Patrizia M. 

Primo gennaio

IL RICHIAMO DEL MARE

Parlando col mare

 

 

IL RICHIAMO DEL MARE
 
Ascolta, figlio del mare
tendi le mani e toccalo
il mare respira fremente di vita
primordiale culla di destini futuri.
 
Ascolta l'anelito del dolce padre
per te, figlio perduto
con dolore donato alla terra.
 
Ascolta i silenzi degli abissi
densi di parole dimenticate
la voce del mare è dentro di te
antico ricordo
sommerso dai perchè
fatti di sabbia e pietra.
 
Ascolta,
con canti di sirene il mare ti chiama
raccogli il suo grido e rispondi.
Il suo spirito vive ancora in te
non si è spezzato il legame
figlio del mare.
                                (1982)
 
 

 

 


 
 
Parlando col mare

L'alba giunge con i suoi colori
a svegliare il cielo,
la mano delicata del vento
accarezza l'immenso mondo
custode di misteri e di sogni.
Sospira il mare,
sciogliendosi in quella carezza.
Lieve ed impercettibile
il suo respiro mi raggiunge
ne sento il profumo
il ritmo regolare m'invade
calmando l' anima.

Lo guardo
attendere fiducioso il calore del sole
spade di luce lo trafiggeranno senza dolore
porteranno la voce più forte
laggiù, nelle profondità nascoste.
Violeranno i segreti,
magico privilegio solo ad esse concesso.
Ruberò un raggio al sole
e andrò ad ascoltare quella voce.

Lo sguardo
s'immerge in quell'immensità
freme l'emozione.
Pensieri ancestrali
ritornano in superficie,
dolce nostalgia
figlia di sensazioni già provate
non so quando, non so come.
Dolce padre,
accoglimi di nuovo
nell'abbraccio forte e sicuro
del tuo mistero.
Ritroverò chi ero e forse capirò...


Lo ascolto,
urlare la rabbia
contro chi non sa vedere,
contro chi non sa ascoltare.
Coprire il canto del mare
per non sentire..
Perché?
Dolce può essere
quando felice gioca col cielo,
terribile nella furia che a volte lo invade,
ma il mare canta la vita.

Lo sento
pianto disperato,
nessuno vede,
le sue lacrime si confondono in lui
condannato al silenzio
a non essere visto nel suo dolore.
dall'avidità soffocato,
dal putrido oro nero violentato.

E piango con lui.

 

 


 

Primo gennaio

 

Un altro primo gennaio, un nuovo anno che sta per iniziare. Amo questo giorno, carico d'illusorie e consolanti attese, velato dall'opaca tristezza delle cose già vissute. Dopo il frastuono e l?euforia che l'hanno imbrattata senza ritegno, la notte lentamente, si trasforma in giorno: il primo giorno dell'anno. Mi piace aprire le imposte molto presto, nonostante il sonno e la stanchezza cerchino di riportarmi all'oblio. Molte volte non vado nemmeno a letto per non rischiare di perdere questo momento. C'è tempo per dormire, ora voglio vederlo, questo primo gennaio. Così, seduta davanti alla finestra con la tazza del caffè in mano, mi preparo a godere ancora una volta di questo magico istante, rabbrividendo nella coperta non so se per il freddo o se per l'emozione. La luce s'incammina stanca e dolcemente, viene a posare le sue mani affusolate sul mondo. Sembra promettere bene la giornata, il cielo è pulito stamattina, forse ci sarà il sole. Mi lascio prendere da un inarrestabile entusiasmo, quasi che quel cielo terso, quel presagio di sole, potesse darmi la certezza di una vita diversa. Ma non può essere tutto qui, in ogni spettacolo che si rispetti c'è sempre il colpo di scena. E, infatti, mentre sembra che la luce stia prendendo possesso del mondo, un impalpabile velo comincia a sfumarla, producendo lo stesso effetto della stoffa che mettiamo sulla lampada quando vogliamo rendere il riverbero meno aggressivo. La nebbia avvolge, con calma quasi esasperante, tutto ciò che sta là fuori e il sole si trasforma in una patetica macchia color giallo sfinito, un insulto dimenticato là, in mezzo al cielo. L'entusiasmo lascia il posto ad un'inevitabile tristezza, la nebbia ha finito col nascondere anche le speranze, i sogni, i desideri. La tazza del caffè è vuota ed il freddo comincia a farsi sentire; mi alzo e mi preparo ad affrontare questa giornata nuova di zecca. Nonostante le ore passino, l'atmosfera non cambia. I vicini di casa, probabilmente rincretiniti dal sonno come me, rimangono silenziosi. Il rincretinimento dev'essere generalizzato: per la strada non una macchina, nemmeno il rumore di un misero motorino, nemmeno le voci delle due comari che generalmente animano la vita del vicolo. E' una sensazione strana, il mondo è diverso in questa giornata. Il silenzio s'impone e ti costringe a pensare a tutto ciò per cui non sei felice. Rimane dentro una sensazione di disperazione lacerante che fa a pugni con la tua voglia di credere alla vita.

 

 

 

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consolanti attese, velato dall'opaca tristezza delle cose già vissute. Dopo il frastuono e l?euforia che l'hanno imbrattata senza ritegno, la notte lentamente, si trasforma in giorno: il primo giorno dell'anno. Mi piace aprire le imposte molto presto, nonostante il sonno e la stanchezza cerchino di riportarmi all'oblio. Molte volte non vado nemmeno a letto per non rischiare di perdere questo momento. C'è tempo per dormire, ora voglio vederlo, questo primo gennaio. Così, seduta davanti alla finestra con la tazza del caffè in mano, mi preparo a godere ancora una volta di questo magico istante, rabbrividendo nella coperta non so se per il freddo o se per l'emozione. La luce s'incammina stanca e dolcemente, viene a posare le sue mani affusolate sul mondo. Sembra promettere bene la giornata, il cielo è pulito stamattina, forse ci sarà il sole. Mi lascio prendere da un inarrestabile entusiasmo, quasi che quel cielo terso, quel presagio di sole, potesse darmi la certezza di una vita diversa. Ma non può essere tutto qui, in ogni spettacolo che si rispetti c'è sempre il colpo di scena. E, infatti, mentre sembra che la luce stia prendendo possesso del mondo, un impalpabile velo comincia a sfumarla, producendo lo stesso effetto della stoffa che mettiamo sulla lampada quando vogliamo rendere il riverbero meno aggressivo. La nebbia avvolge, con calma quasi esasperante, tutto ciò che sta là fuori e il sole si trasforma in una patetica macchia color giallo sfinito, un insulto dimenticato là, in mezzo al cielo. L'entusiasmo lascia il posto ad un'inevitabile tristezza, la nebbia ha finito col nascondere anche le speranze, i sogni, i desideri. La tazza del caffè è vuota ed il freddo comincia a farsi sentire; mi alzo e mi preparo ad affrontare questa giornata nuova di zecca. Nonostante le ore passino, l'atmosfera non cambia. I vicini di casa, probabilmente rincretiniti dal sonno come me, rimangono silenziosi. Il rincretinimento dev'essere generalizzato: per la strada non una macchina, nemmeno il rumore di un misero motorino, nemmeno le voci delle due comari che generalmente animano la vita del vicolo. E' una sensazione strana, il mondo è diverso in questa giornata. Il silenzio s'impone e ti costringe a pensare a tutto ciò per cui non sei felice. Rimane dentro una sensazione di disperazione lacerante che fa a pugni con la tua voglia di credere alla vita.

 

 

 

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