Dei
nostri discorsi, fatti d’interminabili
silenzi, di passi scanditi sul
grigio dei marciapiedi, rimane
l’umida traccia
del respiro sul
vetro. E
mi torna alla mente il
ticchettio insistente d’una
sveglia in
notti d’insonnia. Per
distrarmi considero
frammenti di
larvate intimità,
fiumi d’attesa palpitanti
nella penombra, e
sul colletto i
rivoli della pioggia fuggita
alle grondaie. Aspetto con
la mano levata sulla
serratura: odo
voci d’altri
tempi. Forse molto
meglio prolungare
l’inganno. Ti
cercai, Donna. Non
sapevo il tuo volto: eri
cavallo selvaggio in
lunghe galoppate solitarie tra
le stoppie. Eri ombra
bianca nelle
notti chiare. E
la luna distratta sfiorava
le foglie tremolanti della
vecchia quercia. Noi,
sconosciuti, guardavamo la
luna, rincorrendo alate
fantasie di albe scalze:
giorni seduti ai piedi di
una scala col
mento tra le mani. Sfondo
azzurro, sconfinati spazi
ove dissimuli passioni sopite
lacrime risate adolescenti
speranze
Presto
il vento freddo
dell’inverno spazzerà
la ragnatela spoglia
e disabitata. Per
altri luoghi è
andato il tessitore a
tessere ancora, e
più non ricorda il
muro grigio e
la pianticella esile
che sorreggeva le trame dei
lunghi sogni di
fanciullo.
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Fatto
di pietra -
e il vento della sera mi castiga - rapido
cammino per campi
solitari. Sferza
il mio viso il
ramoscello (ma
non abbastanza). Vorrei
un cielo senza stelle
e il frastuono dell’uragano. Un
deserto per patria. Cancellare
i solchi sulla
sabbia: tatuaggi impressi
a fuoco. Corro. Chi
m’insegue? Cerco
la pena per
una colpa non
commessa: è
ancora dietro di
me, la tua ombra. Ho
aperto una scatola di
conserva; l’odore
era di guasto. Odore
dei tempi, odore di
cose perdute. Nell’immondizia: meglio
gettar via i
ricordi malati. Ondeggia
la foglia bruna,
sciolta dal ramo; si
posa in agonia tra
capelli scolpiti. Immobile
la statua nel
giardino dei tempi. Corre
il treno sulla
strada ferrata, e
il mio sguardo stupito
sfiora le
traversine che
fuggono via: sono
i giorni di
questa vita mortale. Goccia
di nulla sospesa sulla
porta dell’infinito. Le
stelle ti guardano, silenziose
ed eterne.
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