldo non si dice mentire, si dice esagerare. Ed è vero. Al caldo si esagera. Al caldo non si puo' dire: per sempre. Tutto è relativo, nulla è fermo, stabile. Tutto si muove. Niente è statico, anche se le apparenze a volte ingannano. Al Caldo. Al caldo devi aspettare. E farlo senza stressarti o arrabbiarti. Devi semplicemente farlo e basta. Non c'è niente e nessuno che possa cambiare questo stato di cose. Devi accettare la realtà come è. Senza rassegnazione. Con molta saggezza devi lasciarti andare e lasciandoti andare fare e fare molto anche. Al caldo si fa molto ma in silenzio, quasi impercettibilmente. Al caldo una tragedia si supera molto piu' degnamente anche se non sembra. E il caldo fa il pieno di tragedie. Al Caldo dai spazio alla Creatività del tuo tempo. Al Caldo i frutti sono più saporiti e crescono piu' facilmente. Non sembra? Puo' sembrare una domanda ma non lo è perchè non ha bisogno di risposta. I frutti sono anche i figli, perché no. E guardate come nascono e crescono! Certo che nell'impeto dello sviluppo i frutti possono marcire piu' rapidamente, od essere colti da mani fameliche. Ma poco importa. I frutti sono di tutti perché tutti siamo di questo mondo. Ed il mondo è di tutti. Al caldo siamo tutti fratelli e quando non lo siamo scorre sangue. Al caldo. Al caldo i ricchi rubano per dare ai poveri e rubano ai poveri naturalmente. Ma tutto è cosi' naturale e normale che è logico. Al caldo non si dice mai addio, anche se da certa letteratura mala cosi' puo' sembrare. Non ci si vede piu' e basta senza tante storie. Ah già, dimenticavo: la Storia! Al caldo non si da importanza alla Storia, nè alle storie, né tantomeno agli archivi storici. Ossia al Passato in generale. Il passato c'è, è li', ma non riveste alcuna importanza. A volte le apparenze possono dirci il contrario. Ma non fidiamoci delle Apparenze! Il passato è la facciata di una casa da cui uno al caldo si affaccia e non rientra mai. Al caldo si è alle Porte del Sole, si sa. Ce lo dicono tutte le canzoni. Anche se sono piu' che canzoni. Ma lasciamo stare. Mi fermo qui su alcune delle mie considerazioni sul caldo e sul tempo al caldo. Naturalmente il freddo è esattamente il contrario e non staro' qui a dilungarmi per dirvi che dove ho scritto NO per il caldo è SI per il freddo, e viceversa. Saluti Cari.
 

 

 

 

 

 

SAGGIO SULLA NASCITA DELL'ESISTENZA.

Sempre mi ha affascinato, come artista che sono, quello che ci sta tra lo zero e l'uno. Sempre sono stato soggiogato dalla Matematica, da Pitagora e dal Sistema Cartesiano.

I due valori in sé, in questo caso, non hanno grande rilevanza: lo zero e l'uno infatti sono numeri già densi di significati e di valori per essere criticati. Lo zero sarà oggetto di un'altra indagine che presto approfondiro' per il suo significato del Nulla. Dell'uno ne parlo continuamente: è l'Essenza della vita.

Ma quel mondo oscuro, magico ed impenetrabile che popola l'intervallo tra i due valori, quello è tuttaltra cosa!. Nel regno Metafisico in cui dal niente si giunge alla perfezione è di una eccezionale rilevanza investigativa. Il passaggio dalla Non-Esistenza al suo concretizzarsi infatti è l'evoluzione che permea il significato della Vita. Dove finisce l''uno e dove comincia l'altro? Questa non è una domanda bensi' una mia affermazione interrogativa...

Restando nel campo semplicemente numerico, che segni dare a quei valori che stanno tra lo zero e l'uno? Perché tali valori sappiamo bene che esistono, pero' non sappiamo enunciarli! Eppure abbiamo avuto tutto il tempo possibile a nostra disposizione (duemila anni di civiltà) per poter riflettere su tale enunciato, ma niente, o, come si suol dire, zero assoluto!. Possiamo dire 0+, o 0++ eccetera? Possiamo dire 1-, 1-- eccetera? No, sono fermamente convinto che tali definizioni non acclarano il nostro problema. La densità dei vari graduali passaggi, l'impercettibile differenza tra le innumerevoli scansioni, è ancora tutta da vedere!

Io qui mi pongo semplicemente da osservatore, ossia scaglio la prima pietra a favore di un Progetto, sia esso scientifico, artistico che  Metafisico. Propongo a tutti noi di riflettere su tale problema (perché la vita è un problema), di spremere le meningi fino a che nasca qualcosa di veramente concreto e si sveli cosi', poco a poco, il segreto di tale incognita matematico-esistenziale.

(perché no?)    

 

 

 

 

 

PRIMA, OSSIA FRA ¨POCO .

 

Fra poco è inesatto ma serve a dare un’idea. Fra poco è facile da dire, altre cose no. Fra poco chissà quel che succederà. Fra poco mi aspetto qualcosa. Avverrà ? Dipende da olti fattori. Io mi sono preparato e mi sto preparando a questo fra poco. Non si è preparati mai abbastanza, questo si, ma con un certo impegno ci si prepara meglio. Ho dato un tempo a questo fra poco. E’ il tempo di scrivere cio’ che sto scrivendo. Una mezzora diciamo. Anzi, ventinove minuti. Fra poco, poco a poco, scompare, questo si. Il fra poco, questo mio fra poco, è relativo. Ventotto minuti. Come cambia. Adesso ad esempio devo fare una pausa.

 Adesso mancano venticinque minuti.  Adesso sono un po’ nervoso per questi minuti che passano. Dovro’ lasciare di scrivere almeno cinque minuti prima. Ventiquattro minuti. Mi piace scrivere nel momento si verifica una cosa, facile da capire. Una cosache è sicuro che si verifica. Poi, se si verifica anche tutto il resto che è pianificato all’arrivo del fra poco, ancora meglio. Ventidueminuti. Spero che vada tutto secondo i miei piani. Mi piace pianificare, facile, no ? Non mi piacciono le sorprese, soprattutto quelle dell’ultimo minuto. Io non faccio tale tipo di sorprese e neppure voglio che me le facciano. Ma a volte è inevitabile. Altra pausa. Mancano diaciannove minuti. Pianifico ma poi improvviso. Anche questa è una mia prerogativa. Niente avviene con le parole che penso di dire, coi gesti che penso di fare. Tutto distinto. Cambio al momento. Altrimenti trovo la pianificazione assai monotona. E voi non trovate ? Diciotto minuti. Il fra poco cambia facendosi sempre piu’ vicino e pian piano scomparendo. Chissà cosa succederà. Mah ! Intanto mancano diciassette minuti al momento. E’ uno strano appuntamento che si verifica quando si è distanti e non si puo’ essere fisicamente vicini o in un altro luogo. Sedici minuti. Forse non sono proprio originale, chissà se altri hanno scritto quello che sto provando io in questo momento e in questo stile. A me piace. Piace anche pensare al fra poco scrivendo, mi toglie dall’ansia, mi rilassa. Sedici minuti. Fra poco, quando arrivi ? Adesso sono un  po’ piu’ impaziente di prima. Strano come i minuti possono essere lunghi o brevi a seconda di come si vivono. Tredici minuti. E’ stato un pensiero un po’ piu’ lungo degli altri. Poi tutto mi passa. Poi dopo mi diro’ meno male che è passato il fra poco martirizzante di ora. Dodici minuti. Il bello è che non scrivo tanto per scrivere, per riempire questo spazio vuoto, ma proprio per necessità. Mi sento invaso dall’attesa del fra poco. Ed il fra poco sta per arrivare tra undici minuti esatti e sparirà dalla mia esistenza. Che bello ! Dieci minuti. Gli ultimi cinque, ve l’ho già detto, non sono da contare. Stacco tra cinque minuti. Adesso che siamo vicini alla fine mi sento piu’ sereno. Nove minuti. Ma è un’esagerazione la mia. Si, perché i piace esagerare, ne sono cosciente. Cosa volete farci ? A ciascuno i propri difetti. Otto. Il tempo stringe e penso già a come dovrei prepararmi. Ma a che vale ? Tanto poi la cosa avverrà totalmente improvvisata . Pausa. Per un incidente tecnico la pausa è durata piu’ del pensato, cosi sono costretto a salutarmi perché il fra poco è finito.

 

 

 

 

DURANTE, OSSIA NEL MENTRE .

 

Piu’ facile parlare del prima e del dopo che del durante. Infatti durante non è mai durante : puo’ essere anche un attimo prima o dopo ma mai durante. Invece durante esiste, anzi, è molto piu’ importante degli altri due. Il durante infatti è la vita, la vita che si svolge, che mano a mano evolve e in cui si cresce continuamente fino alla fine.

Parlo dunque di un durante visto a posteriori, di un durante passato.

Ma se voglio parlare di un durante vissuto durante, devo parlare di questo istante in cuis to formulando questo scritto lettera  dopo lettera, parola dopo parola, frase dopo frase, periodo dopo periodo.

Un durante in cui tutto è importante, nei suoi minimi dettagli. Tutto cio’ che passa durante è di una grande importanza. Assume un’importanza enorme, molto molto maggiore di quello che sarebbe se fosse prima o dopo. Questo perché durante è tanto vitale, fresco, naturale, che è un fattore molto positivo. Infatti tutto cio’ che va avanti va in progresso ed il progresso è un miglioramento di qualcosa .

Qualsiasi cosa si porti avanti è un processo inevitabile. Gli stessi errori fanno parte del progresso. Facendoci forti degli errori commessi ci correggiamo e miglioramo il nostro futuro. Non c’è da parlare molto sull’istante. Molti lo hanno già fatto in un passato recente o remoto e alcuni molto meglio di me. Parlo di Bergson, ad esempio, la cui filosofia permea la mia vita ed il mio lavoro. Operando infatti nella fotografia, fatta di fotogrammi uno dietro l’altro che insieme compongono gesti e vicende, questo processo mi pare molto naturale, molto piu’ naturale che ad altri.

Qui pero’ mi preme sottolineare l’attimo emozionale. Tale attimo non è fatto di numeri come il razionale ma di sensazioni. Dovessi visualizzare un attimo razionale lo farei con linee spezzate e continue, mentre invece l’irrazionale con curve, sempre continue.

Difficile spezzare e isolare un attimo di emozioni, mentre quello razionale puo’ frammentarsi all’infinito.

L’attimo emozionale non si vive in continuazione. Sarebbe bello vivere di questo ma a lungo andare porterebbe alla follia o al suicidio. Durante questo attimo passano indefinite cose, parecchie delle quali inclassificabili. Non tutto si puo’ dire con la parola. Ma il durante emozionale è fatto anche di silenzi, silenzi pieni di significati, silenzi da decifrare, silenzi creativi. Questo è quanto volevo dire circa il durante cioè l’attimo.
N .B .  Ho scritto Durante dopo il Prima ed il Dopo. L’idea mi è venuta man mano che svolgevo ogni singolo tema. Esso va a completare la trilogia del tempo. Finis.

 

 

 

 

 

 

DOPO. (frammenti).

 

E’ facile dire dopo. Ma dopo è dopo. Prima c’è stato un fra poco e poi c’è un dopo. Tra uno e l’altro c’è una scintilla imprevedibile. Una esplosione. Un frangersi di quel qualcosa che è l’atto. Ma questa è un’altra cosa. Ora c’è il dopo. Il dopo ti puo’ lasciare del fra poco un’infinità di cose. Oppure non ti  puo’ lasciare niente. Ma è piu’ facile che pur qualcosa sia rimasto, per lo meno è auspicabile, nel bene e nel male. Tanta attesa altrimenti risulterebbe sprecata. Sia quel che sia ! Qualcosa deve essere successa. Altrimenti dove sta l’esperienza ? Io credo nell’esperienza. In qualcosa bisogna credere, no ? Ma forse io credo in troppe cose, tranne forse quelle in cui credono molti. Ma lasciamo stare. Il dopo è dunque il verificarsi di un attimo atteso. Molti attimi infatti passano inosservati. Ci scivolano da addosso come una sciarpa di seta. Che bello lasciarsi scivolare l’attimo, gli attimi. Pero’ ci vogliono anche quelli che contano ! Sono quelli che fanno della vita un’esperienza degna di essere vissuta. Nel bene e nel male, dicevo. Già. Non tutte le attese sono belle o positive o piacevoli. Ma tant’è che ci sono e bisogna accettarle. Poi, una volta che finiscono, si dice : beh ora siamo al dopo ! Tanto ci sono tanti dopo !  Non è mica l’unico ! E poi non dobbiamo esagerare a considerare un nostro dopo un dopo piu’ particolare di quello degli altri. Beh, naturalmente ci sono dopo molti importanti. Alcuni sono piu’ importanti del loro prima e del loro verificarsi, altri no. Come si puo’ classificare un dopo ? Ha molte sfaccettature. E’ come dire di definire uno stato d’animo. O anche un colore, se vogliamo. Per alcuni, tra i quali io, classificare questi ultimi è piu’ facile perché fanno parte del mio talento. Che dire ? Non per tutti è cosi’. Il dopo pero’ è  rilassante mentre il prima è stressante. Vedete come si cominciano a scoprire le qualità del dopo ? Sondando. Il dopo non occupa tanto spazio nella nostra vita perché subito dopo arriva un altro prima e gli da un calcio che lo butta fuori di scena ! Povero dopo, dopo tanta attesa essere scalzato via cosi’ !  Ma che ci volete fare, cosi’ è la vita. Frase banale ma utile. Utile per andare avanti intendo. Per l’appunto. L’andare avanti. E’ la causa dell’eliminazione del dopo. Come è nato muore, come tutto. Ma il dopo non muore perché lo si puo’ applicare ad altri dopo. Cosi’ si rinnova. Torna fresco ad affacciarsi alla nostra vita. E cosi’ via.

 

 

Il cambio

 

Sento che ci sarà un altro gran cambiamento nella mia vita. Sento, e l’esperienza mi aiuta, che sarà un fattore positivo per il moi futuro. Sento di amare . Sento che questo amore è corrisposto. Sento.

Lo sento dalla voce, lo sento. Non è un presagio magico, è una constatazione effettiva. Sento di aver ragione. Me lo dico e me lo ripeto. Lo sento, lo sento !

Man mano che i giorni passano, che il cambio si avvicina, sento come un formicolio alla bocca della stomaco. Non è la prima volta. Già lo riconosco facilmente.  Non è il primo cambio, anche se ogni cambio è diverso dall’altro. Sento che questo cambio  apporterà fortuna e felicità a me, a chi mi sta accanto, alla persona che mi farà cambiare e che a sua volta cambierà : sicuramente piu’ di me !

Cambiare non è facile, questo è certo. Ma io sono fatto cosi’ ! Ogni tanto necessito un cambio. Lo cerco disperatamente o inconsciamente e quando viene mi dico : ecco questo è il cambio che cercavo !

Sento che bisogna aver fiducia nei cambiamenti. Sento che a tutti ci apportano una ventata di vita nuova, di vita vera. A costo che sia l’ultimo cambio… Ma uno questo non lo sa mai. Io non lo so mai. Continuo continuamente a desiderare cambi e quando arrivano mi dico : è proprio il cambio che sentivo e desideravo….Finalmente l’altro cambio ! Quello che sentivo si è avverato. Evviva il cambio !

 

 

 

VIRGOLE.

                                             

Sai, devi guardarti dalle virgole. Non solo in letteratura ma anche nella vita.

Se  non metti le virgole al punto giusto, le metti nel punto sbagliato, anche se sono al punto giusto. Chi legge la frase, chi costruisce la propria vita, sei tu, nessun altro che tu: nella  tua mente, nella tua fantasia, nei tuoi pensieri e nelle tue azioni.

Vedi, puo’ essere che ci sia una virgola, scritta o vissuta, e tu non la leggi, non la riconosci. La puoi omettere e cosi’ continui a vivere come se niente fosse. Oppure la puoi spostare: un po’ piu’ in qua, un po’ piu’ in la’, e cosa ti succede? Succede che ti cambia tutto. Puo’ cambiarti il significato di un periodo o quello della vita. E’ un equivoco, ma sono proprio gli equivoci che ci sommergono! Un equivoco da’ un risvolto, una piega diversa alla tua esistenza. Puo’ addirittura farti fraintendere la storia! Si, perche’ la Storia e’ piena di equivoci, decifrati o indecifrati o indecifrabili. Di equivoci e’ piena la vita, che e’ fatta di imprevisti, cioe’ di virgole messe in un altro posto che non e’ quello in cui dovevano essere messe.

E’ come quando giochi agli scacchi e fai una mossa invece di un’altra. L’azione puo’ dar luogo ad un errore o puo’ esserti di aiuto se non addirittura marcare la tua vittoria o la tua sconfitta. La virgola non e’ un punto. Col punto qualcosa o qualcuno finisce. La virgola e’ solo l’interruzione, la pausa, di una continuita’. E’ un respiro, preso per poi riprendere la corsa fino ad una successiva interiezione . Un punto e’ definito e definitivo. Non ci sono dubbi dove va a cadere il punto. C’e’ una fine, anche se solo momentánea, a volte.. Invece con la virgola, con una virgola, non c’e’ mai una fine. Tutto e’ in evoluzione, nel suo sviluppo. Puo’ essere in varie fasi, questo si. Puo’ essere ad un inizio, un po’ piu’ dell’inizio, o ancora piu’ avanti, o piu’ in la’ che di qua, o quasi alla fine. In tanti frammenti cioe’, che variano col variare di un periodo, di uno stile, o di una vita, naturalmente!

Io personalmente amo le virgole ma quelle non scritte. Le scritte non le giudico ma le aborro. Amo le virgole non obblígate,  non imposte. Amo le virgole che ognuno di noi a suo giudizio pone perche’ deve ponerle in quanto deve respirare, altrimenti a che serve ad un Uomo respirare?. Una virgola dunque e’ un respiro. Lo sanno bene i fini dicitori, gli oratori e altri. E’ incantevole sentirli, a prescindere da cio’ che dicono, come lo dicono. Come e’ altrettanto interessante vedere e vivere lo svolgimento della propria vita e di quella degli altri.

Una virgola. Oh se potessi chiarirvi ancor meglio cio’ che sento, l’amore che provo, per una virgola!. Ma sono certo che il tentativo e’ vano. Io sono io, non sono voi, e sto scrivendo per me stesso e per coloro che entrano in mia sintonia. Ciascuno, a suo modo, deve imparare a capire il senso delle virgole, nella scrittura come nella vita.

Forse e’ un travaglio che impegna tutta la vita, meravigliosa perche’ imperfetta. Poi si arriva ad un punto... in cui non ci sono piu’ virgole! Sono tutte finite, interrotte bruscamente. Ci rimane solo un enigmatico punto da definire per sempre. Punto.

di Giuliano Bartolozzi

 

 

 

 

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