Maria Luisa

 

CLAUDIA LA GIOVANE DONNA  Nella notte Carla 

 

CLAUDIA

 

Era sola, il marito se n’era andato, anni prima per sempre, sua figlia ormai grande ed indipendente. Quella sera era invitata a cena da amici ma qualcosa la teneva legata a casa. Telefonò ad Enrica per disdire il suo impegno, inventando una scusa. Accese il caminetto, mise un C.D. di Bach, si versò un buon bicchiere di vino e pigramente sprofondò nella sua poltrona preferita. Claudia osservava rapita il fuoco, lo vedeva danzare armoniosamente libero, sembrava seguisse le note della musica secondo la sua intensità. Quel mucchio luminoso, si alzava frenetico o si muoveva lentamente. Ella, si sentiva serena, tranquilla mentre osservava quell’incantesimo. Ad un tratto nella sua mente una didascalia d'immagine cominciarono velocemente a passare, soffermandosi solo nei momenti più duri o dolci della sua vita. Si vide piccolina, sensibile, estroversa e molto infelice. I genitori troppo protettivi un’educazione “bigotta”: no così, così non si fa, questo è peccato, quello è brutto Gesù ti punirà. Cresciuta con quei principi, sposò un bravo ragazzo caro ai suoi genitori a lui voleva tanto bene, ma c’era sempre quel vuoto che non riusciva a colmare. In lei, la solitudine si faceva sempre più grande, fino a quando non giunse Angelica, sua figlia. Una nuova vita cominciò per la giovane donna vicino alla sua creatura, così piena d’affetto e tenerezza, riuscendo quasi a dimenticare la tristezza. Lei era una madre dolce e una moglie affettuosa, quando, un giorno incontrò Enzo la sua prima “passione”. Lo pensava in quel momento, le sembrava che lui fosse lì con lei ad osservare il fuoco, tanto era forte il suo pensiero. Ricorda gl’incontri, nati così per necessità di lavoro ed un po’ alla volta, trasformati in qualcosa di forte e travolgente. Un si trovò abbracciata stretta a lui e i confini della realtà si aprirono per portarla in un mondo virtuale fatto di percezioni così nascoste: facendola varcare le soglie, nell'io più profondo, di quel maschio. Fu la prima volta che si sentì completamente donna senza complessi né inibizioni, quel ritrovo per lei non fu peccato, ma semplicemente un “dono d’amore”. Claudia, ambiva navigare in quell’oblio non desiderava tornare alla realtà, ma essa si fece sentire: Enzo, stringendola a sé, dolcemente, le chiese di andare con lui. Esso per lavoro doveva recarsi all’estero e desiderava averla vicina. La giovane donna dalla felicità più immensa si trovò nella disperazione più profonda, come poteva scegliere tra lui e la figlia, la vita, la sua continuità. Essa aveva bisogno della madre non poteva lasciarla, così sconfortata lo salutò. Andando via sentì: la sua anima lacerarsi, vuoto di tenerezza d'affetto che nessuno avrebbe più colmato. Ritornò alla sua vita tuffandosi nel lavoro e alle attenzioni della figlia. Un’altra esperienza negativa fu quando il marito sempre buono e paziente, dopo un tragico incidente non ebbe più la forza di lottare e piano, piano lasciò la sua energia vitale spegnersi. Claudia, era stanca di lottare e in certi momenti avrebbe gettato la spugna, ma guardando la sua prole, serena, tranquilla guardare il futuro con positività, le donava quella carica mancante dandole lo stimolo per continuare. Il fuoco stava spegnendosi, mise legna, quando il telefono squillò, alzò la cornetta e rispose: il suo cuore si fermò, Enzo, desiderava vederla, parlarle e le chiese se poteva vederla. Lei acconsentì, assicurandogli che lo avrebbe aspettato con gioia. Posò la cornetta guardò dalla finestra, stava nevicando, c’era tanta pace, magia quella notte, osservò nuovamente il fuoco e vide le fiamme alzarsi con tanta prepotenza e superbia proprio come la sua anima si stava aprendo ad una nuova vita assieme alla sua unica “passione”.

 

LA GIOVANE DONNA ACCOSTO’GLI OCCHI ALL’OBLO’ DEL SUO SEDILE: IN ALTO LE LUCI DEGLI ASTRI NELLA NOTTE SERENA:SOTTO, I FULGORI DELLA METROPOLI DOVE STAVA PER PRENDERE TERRA.

 

La giovane donna accostò gli occhi all’oblò del suo sedile: in alto, le luci degli astri nella notte serena: sotto, i fulgori della metropoli dove stava per prendere terra.

Irene moglie di un noto uomo politico, stava tornando dalla famiglia, dopo aver trascorso un breve periodo trascorso dai suoi genitori.

Fissava le stelle e si sentiva stanca fisicamente e moralmente, socchiuse gli occhi e, lasciò libero il suo pensiero di vagare nel profondo della sua anima.

Ad un tratto si trovò in un salone immenso e pieno di luci, gremito di gente elegantemente vestita che si divertiva.

Lei con un gruppo di amici chiacchierava finche, sentì qualcosa che la fece volgere verso il lato opposto della sala: il suo sguardo scrutò le persone e si fermò negli occhi di lui, Michele, che la stava fissando.

Colui che cambiò la sua esistenza anni prima, facendola sentire “viva” in tutto il suo essere.

Il loro rapporto fu solo platonico, anche se la passione li faceva fremere, troppe cose li dividevano.

Michele venne verso lei senza mai staccare gli occhi da quel volto sensuale, bello che tanto lo aveva sconvolto.

Incuranti di tutti, la afferrò per mano e la condusse nel suo rifugio.

Qui, in un’atmosfera creatosi dalle note di una dolcissima musica e fuoco crepitante; le loro mani s’intrecciarono e le bocche si sfiorarono per perdersi in quel “dono” che mai fu consumato.

I loro corpi danzarono in un vortice di emozioni finche, Irene si sentì fondere: prese, paura, mai aveva provato sensazioni tanto forti: erano così vicini che non potevano staccarsi, quando, qualcosa usciva da loro per entrare nell’altro, in quell’istante si rubarono “l’anima” e raggiungendo l’estasi sublime.

Irene, la giovane donna per la prima volta provò sentimenti così passionali, l’amore per lei fu folgorante in tutto il suo “intimo” in tutto il suo “io”.

Michele se la strinse tra le braccia pensando: “Non la lascio più partire senza di me, ho bisogno di questa donna” e stringendosela sempre più forte s’addormentò.

Al mattino una luce avvolgeva i loro corpi, lei con gli occhi chiusi pensava: “Non voglio svegliarmi, non voglio che tutto finisca e piano, piano si mise nuovamente tra le sue braccia.

Un rumore, un richiamo la portò alla realtà, l’aereo era fermo, doveva scendere, si guardò attorno e pensò: “Ho sognato peccato”, un profondo respiro per rallentare il suo battito cardiaco e a malincuore si avviò con le altre persone verso l’uscita.

 

L’UOMO AMMIRO’ LA BELLEZZA DI VOLTO DELLA GIOVANE MORTA, GLI VENNERO IN MENTE I VERSI DI TENNYSON CON I QUALI LANCILLOTTO COMPIANGE GINEVRA MORTA.SER LANCILLOTTO LA RIMIRA E TACE MEDITABONDO PENSA: E’ BELLA ANCORA! ACCOLGA IDDIO DI SHALLOT LA SIGNORA, I SUOI FALLI PERDONI E LE DIA PACE.

Nella notte, in una stradina appartata due macchine ferme. In una di essa un uomo e una donna si baciano e si accarezzano, lei vorrebbe fermarlo ma lui non la sente tanto è preso dal desiderio di possederla. Anna cercava il “calore” in quell’incontro e sente la tristezza chiuderle il cuore: osserva il compagno che molto l’aveva corteggiata, illuminato dalla luna e vede la sua smaniosità di raggiungere il piacere ad ogni costo; ma una luce e un rumore di una macchina che doveva passare, fa terminare tutto, si ricompongono, lei esce va alla sua macchina e in cuore ringraziando quelle persone se ne va.Arrivata a casa, una doccia calda e sotto le coperte, la giovane donna pensa alla sua vita e non riesce a prendere sonno, si gira e rigira nel letto. Lei, colta, preparata, impegnatissima , un marito facoltoso, stimato chirurgo orgoglioso di lei perché bella, intelligente, ottima padrona di casa: sapeva ricevere ospiti culturalmente preparati o semplici, mettendoli a proprio agio; qualsiasi situazione sapeva risolverla con facilità, sapeva entrare in conversazioni impegnate e discutere senza difficoltà. Soprattutto, capiva le sue esigenze e accettarlo così com’era. Molte donne avrebbero fatto “chissà cosa” per essere al suo posto e molti uomini avrebbero pagato “tanto” per averla come compagna: Anna n’era consapevole e tutto ciò le dava disperazione; loro non conoscevano la sua solitudine né capivano il freddo, il vuoto del suo “cuore”.Lei cercava lo slancio dell’amore puro ma non riusciva a trovarlo: era stanca di quelle disperazioni e decise di partire, andarsene lontano, niente la teneva legata lì: nessun figlio, oh! Avessi un figlio, ma non c’era, Dio perché?Il marito buono, premuroso quando era presente ma non sapeva donarle quel “dono” che tanto desiderava essendo lui “impotente”, gli voleva bene, ma tutto finiva li, perciò un motivo in più per andarsene.Poche cose e via veloce da quella vita; qualcosa però la fermò, la sua macchina fu travolta da un camion. L’ambulanza con lei sopra correva verso l’ospedale, in sala operatoria i chirurghi, tra cui suo marito cercavano di strapparla alla morte. Anna, mentre correva in macchina si sentì imprigionare in un concatenamento di mani che la serravano al sedile, prese paura: voleva fermarsi, gridare ma non ci riusciva e un dolore lacerante la strappava verso un “essere” incappucciato che aleggiava; un attimo di terrore per poi lasciare il posto ad una quiete che invadeva il suo spirito.Il frate le disse di non temere, non era il suo tempo, nel lasciare questa vita, ma desiderava solo farla partecipe di un segreto. Alla velocità della luce la condusse attraverso un lunghissimo tunnel. Ah! stava bene, desiderava fermarsi lì, tanto era conciliata con se stessa: non ci riusciva, una luce fortissima alla fine di quel corridoio l’attirava a sè, arrivata vicino a quella LUMINOSITA’, la vide aprirsi a forma di braccia ed avvolgerla. Anna si coccolò e trovando la beatitudine. Non voglio andarmene, non mandarmi via diceva la giovane; la “LUCE” rispose: “non temere, ma devi ritornare hai una missione da compiere nel quale troverai ciò che stai cercando”.L’ho già trovato! Insisteva la donna. No, Anna, non qui, ma laggiù: a malincuore si staccò da quell'abbraccio seguendo il suo angelo custode nel viaggio di ritorno. I medici persero la speranza di salvarla e si arresero.Il marito non voleva accettare quella realtà, ma poi calmatosi e conoscendo il tormento della sua donna, ammirò la bellezza di volto della giovane morta gli vennero a mente i versi di Tennyson con i quali Lancillotto compiange Ginevra morta. Ser Lancillotto la rimira e tace meditabondo pensa: “E' bell'ancora! Accolga Iddio di Shalott la signora: i suoi falli perdona e le dia pace. Dall’alto Anna vide il suo corpo inerme e privo di vita, vide il marito sconfortato, ebbe un attimo d’esitazione non voleva ritornare a quella vita; ma un sorriso d’incoraggiamento e un forte dolore si trovò nuovamente nel suo fisico. Lei aprì gli occhi e pianissimo chiamò il marito, lo stupore di tutti i presenti fu sconfinato non riuscendo a capire il “mistero della vita”.In pochi giorni si ristabilì e tornò a casa; passò un po’ di tempo e all’improvviso sentì la smania di fare una passeggiata, sembrava che qualcuno l’accompagnasse per una mano: attraversò la metropoli e si trovò in un quartiere molto povero; non pensava esistessero posti così, nella città, lei abituata al bello.Una scena la fece sobbalzare: due piccoli bambini cercavano cibo in un mucchio d’immondizie, fra l’indifferenza dei passanti s’avvicinò chiamando a sè i bimbi, saputa la loro storia li prese in braccio; sentendo il loro abbandono il loro desiderio d’amore, in quell'istante tutte le sue membra, tutto il suo spirito fu invaso da quel “calore”

Carla e Claudio si guardarono molto confusi non capivano perché erano arrivati a ciò; si salutarono senza parole.

Il giorno dopo arrivò a Carla un biglietto, lo lesse e restò delusa per quello che c’era scritto: telefonò a Claudio chiedendo spiegazioni. Lui, le rispose che aveva paura di averla offesa vedendola andare via senza proferire parole.

Sciocco che sei, tu mi hai ridato la gioia di vivere, gioia di esistere, il nostro incontro per me è un dono d’amore; pensavo che anche per te fosse la stessa cosa, ma evidentemente la pensiamo…Non dire più niente, ho capito disse Claudio: “ tu invece sei l’avvenimento più puro e bello che mi sia capitato “ti amo”. La donna prese per un angolo il biglietto di scuse e lo bruciò sulla fiamma dell’accendino. Poi lasciò cadere i pezzi ardenti nel portacenere.

 

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le braccia e stringendola forte la baciò.

Carla non voleva era sposata era vizio, ma sentì dentro sé nascere una leggerezza impalpabile, una voglia indescrivibile di congiungersi in lui, dolcemente si staccò e sempre guardandolo negli occhi senza più parlare iniziò a spogliarlo e con le mani percepì i suoi punti vulnerabili: lui affascinato da quel turbamento si lasciò andare in un paradiso che non conosceva più, tanto, era preso dal suo lavoro. Le loro mani esplorarono le emozioni dell’altro i loro occhi sempre attenti capivano le reciproche esigenze: quindi non ci fu necessità di comunicare, parlavano le loro indole i loro respiri; finche giunse il momento più beato, tutti i sensi, tutta la tenerezza, tutte le paure si trasformarono in un turbine di vivo desiderio per lasciarsi andare in un vortice fortissimo che risucchia in un unico elemento.

Carla e Claudio si guardarono molto confusi non capivano perché erano arrivati a ciò; si salutarono senza parole.

Il giorno dopo arrivò a Carla un biglietto, lo lesse e restò delusa per quello che c’era scritto: telefonò a Claudio chiedendo spiegazioni. Lui, le rispose che aveva paura di averla offesa vedendola andare via senza proferire parole.

Sciocco che sei, tu mi hai ridato la gioia di vivere, gioia di esistere, il nostro incontro per me è un dono d’amore; pensavo che anche per te fosse la stessa cosa, ma evidentemente la pensiamo…Non dire più niente, ho capito disse Claudio: “ tu invece sei l’avvenimento più puro e bello che mi sia capitato “ti amo”. La donna prese per un angolo il biglietto di scuse e lo bruciò sulla fiamma dell’accendino. Poi lasciò cadere i pezzi ardenti nel portacenere.

 

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