Heimarmene

 

Settembre

Unde malum ante Summa    

 

 

Settembre

Il nome della terra
cantato lontano da casa
di notte è una preghiera
è una lotta,
è il grido che infiamma la battaglia
Oh! Persecuzione settaria
per le mezze menzogne dette al vento
Il tempo dei bambini è così lento.
L'idea più dolce nel mio cantare stantio
solitaria vola, meglio ad occhi chiusi
ulula, quasi,
squarciante, di un rosso profondo
e cerebrale
Il tamburo suona oggi come allora
storie dilanianti
e smarrimenti zingari
e cappelli colorati di terra
nel suo nome

Non la conosco, sorella mia, la vita
e le sue ombre, quegli angeli di notte
e. ripetilo, guardami, sei sola
Torna a casa, attraversa quegli spazi
affrontali, parla loro della via:
l'intervallo tra due parole
trova fuori di sé il diritto

Posso sentire la melodia del sole
che s'eclissa oltre l'orizzonte sintetico
dietro un urlo che viene dalla pioggia
Certa obbedienza innocente
è dovuta ai lamenti del cuore
Il tintinnio delle sue lacrime sul cielo
è un addio. Ma il giardino di dio
lo percorrerò a mani alzate
coi miei fantasmi e i desideri
come pietre scagliate contro
il lago che mi accese il fuoco dentro, contro
la luna che piange le sue colpe
ma che non teme il buio
o i passi sconci dell'uomo sulla sua pelle ormai violata
che non teme gli sguardi e le teorie

Passa di qui Giuda
e precipita nel freddo il sangue suo
Urla piano, ma urla
il mio nome, sott'acqua
attraverso la notte, e applaude
al pallore accentuato, alla vertigine
irrazionale ed eterna
La distanza genera pallore
e domando al silenzio già schiavo
se i fuochi sulla terra
screziano di luce il cielo,
se il canto di una donna.

oh. l'acqua viva in me
scorre verso la bianca Caledonia
ma più vicino lo spettacolo si ferma
all'ultima prova della vita
e la vampa si quieta, inaspettata
mediatica ed autodistruttiva

Il nome della terra madre
portata via da un vagito, a lungo
il nome che domina le acque
Io piena di vino e danzante li sento
ancora quel sud e l'oriente
e le mani ammiccanti di gesti ricercati
propiziatori ancheggiamenti pagani
consapevoli, sfrontati e vittoriosi
oh! Giove, troppo alto e troppo arido
per ascoltare o vedere o solo volere
le notti bianche di ieri e domani
e i momenti cangianti tra braccia sempre nuove
Tu non rispondi, come tace Israele
pur nel clamore, in come muore
ma Il canto di una donna,
debitamente introdotto.

Il mare si quieta, i ciottoli sonori
sbagliano a crederlo l'unico al mondo
a non cadere nel dubbio dei bambini
farmacologicamente indotti al peccato
allo scoppio, al geyser d'amore
preannunciato da un lieve ronzio
agendo prima che sia tardi, nottetempo:
prima che l'acqua li porti via
nomadi alcalini tra le onde stregate
da una Luna bionda e meschina
che ruba al mattino le vecchie promesse
senza alcun commento

ma Qualcuno sperava ancora
che il suo volto oscuro fosse da signora,
anche un gradevole beneamato mostro
che scrocca piccole e malevoli pietanze
ma con stile, qualcosa per cui piangere
oh! Casa, io rivoglio le mie ali
o anche una sola, quel senso perduto
mi è dovuto
Questo ucciderà il dolore

È come il canto di una donna
sempre che sia donna, semiumana
o semi affetta da vile paranoia
eppure danza lentamente
nel rosso del sole calante
alla fine di un giorno perfetto,
teatrale e spettrale
o di un anno appena carino
.il canto di una donna al mattino
scampata alla fina di sé stessa
ma ormai compromessa
.il suo canto, narcotizzato
insistente, malato, corale ed immorale
sbandierato in un maggio sconvolto
un canto combattuto, morto e risorto
chi lo sa? solo Giuda
che conforta i peccatori più sbadati
forse il canto di una donna avrà fortuna
Oh. i bambini, i miei bambini
niente è così, il lago li porta via
 
Unde malum?

Bibe gutta sanginis mei           
Pristinum veneficium, eucharistia 
Paulatim vereque degusta   
Vulnerem apertum neque inflictum  
Et cruciatu te ambigue genuit      
Iterum vescere sicut fecistis
Quod aliter ac eras non es:
Semen in nullius rei testicule suspensum
Itinerem suum ad laetior nihil querens

"Sic itur ad astra
 Sic, sic iuvat ire sub umbras" *

Non occludis iterem de partu ad cunaras
Heac praegnans insidiosior canalos
Habet in gremie
Et illos vereberis
Non scis
Quam sit pulcher maeror meus
Quam cetera obliviscendi sciat artem
Quam altus sit
Usque in nullius rei infinitum spatium
Unde revertere mihi licet

"Sic itur ad astra
 Sic, sic iuvat ire sub umbras"

Exsorbe lacrimam matris in lapide conversa
Omnia veneficia nescio an non inauditi sales sunt?
Et in ventre tuo inane eam demitte
Ventre qui culpae non polluit saltem

 

 

 

 

 

ante

Sento mani ovunque, tremolanti al vento
e labbra pronte a succhiare la vita da ogni ora al sole
Temo e Tremo
per la potenza dei loro getti incandescenti
sugli spasimi di ogni mio istante notturno
 

 

 

 

 

Summa
(de matura aetate)

Venti bizzarri
mi hanno dato sorrisi da ramarri
colorati e fraintesi dai miei occhi troppo verdi
Venti bizzarri
mi hanno dato fluorescenze vischiose
come filtri alchemici mercenarie ed insidiose
oh! come fonti battesimali e topi di cambusa
Conquistati ormai l'orgoglio della mia depravazione
e il cordoglio ad ogni antica e nuova comunione
certi occhi li ho persi per strada
certi ponti tra qui e il paradiso
e sul mio viso
le espressioni hanno ormai un segno deciso / è legno inciso
Ne ho avute e ne avrò ancora
di malie da Veneri e Mercuri
Ho più speranze / e sia! / che aspettative
e per l'alternarsi senno-senso.
. la marea dei miei umori è nelle mani della Luna
 

 

 

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