Vincenzo
Cardarelli
Vincenzo Cardarelli nacque a Corneto Tarquinia nel 1887. Il suo iter di studi si
fermò alla licenza elementare, ma in lui era grande la voglia di apprendere, per
questo approfondì il suo sapere da autodidatta. Fuggito a Roma, intraprese la
carriera giornalistica collaborando con grandi quotidiani come " La voce", " La
fiera letteraria"( di cui fu il direttore) e "La Ronda" ( di cui fu il
fondatore). La sua vita fu caratterizzata da disagi economici. Esordì nel 1916
con la raccolta "Prologhi". Ma sono anche altre le sue opere, tra queste : "
Viaggio nel tempo", " Favole e memorie", " Il cielo sulla città" e "Il
viaggiatore insocievole" . L'opera poetica di Cardarelli è stata raccolta in
unico volume: " Poesie", del 1942. Il Nostro fu protagonista anche di alcune
battaglie culturali condotte dalle pagine de " La Ronda". Egli cercò di far
capire l'importanza di una misura classica relativa all'arte, con particolare
riferimento alla dignità formale. Caratteristica della prosa di Cardarelli è
l'intonazione lirica adottata nelle pagine di evocazione e di viaggio, mentre
nei versi rende un'ispirazione dolcemente sensuale. Il Nostro morì a Roma nel
1959.
Gabbiani
Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io son come loro, in perpetuo volo. La vita la sfioro Com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. E come forse anch'essi amo la quiete, la gran quiete marina , ma il mio destino è vivere balenando in burrasca.
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da "Poesie" (1936) I
ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo,
i
lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E
tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire
che m’appartieni e
qualchecosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapido!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l’amore
brucia la vita e fa volare il tempo.
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da "Poesie"(1936)
Brevi sono le forme
che il caos inquieto produce.
La vita è fiamma vinta.
Ogni cosa è costretta
in uno spazio imperioso.
Ascese immani s’appuntano
al vertice di un’ora
per ricadere dolorosamente
in una perduta impotenza.
Se poi ci si rialzerà,
non è certo. A
volte il destino divaga.
Attese di anni non bastano
a
dar tempo di giungere a un momento.
E
noi stringiamo la grazia
come una mano che si ritira. |
Da "Poesie" (1936)
Su te, vergine adolescente,
sta come un’ombra sacra. Nulla è più misterioso e
adorabile e proprio
della tua carne spogliata.
Ma ti recludi nell’attenta veste
e
abiti lontano
con la tua grazia
dove non sai chi ti raggiungerà.
Certo non io. Se ti veggo passare
a tanta regale distanza,
con la chioma sciolta e
tutta la persona astata,
la vertigine mi si porta via.
Sei l’imporosa e liscia creatura
cui preme nel suo respiro
l’oscuro gaudio della carne che appena
sopporta la sua pienezza.
Nel sangue, che ha diffusioni
di fiamma sulla tua faccia,
il cosmo fa le sue risa
come nell’occhio nero della rondine.
La tua pupilla è bruciata
del sole che dentro vi sta.
La tua bocca è serrata.
Non sanno le mani tue bianche
il sudore umiliante dei contatti.
E
penso come il tuo corpo
difficoltoso e vago
fa disperare l’amore
nel cuor dell’uomo!
Pure qualcuno ti disfiorerà
bocca di sorgiva.
Qualcuno che non lo saprà,
un pescatore di spugne,
avrà questa perla rara.
Gli sarà grazia e fortuna
il non averti cercata
e
non sapere chi sei
e
non poterti godere
con la sottile coscienza
che offende il geloso Iddio.
Oh sì, l’animale sarà
abbastanza ignaro
per non morire prima di toccarti.
E
tutto è così
Tu anche non sai chi sei.
E
prendere ti lascerai,
ma per vedere come il gioco è fatto,
per ridere un poco insieme.
Come fiamma si perde nella luce,
al tocco della realtà i
misteri che tu prometti
si disciolgono in nulla.
Inconsumata passerà
tanta gioia!
Tu ti darai, tu ti perderai,
per il capriccio che non indovina
mai, col primo che ti piacerà.
Ama il tempo lo scherzo
che lo seconda,
non il cauto volere che indugia.
Così la fanciullezza
fa ruzzolare il mondo
e
il saggio non è che un fanciullo
che si duole di essere cresciuto.
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