Era
sola, il marito se n’era andato, anni prima
per sempre, sua figlia ormai grande ed indipendente. Quella sera era
invitata a cena da amici ma qualcosa la teneva legata a casa. Telefonò
ad Enrica per disdire il suo impegno, inventando una scusa.
Accese
il caminetto, mise un C.D. di Bach, si versò un buon bicchiere di vino
e pigramente sprofondò nella sua poltrona preferita.
Claudia osservava rapita il fuoco, lo vedeva
danzare armoniosamente libero, sembrava seguisse le note della musica
secondo la sua intensità. Quel mucchio luminoso,
si alzava frenetico o si muoveva
lentamente.
Ella,
si sentiva serena, tranquilla mentre osservava quell’incantesimo.
Ad
un tratto nella sua mente una didascalia d'immagine cominciarono
velocemente
a passare, soffermandosi solo nei momenti più duri o
dolci della sua vita. Si vide
piccolina, sensibile, estroversa e molto infelice. I genitori
troppo protettivi un’educazione “bigotta”: no così, così non si
fa, questo è peccato, quello è brutto Gesù ti punirà. Cresciuta
con quei principi, sposò un “bravo ragazzo”
caro ai suoi genitori a lui voleva tanto bene, ma c’era sempre quel
vuoto che non riusciva a colmare. In lei, la
solitudine si faceva sempre più grande, fino a quando non
giunse Angelica, sua figlia.
Una
nuova vita cominciò per la giovane donna vicino alla sua creatura, così
piena d’affetto e tenerezza, riuscendo quasi a dimenticare
la tristezza. Lei era una
madre dolce e una moglie affettuosa, quando, un giorno
incontrò Enzo la sua prima “passione”.
Lo pensava in quel momento,
le sembrava che lui fosse lì con lei ad osservare il fuoco,
tanto era forte il suo pensiero. Ricorda
gl’incontri, nati così per necessità
di lavoro ed un po’ alla volta, trasformati in qualcosa di forte e
travolgente.
Un
dì si trovò
abbracciata
stretta a lui e i confini
della realtà si aprirono per portarla in un mondo virtuale fatto di percezioni
così
nascoste: facendola varcare
le soglie, nell'io
più profondo, di
quel maschio. Fu
la prima volta che si sentì completamente donna senza complessi né
inibizioni, quel ritrovo per lei non fu peccato, ma
semplicemente un “dono d’amore”. Claudia, ambiva navigare in
quell’oblio
non desiderava tornare alla realtà, ma essa si
fece sentire: Enzo, stringendola a sé, dolcemente,
le chiese di andare con lui. Esso per
lavoro doveva recarsi all’estero e desiderava averla vicina. La
giovane donna dalla felicità più immensa si trovò nella disperazione
più profonda, come poteva scegliere tra lui e la figlia,
la vita, la sua continuità.
Essa
aveva bisogno della madre non poteva lasciarla, così
sconfortata lo salutò. Andando
via sentì: la sua anima
lacerarsi, vuoto di tenerezza d'affetto
che nessuno avrebbe più colmato. Ritornò
alla sua vita tuffandosi nel lavoro e alle attenzioni
della
figlia. Un’altra esperienza
negativa fu quando il marito sempre buono e
paziente, dopo un tragico incidente non ebbe più
la forza di lottare e piano,
piano
lasciò la sua energia vitale spegnersi. Claudia,
era stanca di lottare e in certi momenti avrebbe gettato la spugna, ma
guardando la sua prole, serena,
tranquilla guardare il futuro con positività,
le donava quella carica mancante dandole lo stimolo
per continuare. Il fuoco stava spegnendosi, mise legna,
quando il telefono squillò, alzò la cornetta e rispose: il suo cuore
si fermò,
Enzo, desiderava vederla, parlarle
e le chiese se poteva vederla.
Lei acconsentì, assicurandogli che lo
avrebbe aspettato con gioia. Posò la cornetta guardò dalla
finestra, stava
nevicando,
c’era
tanta pace, magia quella notte, osservò nuovamente il fuoco e vide le
fiamme alzarsi con tanta prepotenza e superbia proprio come la sua anima
si stava aprendo ad una nuova vita assieme alla
sua unica “passione”.
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LA
GIOVANE DONNA ACCOSTO’GLI OCCHI
ALL’OBLO’ DEL SUO SEDILE: IN ALTO LE LUCI DEGLI ASTRI NELLA NOTTE
SERENA:SOTTO, I FULGORI DELLA METROPOLI DOVE STAVA PER PRENDERE TERRA. La
giovane donna accostò gli occhi all’oblò del suo sedile: in alto, le
luci degli astri nella notte serena: sotto, i fulgori della metropoli dove stava per prendere terra. Irene
moglie di un noto uomo politico, stava tornando dalla famiglia, dopo
aver trascorso un breve periodo trascorso dai suoi genitori. Fissava
le stelle e si sentiva stanca fisicamente e moralmente, socchiuse gli
occhi e, lasciò libero il suo pensiero di vagare nel profondo della sua
anima. Ad un
tratto si trovò in un salone immenso e pieno di luci, gremito di gente
elegantemente vestita che si divertiva. Lei con
un gruppo di amici chiacchierava finche, sentì qualcosa che la fece
volgere verso il lato opposto della sala: il suo sguardo scrutò le
persone e si fermò negli occhi di lui, Michele, che la stava fissando. Colui
che cambiò la sua esistenza anni prima, facendola sentire “viva” in
tutto il suo essere. Il loro
rapporto fu solo platonico, anche se la passione li faceva fremere,
troppe cose li dividevano. Michele
venne verso lei senza mai staccare gli occhi da quel volto sensuale,
bello che tanto lo aveva sconvolto. Incuranti di tutti, la afferrò
per mano e la condusse nel suo rifugio. Qui,
in un’atmosfera creatosi dalle note di una dolcissima musica e fuoco
crepitante;
le loro mani s’intrecciarono e le bocche si sfiorarono per perdersi in
quel “dono” che mai fu consumato. I loro corpi danzarono in un
vortice di emozioni finche, Irene si sentì fondere:
prese, paura, mai aveva provato sensazioni
tanto forti: erano così vicini che non potevano staccarsi,
quando, qualcosa usciva da loro per entrare nell’altro, in
quell’istante si rubarono “l’anima” e raggiungendo
l’estasi sublime. Irene, la giovane donna per la
prima volta provò sentimenti così passionali, l’amore per lei fu
folgorante in tutto il suo “intimo” in tutto il suo “io”. Michele se la strinse tra le
braccia pensando: “Non la lascio più partire senza di me, ho bisogno
di questa donna”
e
stringendosela
sempre più forte s’addormentò. Al mattino una luce avvolgeva
i loro corpi, lei con gli occhi chiusi pensava: “Non voglio
svegliarmi, non voglio che tutto finisca e piano, piano si mise
nuovamente tra le sue braccia. Un rumore,
un richiamo la portò alla realtà, l’aereo era fermo, doveva
scendere, si guardò attorno e pensò: “Ho sognato peccato”, un
profondo respiro per rallentare il suo battito cardiaco e a malincuore
si avviò con le altre persone verso l’uscita.
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L’UOMO
AMMIRO’ LA BELLEZZA DI VOLTO DELLA GIOVANE MORTA, GLI VENNERO IN MENTE
I VERSI DI TENNYSON CON I QUALI LANCILLOTTO COMPIANGE GINEVRA MORTA.SER
LANCILLOTTO LA RIMIRA E TACE MEDITABONDO PENSA: E’ BELLA ANCORA!
ACCOLGA IDDIO DI SHALLOT LA SIGNORA, I SUOI FALLI PERDONI E LE DIA PACE.
Nella
notte, in una stradina
appartata due macchine ferme. In una di essa un uomo e una donna si
baciano e si accarezzano, lei vorrebbe fermarlo ma lui non la sente
tanto è preso dal desiderio di possederla.
Anna cercava il “calore”
in quell’incontro e sente la tristezza chiuderle il cuore: osserva il
compagno che molto l’aveva corteggiata, illuminato dalla luna e vede
la sua smaniosità di raggiungere il piacere ad ogni costo; ma una luce
e un rumore di una macchina che doveva passare, fa terminare tutto, si
ricompongono, lei esce va alla sua macchina e in cuore ringraziando
quelle persone se ne va.Arrivata a casa, una doccia calda e sotto le
coperte, la giovane donna pensa alla sua vita e non riesce a prendere
sonno, si gira e rigira nel letto.
Lei, colta, preparata,
impegnatissima
, un marito facoltoso, stimato
chirurgo orgoglioso di lei perché bella, intelligente, ottima padrona
di casa: sapeva ricevere ospiti culturalmente preparati o semplici,
mettendoli a proprio agio; qualsiasi situazione sapeva risolverla con
facilità, sapeva entrare in conversazioni impegnate e discutere senza
difficoltà.
Soprattutto, capiva le sue
esigenze e accettarlo così com’era. Molte donne avrebbero fatto
“chissà cosa” per essere al suo posto e molti uomini avrebbero
pagato “tanto” per averla come compagna: Anna n’era consapevole e
tutto ciò le dava disperazione; loro non conoscevano la sua solitudine
né capivano il freddo, il vuoto del suo “cuore”.Lei cercava lo
slancio dell’amore puro ma non riusciva a trovarlo: era stanca di
quelle disperazioni e decise di partire, andarsene lontano, niente la
teneva legata lì: nessun figlio, oh! Avessi un figlio, ma non c’era,
Dio perché?Il marito buono, premuroso quando era presente ma non sapeva
donarle quel “dono” che tanto desiderava essendo lui
“impotente”, gli voleva bene, ma tutto finiva li, perciò un motivo
in più per andarsene.Poche cose e via veloce da quella vita; qualcosa
però la fermò, la sua macchina fu travolta da un camion.
L’ambulanza con lei sopra
correva verso l’ospedale, in sala operatoria i chirurghi, tra cui suo
marito cercavano di strapparla alla morte.
Anna, mentre correva in
macchina si sentì imprigionare in un concatenamento di mani che la
serravano al sedile, prese paura: voleva fermarsi, gridare ma non ci
riusciva e un dolore lacerante la strappava verso un “essere”
incappucciato che aleggiava; un attimo di terrore per poi lasciare il
posto ad una quiete che invadeva il suo spirito.Il frate le disse di non
temere, non era il suo tempo, nel lasciare questa vita, ma desiderava
solo farla partecipe di un segreto. Alla velocità della luce la
condusse attraverso un lunghissimo tunnel. Ah! stava bene, desiderava
fermarsi lì, tanto era conciliata con se stessa: non ci riusciva, una
luce fortissima alla fine di quel corridoio l’attirava a sè, arrivata
vicino a quella LUMINOSITA’, la vide aprirsi a forma di braccia ed
avvolgerla.
Anna si coccolò e trovando la
beatitudine. Non voglio andarmene, non mandarmi via diceva la giovane;
la “LUCE” rispose: “non temere, ma devi ritornare hai una missione
da compiere nel quale troverai ciò che stai cercando”.L’ho già
trovato! Insisteva la donna. No, Anna, non qui, ma laggiù: a malincuore
si staccò da quell'abbraccio seguendo il suo angelo custode nel viaggio
di ritorno.
I medici persero la speranza
di salvarla e si arresero.Il marito non voleva accettare quella realtà,
ma poi calmatosi e conoscendo il tormento della sua donna, ammirò la
bellezza di volto della giovane morta gli vennero a mente i versi di
Tennyson con i quali Lancillotto compiange Ginevra morta. Ser
Lancillotto la rimira e tace meditabondo pensa: “E' bell'ancora!
Accolga Iddio di Shalott la signora: i suoi falli perdona e le dia pace.
Dall’alto Anna vide il suo
corpo inerme e privo di vita, vide il marito sconfortato, ebbe un attimo
d’esitazione non voleva ritornare a quella vita; ma un sorriso
d’incoraggiamento e un forte dolore si trovò nuovamente nel suo
fisico. Lei aprì gli occhi e pianissimo chiamò il marito, lo stupore
di tutti i presenti fu sconfinato non riuscendo a capire il “mistero
della vita”.In pochi giorni si ristabilì e tornò a casa; passò un
po’ di tempo e all’improvviso sentì la smania di fare una
passeggiata, sembrava che qualcuno l’accompagnasse per una mano:
attraversò la metropoli e si trovò in un quartiere molto povero; non
pensava esistessero posti così, nella città, lei abituata al bello.Una
scena la fece sobbalzare: due piccoli bambini cercavano cibo in un
mucchio d’immondizie, fra l’indifferenza dei passanti s’avvicinò
chiamando a sè i bimbi, saputa la loro storia li prese in braccio;
sentendo il loro abbandono il loro desiderio d’amore, in quell'istante
tutte le sue membra, tutto il suo spirito fu invaso da quel “calore”
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