per far scoprire la libertà!
Il cielo grigio, triste...
Sembra che non sia
mai il giorno giusto
per dare la libertà a chi si ama.
Si trovano tutte le scuse.
Ma è necessario:
ormai sono grandi!
Con l'ingenuità propria della gioventù
uno dei sei
esplora il mio viso
con i suoi occhietti vigili;
per nulla spaventato
impettito, immobile,
aspetta.
Lascio spazio e.....
spicca il primo volo,
deciso, sicuro,
verso la chioma verde
che lo accoglie morbida.
Dopo di lui
tutti gli altri,
un pò alla volta,
si lanciano nel vuoto.
Buon volo! Attenti al gatto!
Stanotte lascerò aperto:
tornate se volete.
Vi amerò
anche se deciderete altro.
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m'avrebbe accolto.
Avrebbe sfiorato timidamente le caviglie
e, dopo qualche attimo di esitazione,
si sarebbe avventurato
sempre più in alto:
avrebbe posato le sue mani fredde
sui miei fianchi,
sul mio seno, togliendomi il respiro
e poi su su fino a scompigliarmi i
capelli.
Avrebbe mostrato le sue ricchezze
nascoste,
i suoi amici dalle movenze flessuose,
gli angoli più segreti.
A quel punto sarei stata sua
e avrei avuto,
come ultimo suono ovattato nelle orecchie,
il grido stridulo dei tanti gabbiani
riuniti sulla riva
in un cerchio di solidarietà,
testimoni ignari
di quell'amplesso silenzioso.
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partorisce l'urlo.
Represso per un tempo infinito,
chiede spazio
e si scatena come uragano,
con violenza, riempie i polmoni
come acqua impetuosa
rompe gli argini
e con fragore
si abbatte su tutto;
spaventevole,
animalesco!
Squarcia il silenzio
e il buio della notte.
Rimane la disperazione
e il pentimento.
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nello schiamazzo,
nella musica sgangherata senza armonia:
non troveresti me.
Cerca nelle parole sussurrate,
in una luce calda e diffusa
in una tenerezza:
lì troverai me, donna.
Niente di appariscente,
di immediato,
tutto molto nascosto
nell'angolo più intimo della mia mente,
nel posto più nascosto del mio corpo.
Sfiora, non scavare!
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rubando un'altra stilla di tempo;
la pioggia sottile ed insistente
si insinuava nella mente
facendo un tuttuno
con la tristezza;
l'abbraccio caldo e morbido
mi circondava
e le mani accarezzavano
le curve e ogni piega della pelle
quasi a cercare
il luogo d'origine
di quella tristezza.
Mi sono lasciata invadere
e prendere,
ho dato spazi,
brandelli d'amore,
ho dato me stessa!
Il tramonto era ormai concluso,
la notte in cielo avanzava cupa e fredda
insieme al tepore
di quell'amore
gratuito e silente.
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Un abbraccio
furtivo in mezzo alle onde,
le mani si posano tra i riccioli
arruffati e bagnati
le labbra si incontrano
salate
e un bacio, unico come ogni giuramento,
dice tutto senza parlare.
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arrossa il cielo;
il mare placato
la sabbia scomposta
è rimasta sola;
orme di bimbi
resti di giochi e di amori
ghirlande d'alghe verdi.
Silenzio!
Il mare si riprende la sua intimità.
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Le mani scelgono,
separano, accartocciano, gettano;
il cuore conserva e piange.
In cielo, panna montata.
che abile pasticciere è il vento!
Fra i rami ancora nudi,
un groviglio di paglia
ben nascosto:
là dentro c'è la vita!
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nella mia mente.
Sei qui, con il tuo profumo delicato,
i tuoi gesti affettuosi e generosi.
"Vieni, ti rinfresco il viso!
Vedrai che dopo ti sentirai meglio."
Lo zio ha chiesto di te:
"Come sta Nonò?"
Eravate tutti lì,
tutti intorno a me,
ero la mascot di casa
con tanti desideri
e tanti perchè.
Dove sei?
La pelle profumata e setosa
la mia guancia contro la tua
lievemente imbellettata
da una polvere impalpabile(ne ricordo
ancora
la confezione),
i capelli ravviati
in un'onda morbida sulla fronte.
Hai provato ad amarmi
più che potevi;
accampavi diritti"Ti ho voluta io"
me lo ricordavi spesso.
Non ti sei resa conto di quanto
il tuo amore fosse costrizione;
lo so, avresti dato l'anima per me.
"Sarà il bastone della tua vecchiaia"
ripeteva qualcuno
e questa frase suonava un pò sinistra.
Profezia disattesa:
tu non hai fatto
in tempo ad invecchiare,
e comunque l'hai fatto da sola,
io sono il bastone di me stessa.
Dove sei?
Mi manca la tua voce dolce e pacata al
telefono:
"Come stai, Nonò? Ti penso sempre"
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Pesanti
colpi d'acciaio sulla terra arida e assolata.
Le unghie della pala meccanica scavano il
terreno per strappare
l'ultima forma di vita.
Gemono le radici legnose e bianche
nello staccarsi dalla terra.
Tutt'intorno il fosso si allarga,
finchè non ti adagi, vinto, su un fianco.
L'uomo cambia strumento di tortura,
le unghie si trasformano nella bocca di un
mastino
e tu, come un trofeo,
vieni sollevato e portato lentamente
verso il camion in cui giacciono
le tue magnifiche fronde
strappate dal temporale del mese scorso.
La fossa viene livellata e richiusa,
compattata.
Ora al tuo posto c'è una grande ferita
marrone
circondata da erba bassa e fitta.
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La
vita che inizia nel profondo e nel silenzio,
si incontra, quasi con violenza,
con la luce.
Al suo termine ritornerà nelle profondità
della terra:
ci sarà luce ad accoglierla!
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