Davide Rondoni

Davide Rondoni, nato a Forlì nel 1964, ha pubblicato diversi volumi di poesia tra cui "Il bar del tempo" (Guanda 1999)  "Non sei morto, amore" (I quaderni del Battello Ebbro, 2001) "Avrebbe amato chiunque" (Ed. Guanda 2003).
Suoi saggi e interventi sono raccolti in "Non una vita soltanto" (Marietti, 2002).
Ha fondato il Centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e dirige la rivista "clanDestino".
Autore di testi teatrali e di trasmissioni televisive di letteratura, ha tradotto Rimbaud, Baudelaire, Pèguy e curato una versione dei Salmi (Marietti, 1999).
Ha firmato insieme a Franco Loi un'antologia della poesia italiana contemporanea, "Il pensiero dominante" (Garzanti, 2001).Il suo sito internet è:
http://www.daviderondoni.it

Recensione al volume "Avrebbe amato chiunque"  da "Luigi38"

Da "Il bar del tempo" Da "Avrebbe amato chiunque"

 

 

Da "Il bar del tempo"

 

Io non voglio diventare vecchio

 

Io non voglio diventare vecchio
perché lo sono già stato mille volte
e so già il buio e quella vile tempesta.

Ora che piango come vidi
pianger mio padre,
la stessa ruga e la testa
abbattuta, piena di sgomento,
imparo che la giovinezza non corre
nelle sorprese del sangue
ma nello sguardo che un vento
strappa da terra

per vedere in questo duro paese
l'infinita somiglianza tra Dio
e il viso di lei tutte le sere, i rami
nudi contro il cielo, il vino
fermo nel bicchiere . . .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bartolomeo

 

Quando anche tu ti fermerai in questo grande
autogrill e il viso stanco
vedrai rapido
sui vetri, sull'alluminio del banco,

sarà una sera come questa
che nel vento rompe la luce
e le nubi del giorno, sarà
un grande momento:
lo sapremo io e te soli.

Ripartirai
con un lieve turbamento, quasi
un ricordo e i silenzi delle scansie di oggetti,
dei benzinai, dei loro berretti,
sentirai alle tue spalle leggero
divenire un canto.

La felicità del tempo è dirti sì,
ci sei, una forza segreta
uno sgomento ti fa, non la mia
giovinezza che cede, non l'età
matura, non il mio invecchiamento -
la nostra vera somiglianza
è là dove non si vede.

Mio figlio, mio viaggiatore,
sarà il tuo inferno, la tua virtù
questo udito da cane o da angelo
che sente al'unisono il giro dei pianeti
e la pastiglia cadere nel bicchiere
due piani sotto, dove due vecchi
si accudiscono.
Sarà questo amore strepitoso
tuo padre, quello vero.

Fermati ancora in questo autogrill,
dal buio mi piacerà rivederti…

 


 

 

Da "Avrebbe amato chiunque"

 

Oceano cucina



Verrebbe da dire: me la sono cavata,
fermo al tavolo della cucina
mentre tutti
dormono e fuori
la pioggia ha battuto la notte
e le dita del mattino animale azzurro
scavano nel buio.
Verrebbe, ma
cos'è ancora questo vino luminoso
e amaro che mi esce tra i denti,
non si dissolvono i fantasmi d'amore seduti,
la luce sale, li sbianca,
sono il viso
di donne, le mani di stracci, carta pesta
nell'acqua degli anni.
Me la sono cavata
nel passaggio da un giorno all'altro
su questo buio braccio di mare -
ma lei è così lontana,
la vita
è così lontana, il mio amore
è inseguimento di chi
è sempre presente.

Forse perché sul molo
di Stone Island, in un mattino splendido
e ghiacciato, nel mezzo della corsa
della mia vita, sentii
tutta l'oscurità del mare,
l'enigma e il suo inesausto parlare
che arriva in questa cucina, in una città
italiana, nel silenzio spogliato -
è il vibrare del frigorifero
a trovare la stessa nota dell'oceano,
o la luce del video
acceso a nessuno
rende a queste stanze un chiarore di fondale.

Verrebbe da dire: me la sono
cavata, ma non è mai detto e non è
nemmeno giusto da dire
se l'infinito un giorno
e molti giorni in una vita
ti è venuto a visitare.

Conoscere il respiro, esattamente
è l'occupazione degli amanti
toccare
l'acqua misteriosa
del volto silenzioso

dire mio
amore come dire niente

la impaziente luce delle dita
quel che trema e non smette
di tremare.

 

II

Conoscere
il respiro del giorno, quel che dirada
nella sera
è ansia dolce
se l'oro buio, il nada
l'ombra infiammata
dei volti che si toccano -

e brucia via l'ipnosi
dei cerchi d'orologio.

Non alzate le braccia
contro l'arrivo delle sere, la luce pura
esclamativa delle stelle.

Amare è l'occupazione
di chi non ha paura.


Ti ho cercata nel mio corpo e ovunque
nella notte, mia felicità

fatta di niente

di vedere improvvisamente le mani

fatta solo del proprio grido.

E nelle strade che sembravano andare, venire
senza portare quel viso

in una luce irrefrenabile
ho vissuto pedalando lentamente sotto una pioggia

che sembrava cadere da sempre

 

 

 

 

 


 

Adieu II


Se tu restassi qui
si potrebbe continuare la conversazione
e sulle mani che tieni in grembo
riposerei i mei occhi bianchi.

Tu saresti la quiete del mondo
e quel poco d'argine che sofferma
la piena…

Ma no, dicevi,
già via dal tuo stesso pianto
e dal mio, che principiava,

lasciando me e la mia casa
come due inutilità
per il tuo cuore da star -
Dio, che ami le star
non lasciare che vada in cenere
il suo passo

e il dolore inchiodamelo dentro
come un bene.
 

 

 

 

 

Voler bene ad una persona

 

Voler bene ad una persona
è un lungo viaggio --

rupi, cadute d'acqua e bui
improvvisi, dilatati
il chiuso di foreste,
lampi a volte
sul silenzio così vasto del mare

e strade sopraelevate, grida

viali immensi all'improvviso

in una luce sconosciuta.

 

Voler bene a uno, a mille, a tutti

è come tenere la mappa nel vento.

Non ci si riesce ma il cuore

me l'hanno messo al centro del petto

per questo alto, meraviglioso fallimento.

 

Sugli altipiani di ogni notte

eccomi con le ripetizioni e le mani rovesciate della poesia:

non farli stare male, sono tuoi, non farli andare via

Incinta dice il test


Non chiamarlo, viene
nella sua forza semilucente,
è già una parte del tuo sorriso
viene come il profumo dei boschi,
un niente, il muso improvviso
della lepre, è già una piega
nelle tue mani, siede
sul trono che diventi.

È un aumento
che ha dismisura di nubi,
fa paura come l'inizio del vento
che piega i rami ma ravviva i colori.
Mio amore bello e pieno di tormento,
la sua impronta è già della nostra
figura. La felicità
è l'attesa, è il tempo.

 

 

 

 

 

Suite per Irene

I

Irene s'è uccisa a tredici
anni. Ha scelto
per il suo volo di morire
lo stesso giorno di Cobain.
Sua madre mi dice:
proprio ora, stava per fiorire.
E altri stormi di parole
la traversano in molte direzioni.

Io dico solo: non l'hai
perduta, il mai non l'ha
rubata,
è
Irene
nel mistero, i suoi
pochi tredici anni
sventagliati nel puro vero.
E: vedrai
la croce ora dentro alle tue mani
che non ne sapevano niente.

II

Pagherete per Irene
pagherete caro, dico non so bene
a quale dei fantasmi onnipresenti,
video-petulanti, ai maestri quasi tutti
orrendi
nella retorica che si son cuciti
di artisti o presidenti.
Su di lei
in lei, chi ha fatto pasto ?
molto è per sempre
nascosto, ma una favilla
di fuoco
deve bruciare sugli occhi
di chi fa del nero inoculato ai ragazzini
la propria spettrale,
ricca professione.

Nei giorni del primo
sangue, della prima rosa, dei primi
pensieri che seguono l'arco
dei cieli, nei giorni della clamorosa
scoperta d'essere nell'universo, cosa
offrite, cosa?
Videogame e oblìo
orbite vuote di cantanti, il becco
degli spot, i fiori persi
delle paure
 

e coccole e un dio
banali come scrupoli - -

pagherete per Irene, per la corona
di spine
che le avete posato sui capelli.

 

III


Ha raccolto iIII


Ha raccolto i tuoi anni in una fascina
li ha alzati su uno dei vasi più belli

di vetro spesso, luminoso

dove li tocca sempre il vento
e si vede l'azzurro della collina.

Il tuo angelo custode aveva gli occhi sbalorditi
e gli altri angeli a doverlo consolare.

Vorrebbe aver lui colpa di tutto
ma gli altri uniti: se Dio toglie

la libertà, la vita è
solo immalinconire.

Irene, dolce fascina,
passando per il terribile

hai trovato la fiamma
chiara dell'invisibile.

E la alimenti, la presenti
correndo lungo i nostri muri.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il saluto


Poi il cuore si fa silenzioso
e tutti i clamori, gli stupiti
mancamenti, e questi uccelli impazziti
e dolci di parole chiudono
le ali –

e stanno a guardarti, tornati
immobili sui rami del cuore
osservano fermi con occhietti animali
via quel tuo andare

ma al saluto, ultimo, meraviglia
uguale che dai con il viso sulla spalla perfetti
sarebbero di nuovo già pronti ad alzarsi
far casino, strepitare

 

L'hai trovato nel mio petto

L'hai trovato nel mio petto
il mostro di voler bene da lontano - -

quel che le guarigioni del sole
non alleviano

le fedeltà che bruciano in nostalgie

quel che non ha scampo
le dita del deserto ai miei occhi che risalgono

l'amore che gridando d'amore s'allontana.

Ma con te stanotte dietro ai vetri
che si rigano nel bar

posso bere il vino d'aria e fuoco
fulminato nella vendemmia dei temporali

alzare lo sguardo brindisi
da questa sedia al mondo intero,

al corpo con la mia camicia che si inoltra
nel buio della piazza
come un messaggio in un mistero

 

 

 

 

 

 

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