Troppa conoscenza | Chiacchiere | Tempesta dentro e fuori | Il vecchio cavaliere | Il Tutto | Il Male | La fiammella tremante | Quel Sogno | |
Un soffio di luce |
Ancora quel sogno
è notte, piove appena, ed il freddo biancore delle nebbie si posa sui barlumi delle stelle. Tu, esile fanciulla, siedi su di una verde panchina illuminata dall’occhio stanco d’un vecchio lampione. Chi sei tu, fanciulla? Cosa ci fai qui? Perché il tuo sguardo fissa con tanta tenacia il vuoto lontano? Cosa attendi?
Non capisco. Sono confuso ed estasiato al contempo.
Allora, istintivamente, m’ avvicino a te, a te figura fiabesca, muovendomi con timore, esitando. E tu, vedendomi apparire lentamente tra le nebbie, mi sorridi; non mi conosci, eppure mi sorridi felice, amorevole, bella.
Ecco, finalmente parliamo, parliamo uniti da comuni pensieri, parliamo di tutto e di niente, parliamo nel silenzio di un tempo rotondo, parliamo con quieta dolcezza, parliamo fuori del mondo.
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Un soffio di luce rischiarò la tua profonda bellezza, bellezza di Dio.
Fu allora che t’amai, t’amai all’infinito.
Ma tu non sai, e non Saprai mai.
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Sono terra e mare, fuoco e luce, vento e rondine, albero e prato, notte e giorno, ombra e arsura, stella e cielo, strada e piedi, tetto e mura, voce e silenzio, canto e galera, suddito e generale, nuvola e...
Io sono il Tutto che vi contiene nel suo grembo. Voi uomini volete controllarmi con i cordami delle scienze, volete controllare ciò di cui siete parte integrante, volete controllare, insomma, anche voi stessi.
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Non esistono santi assoluti, il Male si appiccica anche sul bianco.
Il Male... questo forza antica che infetta, che rovina, che distrugge.
Anche in me c’è il Male, ed io lo sento, lo avverto chiaramente, e ho paura.
Eppure, in me esiste anche il bene, l’amore.
Che strano miscuglio siamo noi uomini.
Perché nacque il Male? Cosa lo generò? Vecchie domande le mie, domande rivolte
ad un Dio che non capisco, che non sento.
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Tempesta dentro e fuori
Il mare in tempesta. Adesso ricordo ogni immagine, ogni rumore, ogni più piccola percezione.
Macchie di grigio offuscavano i palpiti del sole, mentre ombre deformi coprivano distese d’azzurro. Lampi argentini scoppiavano in cielo rischiarando tratti di nero, fili di fredda luce nell’ opaco. Mulinelli di venti contrari spezzavano il morbido dondolio della marea. Increspature sinuose divenivano lentamente onde di ruggente bellezza. Sprazzi di spuma bianca s’arricciavano nel disegno di mille fantasie arabesche. Scrosci di una pioggia trasparente battevano i ritmi di tamburi furenti. La scogliera tremava paurosa nel crescere dello sciabordio. Ali di gabbiani si perdevano in lontananza. Il furore d’acque bluastre percuoteva l’insenatura. Un faro desolato proiettava nel buio circostante fasci luminosi senza...
Non riesco più a ricordare. L’immagine s’allontana, ed il suono tace.
Anche in me impazza una profonda tempesta, ed io rimango sospeso tra i flutti di passioni opposte.
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Il vecchio cavaliere smontò da cavallo, gettò le armi lontano dalla sua mano, e finalmente s’inginocchiò sulla terra pietrosa per pregare in silenzio. Da quanti anni Dio era stato scacciato dal cuore di quell’uomo, eppure ora, proprio ora, il bisogno di quel Padre diveniva urgente. Così, una preghiera dolcissima di perdono si levò al cielo, e subito un piccolo raggio di luce bianca accarezzo il capo stanco del penitente. Dio era dunque lì, al fianco del mondo, pronto ad accogliere l’umanità tutta, ed il Male era soltanto una piccola macchia.
Il vecchio cavaliere divenne improvvisamente buono, buono come un bimbo appena giunto alla vita, e incominciò a piangere per gli orrori della sua spada. Adesso, soltanto adesso, tornavano alla memoria i volti spezzati, le grida pietose, il sangue sui corpi, i cadaveri abbandonati al freddo, i campi fioriti calpestati in battaglia, i comandi di morte dati senza pensiero.
Il vecchio cavaliere abbandonò per sempre la guerra, e visse nell’amore e nel continuo pentimento.
Il vecchio cavaliere capiva ora che il Bene era l’unica strada necessaria.
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Pianse il vecchio saggio guardando per l’ultima volta quest’antica terra di polvere grigia, mentre sorrise il bimbo vitale guardando per la prima volta questa nuova terra di fiori belli e colorati.
La troppa conoscenza del vero c’impedii una felice ignoranza di limbo etereo e leggero.
Perché volemmo scoprire la nostra reale condizione in questo gorgo scatenato di stelle e pianeti? Forse, perché troppa fu la nostra dannata sete d’altissima onnipotenza su tutto, spezzando così ogni necessario equilibrio d’armonia universale.
Poveri uomini senza illusioni. Poveri uomini padroni di un sapere grandissimo.
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Voi Chiacchiere siete assai pericolose, e vi spiegherò il perché...
Consumate le bocche nel cicaleccio continuato di fatti stupidi e vani, cercando con cura raffinata parole seriose e pompose. Ciarlate da mattina a sera del niente presente, gettando per aria discorsi stupendi che vanno poi persi. Argomentate su ogni affannosa questione, mai teorizzando reali soluzioni. Declamate con estrema passione mille sacrosante virtù, che sempre scordate nel momento dell’azione. Celebrate personaggi belli e famosi, spifferando nel pettegolezzo difetti nascosti di questi eroi tanto artificiosi. Raccontate favole belle, senza mostrare frammenti diretti di un vero troppo molesto.
Sì, voi Chiacchiere siete assai pericolose. Unica forza il pensiero profondo del cervello attento.
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No! Non voglio Una finestra aperta Ancora morte per |
Quanti giorni ammucchiati sulle mie povere spalle. Tu sei giovane, e nemmeno immagini i ricordi che porto qui dentro. No! Non andartene ti prego, ascolta questa storia.
Passeggiavo lungo un sentiero alberato, perdendomi felice nel verde di una campagna ancora assonnata. Attorno a me, soffi di vento pispigliavano nenie dolcissime nel silenzio dei primi albori, mentre, in un cielo macchiato da soffuse tonalità pastello, nubi bianchicce sfumavano vaporose all’infinito. Scoprivo pian piano un mondo di fiaba. All’improvviso, però, vidi una piccola figura avanzare contro di me... Era un bambino, sì, un bambino seduto su una sedia a rotelle, una sedia a rotelle grigia che un uomo, debole, ricurvo su se stesso, spingeva a fatica. Che scena! Dolore e dignità assieme! Mi fermai, abbassai lo sguardo, provai impotenza, pura impotenza. Non potevo nulla? Mi toccava davvero il ruolo di spettatore inerme? No, non lo sopportavo! Allora, iniziai a camminare verso il bambino... Ma, che succedeva? Non riuscivo più a muovermi! Sentivo freddo, tanto freddo, poi...
Poi tutto nero. Risveglio. Sfolgorio di una rivelazione.
L’unione tra uomini è la salvezza antica, la fiammella vibrante. La nostra solitudine, invece, blocca la vita, ingabbiandola nell’abbandono.
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