ANNALISA DERI, toscana di nascita emiliana d’adozione,
ventisette anni, una vita trascorsa
a leggere Amelia Rosselli, Alda Merini, Patrizia Cavalli, Ingeborg Bachmann.
Poesie nell’accezione più libera del termine. Scarso,quasi nullo l’uso della punteggiatura.
Voluta inesistenza della rima, trascurabile licenza, mancanza d’un legame logico
e rassicurante. Poesia di disincanto che esorcizza, agli umani estremi, l’incapacità di amare
o l’eccessivo amore.
Già che c’eri, disillusione
potevi fare polvere della cenere e incenerire
queste monotone strade di polvere
Poca era la voglia ma m’hai condannata,
astuta ingannatrice,
a sperperare anni con una scopa in mano
Nolente debito ossessivo
del mio svogliato cuore, guardiano
di fari debolmente accesi
oggi
il mio calmato cuore ti somiglia
Impara a guardarmi
Lasciati portare via
Lascia le parole scritte sulla trasparente soglia.
Nella mia conoscenza di te, l’intuizione delle tue
profondità
Deliziosa indecenza umorale
questa notte spogliata di passione.
Cullante risacca di puro affetto
che quieta di lento l’anima e l’angoscia
Ho piantato camelie e rose appassite
nell’imprudente tentativo di coltivarti
Eri il mio orto segreto la mia santa piantagione
il rigoglioso fiorire senza colori
la perfezione dell’estetica oscura
del tuo dignitoso appassire
Il crepuscolo l’ho lasciato
al poeta smemorato che si dannava
mi sono lanciata nel pulviscolo
confuso delle emozioni
mi sono ricoperta
di palpitazioni
Solo per fingere alla perfezione
questa paresi di finta sensazione
Spigolo
di raro acume convesso
riverso
sul suo stesso angolo, concavo
come grotta scavata dall’usura del tempo.
L'austero divagare che tenta
l'accidentata via dell’autorità
la tua ironia di fondo, perdonami
lo rende in prospettiva poco credibile
Diafano, come fiero cimelio di guerra
quel tuo volto inespressivo di gioie,
costante solo la lama che trafigge
l'acuto taglio dei tuoi occhi,
imbelli e immutati gli zigomi
che narrano di arcane battaglie,
strette le labbra in una smorfia
che rinnega luminosi sorrisi.
Così il tuo viso è il fondo solco
in cui seminasti la storia.
Su gambe fragili annodano
dita rinsecchite le mie mani,
sguardi che dal basso anelano
a un impossibile infinito
Lacrime che in breve tragitto,
grate di fatica raggiungono,
di veglia a un sonno eterno
pace, riposo, quiete.
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