Reno Bromuro 1-2
b,58,6b,5c,1f,20,32,4,1,17,6d,58,69,17,54%" align="center" height="31"> PANE VERDE (13)
Eri nato per
camminare
Rifiutasti la mano
Ora sei una scheda
23 giugno 1973
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Quanta dolcezza ti
può dare un fiore!
Ma se pensi al
futuro
Che sarà di quel
fiore? 27 giugno 1973
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Dove vai, uomo?
Gli alberi le
braccia penzoloni
I pesci rifiutano di
vivere Uomo, dove vai?
Il sole si è
oscurato
Le tue ricerche ti
hanno portato 19 giugno 1973
|
Eri già
a metà strada da
casa Gridai
non so quali frasi
Scattasti come una
molla Così ti ricordo.
41
Tredici nemici si
sono asserragliati
Tredici nemici hanno
fatto strage:
A Paduli si mangia
carne 42
Uno dei tredici
nemici è venuto in paese
Seduto sullo scalino
di una casa
Era ieri. Oggi alla
«Centriera»
L'hanno sepolto a
Paduli
43
I nemici ora sono
dodici
E' giunta in piazza
una camionetta
Si sono divertiti
con la nostra fame 44
Sette chilometri di
uomini Li sfamiamo con noccioline e vino.
In mezzo c'è
Gennaro, evviva evviva
Ho undici anni due
mesi
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Cantore notturno Devo tornare? Ritornerò!
20) Scritta il 10 aprile 1948, due mesi dopo che mi ero trasferito a Napoli.
II vento passa tra i
rami spogli L'Universo geme!
l'Uomo
si credeva un gigante
A nulla vale la sua
forza
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Isola dove nave non
approda
Tromba marina
quel lembo di terra
Guardo a Oriente
bramo orme venire
21) Scritta il 26 settembre 1940, il giorno che, a Napoli, vidi la prima volta il mare.
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Non saprò mai
narrarti favole
Conosco le favole
mimetizzate foglie
occhi lucidi
tremanti
Le favole che
conosco
18) Rosaria voleva che le raccontassi una favola: le parlai della mia fanciullezza. Era un giorno d'estate del 1958.
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Improvviso
come acqua gelata
sulla pelle
Seguisti
Un triste sorriso
Con quel triste
sorriso
Dopo sorridesti
ancora
19) Scritta il 27 ottobre 1968 quando sapemmo che papà aveva un «carcinoma alla vescica» in stato avanzatissimo. Infatti è morto il 3 novembre dello stesso anno.
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Mi chiedi
Quando l'uomo
Quando l'uomo
Quando l'uomo
16) Una domanda fatta da mio fratello, mi fece scrivere questa lirica. Papa era ritornato da due o tre giorni. Era il 27 dicembre 1945.
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Un correre, un
bisbiglio frettoloso
«E' ritornato! -
dice - E' ritornato! Pasqua giuliva, odor di biancospini!
(17) Pasqua 1946.
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Nelle acque profonde
caro ai pescecani
Cascate di lacrime
Si prodigò il
fratello
Era bello come
Luce di rettitudine
Il tuo sacrificio
(15) Scritta nell'ottobre 1943, dopo circa due anni dalla morte di Poldino. «Il fratello...» è Rocco Limongelli che si prodigò nel salvataggio, dei naufraghi feriti (per questo era stato decorato al valor militare), ma Poldino, essendo stato ferito leggermente, rifiutò il soccorso, perché c'erano altri marinai che avevano maggiore necessità di aiuto; ma non tenne conto dei pescecani. Uno di questi se lo portò nel fondo del mare.
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Un fitto bisbigliare m'ha
svegliato Ho tredici anni cinque mesi ventun giorni!
E' tutto sporco, la barba
incolta
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Giorno d'inverno, il
sole ride
Le massaie sono
elettrizzate
Peppino mi porta la
notizia, con candore Proviamo a metter sotto le foglie di cavolo.
E' mezza giornata
che aspetto e finalmente Per la prima volta ho bestemmiato.
Sono tornato a casa
a tarda sera
Ma!... E' polvere di
piselli puzzolente
ho scaraventato il
piatto dalla finestra
Terrorizzato mi sono
rifugiato
13) (Gli Alleati ci avevano portato farina di piselli e di fagioli. Le massaie di Paduli desiderose di impastare e vedere un forno acceso, impastarono questa farina e tentarono di fare del pane; ma la farina, oltre ad avere un odore sgradevole e il colore verde, non riusciva ad amalgamarsi e si attaccava sul pavimento del forno. Dopo vari tentativi, decisero di avvolgere la pasta in foglie di cavolo; ma quella "cosa" che chiamavano "pomposamente" pane, era immangiabile, più per l'odore che per il sapore. Ciò contribuì, però, a non far atroffizzare le mascelle).
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Mamma ricama e vede
sempre meno (14)
E' voluminoso il
sacco dopo macinato
Abbiamo trainato il
sacco nella polvere
Quando è andata per
impastare e farci
(14) Perché mangiassimo, finalmente, un pò di pane fatto con farina di grano, mia madre si faceva pagare i lavori di ricamo, con grano e cereali. Quel giorno di gennaio del 1944, l'avevano pagata con 20 chili di grano. Non mi pareva vero! Ma il mulino elettrico non funzionava. Decisi di recarmi al mulino ad acqua, lontano dal paese circa 5 chilometri. Il sacco con il grano non era voluminoso e 20 chili, portati in spalla, non erano pesanti, o fastidiosi; e con l'aiuto di mio fratello Peppino diventava tutto più facile. Però non tenni conto (ero pur sempre un bambino, anche se avevo 12 anni) che il grano una volta macinato avrebbe aumentato il suo volume; per cui non era il peso, ma il volume che non ci permise di portare il sacco, in spalla, come per l'andata al mulino. Mia madre fece di tutto per eliminare la terra infiltratasi e mischiata con la farina, ma senza riuscirvi. Dio le lagrime che pianse!
48
Da due anni, mio nonno non parla
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Oh, no! A te non
baciò in fronte
Il tuo giorno non
finì
Era il dieci
Ella non ti volle
e non ti abbracciò
Ti attese sulla
ferrovia
12) Scritta nel 1946. Per anni il ricordo di questo sfortunato padulese mi aveva tormentato (ancora oggi il ricordo mi stringe il cuore "come un limone senza succo", perché ero presente). Andavo ogni giorno alla stazione ferroviaria di Paduli (sette chilometri all'andata, sette al ritorno), nella speranza di veder scendere dal treno mio padre e mio zio Giovanni?
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Uomini passano, a
migliaia,
I camini di Paduli
fumano tutti
Mio nonno scrive
lettere e non parla 46
Ritornano i reduci
e mio padre?
Il passerotto è
ritornato alla finestra
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Segreto rimane
Medaglie al valore
Ti rimandarono a
casa.
11) Scritta nella primavera del 1946, il giorno in cui vidi Rocco Limongelli (decorato al valor militare), chiedere una sigaretta: non trovava lavoro. Poi, mi hanno detto, che nell'agosto del 1948 si arruolò volontario nel Corpo degli Agenti di Custodia)
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Fuori il balcone, nel vaso
grande,
Fuori il balcone, il pesco
piantato
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Interminabile
colonna di carne
occhi che non
capivano
Uno, ai piedi di una
vite
Fetore di pelle:
vergogna morde
l'anima:
due soltanto ci
hanno disarmato:
Occhi che non
capivano
Dritto, sulla
collina
Stupore, meraviglia,
non sapeva perché.
Occhi, che non
capivano cercavano
Un grido che sapeva
Ancora imberbe,
armato di bastone Una scarica di mitra!...
Il volto di
fanciullo
Occhi che non
capivano, i miei,
Piansero, piangono
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A Portanova, al
tramonto
Luigi Reparata ci
disse:
Imberbe divenuto
uomo
Lo rivedemmo passati
tre mesi
Sua vita le lacrime
della madre
erba cattiva
estirpare:
Suo volto occhi
aridi cercano Eroe, giaci, dove?
Sulle mani callose
Forse hai pianto
prima di morire 10) Scritta verso la fine di aprile 1945
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Nel
cielo sereno, a sera gli
astri si vestono d'oro e
Sirio in tutto lo splendore mi
dice il passato, il futuro. Tremando
rispondo voglio
il presente. Il
sole nascente tinge il cielo di rosa. Reno
Bromuro (da Il canto dell’Usignuolo)
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La
luce dei fari mi giunge nella
nebbia del mattino mentre
un sole sincero va
colorando l'aria di rosa. E'
passata la notte! Un
nuovo giorno viene un
altro giorno amore. S'arrossano
il cielo e il mare mi
perdo in quel rosso fuoco del
tramonto nel ricordo di te. Il
lampo dei fari ritorna nella
notte nera e nebbiosa: è
il treno che a te conduce per l'infinito spazio del cuore. Reno
Bromuro (da Il canto dell’Usignuolo)
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OCCHI
CHE NON CAPIVANO 1 Oggi è il mio primo giorno di scuola fino a maggio scorso sono andato all'asilo; piangevo sempre, volevo bene a suor Anna e suor Anna era fuggita con un bersagliere. 2 A «Valle d'Asino» ho costruito intrecciando carpini e rovi una capanna: è la che vado quando ho voglia di piangere. 3 A scuola mi hanno dato una camicia nera, un fez, un pantaloncino grigio-verde. Mia madre quando ha visto il pacco, ha detto: «Almeno hai vestito decente per la festa!»
Sono scappato a Valle
d'Asino: 4 Sono andato a comprare le sigarette mezza lira per dieci «popolari». Dal tabbaccaio (1) c'era «Finuccio» un poco traballante. Due in divisa l'hanno preso di forza insieme ad altri due l'hanno legato su una sedia gli hanno messo un imbuto in bocca hanno travasato una bottiglia... Quando è uscito, traballava tanto si contorceva e «loro» ridevano... «Questo facciamo a chi non è con noi!» Sono ritornato senza sigarette!
Mio nonno si è arrabbiato e non per le sigarette. (1) L'errore l'ho lasciato come tanti altri per non togliere o aggiungere nulla al bambino) 5 Mi hanno cambiato classe e faccio la seconda elementare. Siamo due uomini
e ventiquattro donne.
E' entrata la maestra,
quella nuova;
Non piango più, non
voglio 6
La signorina Mafalda
ha diviso 7
II segretario politico
ha comandato
Il nonno si è alzato
in piedi
8
Per la prima volta,
stamattina, (1)
Sono rimasto due ore
inginocchiato
A casa, mio padre, mi
ha fatto la testa 1) Scritta nell'aprile del 1939. Papà era ritornato, per una breve licenza, cosa che gli bastò per generare mio fratello Nino - nato il 26 gennaio 1940 - e farmi conoscere le sue mani. 9
Per non prendere
botte, sai che faccio? 10
Angelina mi ha tradito
11
Stanotte ho pregato il
Signore
voglio guadagnare
qualche soldo 12
Non muore nessuno ed
io rimango
Mi è costato veramente
caro: 13
Ci hanno riuniti nel
piazzale della Villa
Il capo ha parlato e
ha detto: «GUERRA!»
Mio nonno mi ha messo
una mano sulla testa 14 Mi sono svegliato, mio padre non c'era. (2) E' partito, è stato richiamato! Mamma, quando rivedrò mio padre?
Avevo otto anni, due
mesi 2) Era la mattina del 27 settembre 1940 15
E' giunto a Paduli un
forestiero (3)
Io e Gianni siamo
diventati amici 3) Quando Gianni giunse a Paduli, quale confinato politico, era il giugno 1941 ed io dovevo prepararmi per gli esami di ammissione alla scuola media, ma nessun insegnante padulese aveva il tempo per darmi lezione. Chissà perché? 16
Nessuno mi vuoi
preparare Penso lo faccia perché gli piace zia. 17
Sono cinque giorni che
Gianni
Mi parla della
rivoluzione francese, 18 Sono andato a Napoli (4)
e per la prima volta
Sono ritornato a Paduli di corsa. 4) In occasione dei funerali del marito di zia Adelina, la sorella di mia madre: era il 26 settembre 1941 19
Gli amici mi hanno
detto
Sono scappato a Valle
d'Asino 20
Sono andato col nonno
giù in cantina, ndò-ndò-ndò: qui radio Londra..." Il nonno m'accarezza dolcemente. 21
Non sono andato più a
studiare
Mi ha ricordato la
rivoluzione francese
22
Nell'aria c'è festa
(5) «e caduto, e caduto!»
Il nonno affacciato
alla finestra 5) 25 luglio 1943: anche a Paduli si vede e si sente la guerra, fino ad ora rimasta solo notizia stampata o radiofonica. 23
Son venti giorni che
il pane non c'è
Seduto sulle scale al
centro della via
Seduto sulle scale al
centro della via 24
Ma sarà dato onore a
noi bambini 25
Mi han detto che
domani (6)
Un poeta? Ma si può
vedere un poeta?
6) Queste due, contrassegnate dai numeri 25 e 26 sono antecedenti, risalgono all'aprile 1941. Il Poeta di cui parlo è Enzo V. Marmorale (allora Ispettore scolastico). Dovevo ritrovarlo nel 1953, e dopo due anni mi fece pubblicare, a sue spese, dall'Editore C. Armanni di Napoli, "Note e Motivi", a cui scrisse anche la Prefazione.
26
Ho visto il poeta. Ma
è un uomo! Dio, come splende! Ha il sole in fronte.
Mi ha fatto recitare
una poesia
Sono andato di corsa
sul soffitto 27
Ho parlato, oggi, e
per la prima volta
Le ho dato un bacio
Non voglio lasciare Paduli.
|
15
Aspetto qui, sotto
l'albero Ma perché non viene? Si sta vestendo di nero!
Rose di sangue
Sotto montagne di
neve
Candore al cuore
fiumi di lacrime Amore non sei sola!
Ti contorci nel
dolore
Le labbra senza
suono Intorno a te
per tuo fratello in
Russia
Piedi arrossali dal
freddo
Faceva il calzolaio
lo mandarono in Russia.
Quando ritornerò
Una croce Chi vi porta un Fiore? Il Vento.
7) Scritte nel settembre 1942, quando giunsero i due telegramma che avvertivano la famiglia Scaramuzzo, che Michele (sedici anni) era caduto in Russia (Alpino della Julia) e suo padre era stato fatto prigioniero dalle forze alleate, in Africa. "Piedi arrossati la scrissi il giorno dopo. Ricordo che era domenica.
28
Ad Apice un treno
carico di vitto
I treni sono tre
nella stazione
Dalle mani di un
uomo sfugge un sacco
Tre paia di scarpe
ed esco fuori
Corro accanto al
treno, sono solo
Il mio si straccia,
perdo il contenuto
29
II bagliore delle
fiamme
Salvezza?...
Mia madre alla
finestra
Mi scompiglia i
capelli, senza parlare,
Avevo undici anni un
mese
30
Chi soccorrerà
domani, mia madre:
Chi soccorrerà
domani mia madre 31
Sfamate, vi prego,
chi ha fame di giustizia
Ma Dio, Dio dov'è?
S'è scordato
Ma Dio, dìo dov'è?
E' occupato
Maria sfammi vicino
Ventiquattro anni
una vita!
Pietà all'anima
fanciulla
Erano intenti al
ritorno
Da Portanova Fermati cuore già morto!
Maria sfammi vicino
Da Portanova
Minicuccio
non lo aiutò il suo
male
Morì quattro mesi
più tardi
in una stalla
abbandonata
- casa del terremoto dell'otto
raggomitolato a
palla
Negli occhi aperti
Dammi la mano Maria
8) Il ritornello "Maria stammi vicino…" è stato aggiunto nel 1967 (avevo da poco ritrovato i fogli scritti e nascosti in una camera d'aria di bicicletta), nel leggere quanto, i miei occhi avevano visto quel 13 agosto 1943, quando gli alleati bombardarono la stazione ferroviaria di Benevento, con spezzoni incendiari. Quel giorno, oltre ai genitori e il fratello di Minicuccio, perirono anche la moglie e due figli, piccoli di un altro padulese, venuto in ferie al paese natio. E non solo loro. Allora si diceva che erano perite oltre mille persone. I giornali non li ho mai letti, per cui non posso esere preciso sulla quantità di persone perite. "Giorno di morte" originale è la seguente (le prome righe sono illegibili): "Pietà all'anima fanciulla/che geme di giustizia./Erano intenti al ritorno/ ai reggimenti soldati/ alle case donne e bambini;/scacciato da Napoli/ stormo di morte/si soffermò su te/ Benevento!/Da Portanova/ impotenti/assistemmo/vedemmo/ l'Inferno!/Da Portanova Minicuccio/con noi guardava e piangeva:/ era epilettico/non lo aiutò il suo male/quando d'essere solo rimasto/ appurò./Morì quattro mesi più tardi/ il giorno di Natale./Lo trovammo/ in una stalla abbandonata/abbandonato/ - casa dal terremoto dell'otto/distrutta-/raggomitolato a palla/in compagnia di scarafaggi/cimici e pidocchi./ Negli occhi aperi/ cìera l'oorore dell'uomo/ sulla bocca/ il sorriso degli angeli." E' stata scritta in tre tappe. La prima dopo ferragosto del 1943; la seconda il giorno di Natale dello stesso anno ela terza nel 1967.)
32
In questa notte di
sussulti e di bagliori
Ho paura di non
sapere amare 33
Cinque coperte sono
pronte 34
Arrampicato su per
Montesanto
Quattromila lire
guadagnate
Arrampicato su per
Montesanto
I carpini mi
tagliano la carne Ecco la strada, ormai sono arrivato.
Il gelo del metallo,
un grido acuto
La sera abbiamo
ancora mangiato 35
Son dieci giorni che
mi porto appresso
Cristina si è
attaccata alla mammella Il giorno appresso esco più deciso. 36
|