BIOGRAFIA
Nato nel 1844 in una famiglia
agiata della piccola borghesia provinciale di Metz, cominciò fin da ragazzo
a scrivere poesie ed entrò in contatto con i circoli poetici contemporanei.
Si rivelarono in quegli anni alcuni tratti della sua complessa personalità,
manifestando una sorta di dualismo che lo spinse ora verso delicate
effusioni del sentimento, ora verso improvvise brutalità. Nei Poèmes
saturniens (Poemi saturnini, 1866), ad esempio, è evidente l’influsso
“maledetto” di Baudelaire, mentre nelle Fêtes galantes (Feste galanti, 1869)
traspare una delicatezza quasi settecentesca, ispirata ai quadri di Watteau,
pervasa da un’inquietudine decadente. Il matrimonio con Mathilde Mauté de Fleurville, combinato dalla madre nel tentativo di sottrarlo alla “bohème”, gli ispirò i versi di La bonne chanson (1870); tuttavia il matrimonio non durò, minato dagli eccessi del poeta e infine travolto dalla sua tormentata relazione con il giovane poeta Rimbaud. Nella raccolta La bonne chanson nella quale Verlaine cantò, illuso, l’equilibrio e la pace raggiunti con l’amore e il matrimonio. La tempestosa relazione con Rimbaud si concluse tre anni dopo in Belgio con il colpo di pistola che Verlaine sparò al giovane poeta quando questi decise di rompere il legame. Le conseguenze non furono tragiche, ma Verlaine venne incarcerato a Bruxelles e successivamente a Mons. Queste circostanze contribuirono a una profonda crisi religiosa espressa dall’autore in Romances sans paroles (Romanze senza parole, 1874). Scontata la pena insegnò per qualche anno all’estero e diventò agricoltore manifestando pentimento e buoni propositi (Sagesse – Saggezza, 1881). Ricadde tuttavia in disordini di ogni tipo, cedendo anche all’alcoolismo. Ritornato a Parigi divenne figura di primo piano del nascente decadentismo e del pre-simbolismo. Tornò a Parigi, dove la raccolta Sagesse gli stava procurando fama e un posto di rilievo nel dibattito culturale di fine secolo. Collaborò a varie riviste; nell'importante raccolta di saggi e articoli Nel 1844 pubblicò la raccolta di saggi Les poètes maudits (I poeti maledetti) in cui esaltò i poeti oscuri e irregolari, decisi a confinarsi tra rivolta ed emarginazione: Rimbaud, Mallarmé, Corbière, Villiers de l'Isle-Adam e se stesso (dietro l'anagramma di Pauvre Lelian), e una serie di poesie in cui si alternano la vena religiosa (Liturgies intimes – Liturgie intime, 1892; Elégies - Elegìe, 1893) e quella crudamente erotica (Parallèlement – Parallelamente, 1889; Chair – Carne, 1896); versi squisitamente spirituali (Bonheur – Felicità, 1891) e versi diabolicamente ambigui (Chansons pour elle – Canzoni per lei, 1891). Trascinò gli ultimi anni della sua vita da un ospedale all'altro, tra miseria e relativo benessere, a seconda della fortuna del momento. Morì povero, in un ospedale di Parigi. Preludendo a certe tendenze del simbolismo, Verlaine lavorò sulla musicalità del linguaggio, cercando di evocare invece che descrivere, di tradurre le sensazioni in puro suono, di dissolvere la realtà in una sensibilità morbosa e suggestivamente sfocata, in un respiro febbrile e vibrante. |
Le sue poesie
Canzone d'autunno
I singhiozzi lunghi
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Camminavo sui
sentieri infidi Camminavo su sentieri infidi
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Ho quasi paura
Ho quasi paura, in verità, |
Colloquio sentimentale Nel vecchio parco gelido e deserto sono appena passate due forme. Hanno occhi morti, e labbra molli, e le loro parole si odono a stento. Nel vecchio parco gelido e deserto due spettri hanno evocato il passato. - Ricordi la nostra estasi d'allora? - E perché vuoi che la ricordi? - Batte ancora il tuo cuore solo a udire il mio nome? Ancora vedi in sogno la mia anima? - No. - Ah, i bei giorni d'indicibile felicità quando univamo le nostre bocche! - Può darsi. - Com'era azzurro il cielo, e grande la speranza! - Vinta, fuggì la speranza, nel cielo nero. Andavano così tra l'avena selvatica, e le loro parole le udì solo la notte. |
Parlavamo del più e del meno, ieri
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Calmi nella penombra
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Le conchiglie Ogni incrostata conchiglia che sta In quella grotta in cui ci siamo amati Ha la sua propria particolarità. Una dell'anima nostra ha la porpora Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi; Un'altra imita te nei tuoi languori E nei pallori tuoi di quando, stanca, Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi. Questa fa specchio a come in te s'avvolge La grazia del tuo orecchio, un'altra invece Alla tenera e corta nuca rosa; Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge. |
Vola, canzone, rapida
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Seguidille
Bruna ancora non avuta,
io ti voglio quasi nuda
sopra un sofà tutto nero
in un boudoir tutto giallo,
come s’usava nell’anno
milleottocentotrenta.
Quasi nuda e non nuda,
la tua carne intraveduta
da una nube trasparente
di merletti che si schiude,
la tua carne dove corre
la mia bocca delirante.
Ti voglio troppo ridente
e inoltre dovrai essere
imperiosa, e cattiva
e perfida e qualcosa
di più se ti piacesse,
ma così lussuriosa!
Ah, il tuo corpo nero e rosa,
di chiar di luna soffuso!
Ah, te ne prego, posa
il gomito sul mio cuore
e il tuo corpo vittorioso,
tutto il tuo corpo che adoro.
Ah, il tuo corpo, che si corichi
sull’anima mia dolorosa
e su essa si riposi
e la soffochi se può,
e se il tuo capriccio vuole,
ancora, ancora, ancora!
splendide, gloriose,
bellamente furiose,
agitate nei loro
giovani giochi focosi,
sbatti il mio orgoglio giù, sotto
quelle tue chiappe gioiose!
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Poichè l'alba si
accende... Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora, poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente a ritornare a me che la chiamo e l'imploro, poiché questa felicità consente ad esser mia, facciamola finita coi pensieri funesti, basta con i cattivi sogni, ah! soprattutto basta con l'ironia e le labbra strette e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava. E basta con quei pugni serrati e la collera per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano; basta con l'abominevole rancore! basta con l'oblìo ricercato in esecrate bevande! Perché io voglio, ora che un Essere di luce nella mia notte fonda ha portato il chiarore di un amore immortale che è anche il primo per la grazia, il sorriso e la bontà, io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme, da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia, camminare diritto, sia per sentieri di muschio sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino; sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita verso la meta a cui mi spingerà il destino, senza violenza, né rimorsi, né invidia: sarà questo il felice dovere in gaie lotte. E poiché, per cullare le lentezze della via, canterò arie ingenue, io mi dico che lei certo mi ascolterà senza fastidio; e non chiedo, davvero, altro Paradiso. |
Marina L'oceano sonoro Palpita sotto l'occhio Della luna in lutto E palpita ancora, Mentre un lampo Vivido e sinistro Fende il cielo di bistro D'un lungo zigzag luminoso, E che ogni onda In salti convulsi Lungo tutta la scogliera Va, si ritira, brilla e risuona. E nel firmamento, Dove erra l'uragano, Ruggisce il tuono Formidabilmente. |
Il clown
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