Bruno (Bilco) 1-2
Le sue poesie - i suoi racconti
Una lama sottile che penetra
sotto la pelle.
Un colpo di coltello che non
ho visto partire e che non ho saputo evitare.
Un bisturi infetto che fruga inquieto
tra i miei organi vitali e recide senza pietà parte del mio passato e
dei miei ricordi. Un taglio netto e definitivo che asporta tutto il
mio tempo con lei... Sara... prima grande sbandata sulla strada della
vita, pagine e pagine di parole che non ho più saputo ripetere,
smarrimento puro e veloce, aquilone leggero che veleggiava tra feroci
tormenti adolescenziali e languide felicità, tra promesse che era
impossibile mantenere e fantastiche costruzioni di improbabili futuri.
Tempo che mi teneva in ostaggio, legato ad un passato da cui non
riuscivo a staccarmi e che non riuscivo a dimenticare.
Una lama sottile che fino a
poche ore prima era la mano del mio amico migliore, mano che
stringevo ad ogni saluto, ad ogni giuramento, ad ogni segreto
confidato.
Cammino sulla sabbia bagnata
della battigia
con l'acqua spenta di un mare
quasi immobile che ognitanto raggiunge i miei piedi
con la luce pallida di un
sole addormentato che si nasconde dietro gli alberghi del
lungomare
in una spiaggia che mostra i
segni del sabato sera
e cerco le tracce di una
notte che per alcuni deve ancora finire
in mezzo ad un silenzio che
ha musica alta come sottofondo
rincorrendo immagini
rapide che danzano in un girotondo malato come pareti di stanze
ubriache.
All'inizio era solo una
sensazione, un'ombra sbagliata che macchiava la trasparenza del
giorno, un cattivo riflesso sull'azzurro liquido del mare ... un
presentimento che si faceva largo tra le intercapedini della mente e
gocciolava una paura indecifrabile che interrompeva, ad intervalli
perfetti, una tranquillità che dalla perfezione era assai distante. All'inizio
era solo una frase sbagliata appoggiata alla fine di uno di quei
discorsi in cui ogni tanto ci incastravamo... curiosi labirinti che ci
tenevano prigionieri in mattine particolarmente lente in cui il resto
degli amici tardava ad arrivare o lunghissimi tunnel
in cui ci infilavamo più o meno consapevolmente in serate che
trascinavamo fino a tardi ingolfandoci di birre e sigarette e rovesciandoci
addosso tutta l'inquietudine di un'età in cui ci risultava assai
difficile lasciarci in pace.
"Tu almeno puoi dire di essere stato con
una ragazza oggettivamente bella...". Aveva detto così
attribuendo a Sara una bellezza che non aveva potuto vedere ma
che gli era stata descritta da chi l'aveva conosciuta quando
stavamo insieme. Aveva pronunciato quelle parole dopo un
lungo monologo sulla "sacralità" dei nostri passati
amori, sulla loro intoccabilità, sull'importanza della nostra
amicizia, sulla sincerità, su una fedeltà reciproca che andava
oltre...ma io mi stavo facendo assorbire più dalla musica che
usciva dal piccolo stereo portatile che dall'evolversi del discorso e
iniziavo a godermi l'immagine in prospettiva del giorno che sarebbe
entrato nel vivo con l'arrivo di Marta... mi ero sdraiato su
una nuvola e lasciavo che la leggera brezza mi spostasse e mi
mostrasse dall'alto tutte le cose che avremmo potuto fare
insieme durante l'estate e dare peso a quella frase e a
quella punta di invidia che si poteva scorgere
nell'inclinazione e nel tono mi sembrava eccessivo e ingeneroso
perchè io e Marco eravamo grandissimi amici.
Ci eravamo conosciuti in
un luglio che datare richiederebbe troppa fatica ed eravamo
diventati inseparabili. Avevamo iniziato a condividere tutto,
passioni, esperienze, ideali, sogni, paure, inquietudini, ed
ancora libri, musica, concerti, film... più passava il tempo più
la nostra amicizia diventava forte, inattaccabile e inossidabile
e sembrava resistere senza problemi al nostro "diventare
grandi" e ai grigi e freddi inverni padani che
ci rinchiudevano nelle nostre distanti città e ci avvolgevano in un
silenzio che spezzavamo con frequenti telefonate e lunghissime
lettere. Non avevamo segreti tra noi, sapevamo ogni cosa della vita
dell'altro e questo ci sembrava bello, necessario e doveroso. Così
Marco conosceva tutto della mia storia con Sara, sapeva come
era iniziata, la casualità che ci aveva fatto incontrare in un
giorno di ottobre, l'inizio lento, quasi diffidente e a piccoli
passi , il periodo da sogno, le prime difficoltà ed i
primi problemi, le gelosie figlie dell'età e dell'ingenuità e la
lenta ma inarrestabile discesa verso la fine... Sapeva anche il
tempo che ci avevo messo per uscirne, per risollevare la testa, per
perdonarmi gli errori commessi e per spostare l'angosciante
peso del senso di colpa in angoli più lontani della coscenza,
per convincermi che ci sarebbero stati altri amori e che il mio
cuore era ancora troppo giovane per non poter guarire.
Cammino...
con un pallore in volto che
copre l'abronzatura appena accennata
con gli occhi instabili e
gonfi nascosti da vecchi occhiali da sole
con la fronte fradicia di
sudore freddo
con lo stomaco di traverso e
con una nausea che cerco di controllare con lunghi e profondi respiri
a bocca aperta
Cammino...
con lo sguardo che oscilla e
cerca, senza trovarlo, l'esatto confine tra cielo e mare che a
quest'ora del mattino sembrano ancora uniti in un tenero abbraccio...
come se passare la notte da soli facesse paura anche a loro...
Cammino...
e ripenso a Comitato, spalla
fidata in serate deraglianti in cui avevo bisogno di scappare da fumosi
locali dove, poco dopo la fine della nostra storia, incrociavo
Sara con un nuovo ragazzo. Mi prendeva per il braccio Comitato,
mi trascinava verso l'uscita, salivamo sulla macchina, ci infilavamo in
autostrada e lasciavamo al caso la scelta della direzione
lanciando una moneta. Percorrevamo la strada senza fretta, cambiando
cassetta ogni poco e ascoltando canzoni che parlavano al posto
nostro, aspettando che il silenzio diventasse meno solido e si
trasformasse in un lento fiume di parole.
Cammino...
e ripenso a quello che mi
aveva detto Comitato poche sere prima che partissi per le vacanze...
"Potrebbe esserci un problema... Credo di provare qualcosa per
Sara"...ma non c'era nessun problema. Erano passati anni ormai,
almeno tre, e stavo con Marta da più di un anno e ci stavo bene e
anche se era una storia a distanza era diventata sempre più
importante. E Comitato non sapeva niente di me e Sara.... eravamo
ottimi amici, ma l'esclusiva su questioni estremamente private l'avevo
riservata a Marco.
odori dell'amore nella mente
dolente tremante ardente
il cuore domanda
cos'è che manca
perché si sente male
molto male
amando
amandoti ancora
La prima cosa fu
la telefonata di Comitato che ma aveva strappato di dosso il
mantello della mia "sicurezza geografica" basata sul
fatto che comunque Sara e Marco, abitando a 300 km di distanza, non
si sarebbero mai potuti incontrare.
"Sono con Sara. Siamo
dalle tue parti. Stiamo andando nel grossetano per passare un paio di
giorni e vedere... Se ci fermiamo a salutarti ci sei o sei
sparpagliato da qualche parte con la tua donna?".
A ripensarci avrei potuto
dire che non c'ero... che ero in giro per la Garfagnana o sperduto
in certe straduncole del Chianti o ancora nascosto in qualche caletta
ligure, ma razionalizzando e trascurando quell'insieme
confuso di sensazioni e presentimenti, non esistevano elementi
oggettivi per farmi spaventare dal loro arrivo. E poi parlare con
Marta aveva sempre un effetto distensivo. Non ho mai capito se era il
tono della sua voce, la lentezza delle parole che pronunciava che
sembravano galleggiare sospese nell'aria, il leggero accento toscano,
ma di fatto riusciva sempre a mostrarmi le cose da una prospettiva
diversa o quantomeno a mettermi davanti agli occhi lenti colorate che cambiavano
la tonalità di fondo delle cose... "Ma non ti preoccupare... Lei
arriva con Comitato... Marco da un paio di giorni sta con Valentina.
Si fermano poche ore... Rilassati... Cosa vuoi che possa succedere...
"
La seconda cosa fu il loro
arrivo: presentazioni, strette di mano, baci, pacche sulle
spalle, aneddoti che si inseguivano veloci e che delineavano i
rapporti all'interno del gruppo, becks ghiacciate che riempivano
il tavolino intorno al quale eravamo seduti, un'eccitazione fluttuante
per un'estate appena cominciata e tutta da vivere.
Eppure quell'allegria non
riuscivo a gustarmela del tutto. C'era sempre quell'ombra sbagliata,
quel cattivo riflesso, quel presentimento e quella frase che mi
guastava lo spirito e mi sentivo schiacciato in seconda fila
dall'esuberanza collettiva, subivo l'onda anziché
cavalcarla, mi limitavo a ridere e a difendermi dallo sguardo di
Marta che ogni tanto mi scrutava con fare interrogatorio.
Marco intanto era già
distante, aveva iniziato a camminare a passi veloci nel
territorio di Sara, territorio che un pò già conosceva perché glielo
avevo descritto io stesso tracciandogli in tempi non così
remoti una cartina che poteva e doveva essere ancora abbastanza
attendibile perché sembrava riuscire a toccare le corde giuste... Assomigliava
ad un lupo con le orecchie tese pronto a captare i
segnali che potevano arrivargli, pronto a scattare o ad
attendere, a mostrarsi o a nascondersi, a cambiare direzione... un
eccellente attore con un copione in parte scritto ed in parte no,
pronto a modificarlo e correggerlo a seconda delle reazioni del
pubblico, scivolando attraverso un equilibrio che ormai si stava
rompendo e stava cadendo verso un punto di non ritorno.
Cammino...
su una spiaggia che sta
prendendo lentamente vita, che sta aprendo gli ombrelloni, che sta
spostando i pedalò più vicino al mare, che si sta illuminando di un
sole più vivo e più tiepido,
ed il mare sta cambiando
colore e adesso riesco a scorgere l'orizzonte... linea di confine che
qualcun'altro ha perso...
Cammino...
e rivedo lo sguardo scheletrito di
Comitato quando lei aveva accettato di restare a cena e di
fermarsi al mare per quel paio di giorni che avrebbero dovuto
passare insieme. Rivedo la sua immobilità nella situazione,
la sua incapacità di replica o di reazione, la sua consapevolezza
di aver perso i fili del gioco, la totale mancanza di un gesto, di
un minimo tentativo per rientrare nel gioco... Ma lui era fatto così.
Non era un lupo e nemmeno un grosso attore, non aveva un
copione scritto e improvvisare gli riusciva soltanto nelle
situazioni che lo interessavano meno......
Nel letto
aspetto ogni giorno un pezzo di
te
un grammo di gioia del tuo
sorriso
e non mi basta
nuotare nell'aria per immaginarti
se tu sapessi ... che pena...
E pena era vedere Marco in
quell'atteggiamento sicuro, quasi presuntuoso... un generale che
portava avanti il suo esercito di parole di azioni di
atteggiamenti per stupire... E a me toccava riascoltare cose che
avevo già sentito...frasi ad effetto e osservazioni collaudate e
considerazioni intelligenti su libri o su film... cose che
conoscevo quasi a memoria e che avrei potuto persino
anticipare. E ogni tanto lo facevo nell'orecchio di
Marta..."adesso comincia a parlare della Traviata" le
dicevo, tentando di sorridere, tentando di non dare peso a quel
macigno che stava per staccarsi dalla montagna e precipitare a valle, provando
a mascherare con risultati disastrosi una rabbia crescente e
un'angoscia che aveva radici insospettabilmente profonde.
Intanto l'aria intorno
è più nebbia che altro
è più nebbia che altro
E nebbia fu la cena, con
Marco e Sara cuciti su sedie vicine, allacciati da sguardi complici e
sorrisi nascosti, con Comitato che cercava di ignorare ciò che era
impossibile ignorare e mi versava vino e si versava vino e
si aggrappava ai fragili specchi e cercava di stare in equilibrio
su un filo che una mano ha scosso violentemente. Ed io, con il sangue
che mi bolliva dentro, mi attaccavo al resto del tavolo, mi univo
ai brindisi che arrivavano numerosi per i motivi più idioti e a mia
volta lanciavo "giri pazzi" che ci costringevano a
vuotare il bicchiere con un'unica sorsata.
Speravo che quel tempo
passasse in fretta, che quel ridicolo siparietto mi fosse tolto dagli
occhi, che l'alcol in circolo potesse calare una coperta calda sul
freddo che sentivo dentro, che Marta potesse trovare tempo e voglia per
passare la notte con me... che riempisse il vuoto che all'improvviso
mi ero trovato dentro...
Nebbia fu il ritorno, con la
macchina carica di un silenzio mai sentito e di una tensione che
qualcuno tentava di nascondere fingendo di dormire... E in mezzo
alla nebbia solo poche immagini... saluti inesistenti, portiere chiuse
con violenza, strade che si separavano. Lungomare deserto. Io e Marta
che camminavamo insieme. Parole dette male. Chiave nella serratura. Un
bacio frettoloso. Lungomare deserto. Io che cammino da solo
aspettando che la notte finisca.
...è certo un brivido
averti qui con me
in volo libero
sugli anni andati ormai
e non è facile
dovresti credermi
sentirti qui con me
perché tu non ci sei..
Cammino...
stanco di questo vuoto che
amplifica il mio malessere,
stanco di questo movimento
lento che è il contrario dei vortici che ho dentro..
Cammino...
stanco di vomitare ogni pochi
metri parole e ricordi e gesti e baci e promesse e pezzi di vita che
la mia mente non riesce più a tollerare...
Cammino...
e in testa mi gira l'sms
di Comitato che mi è arrivato all'alba... "Torno a casa. Stare
qui non ha più senso. Ho già visto troppo. Mi dispiace. Non è stata
un buona idea fermarci qui. Fatti vivo presto e raccontami il
finale".
Il finale è che nulla è
stato più come prima.... il mio mondo è scomparso, la mia isola è
stata sommersa da un'onda anomala, le mie certezze si sono sgretolate
una dopo l'altra e mi sono trovato in mulinelli da cui non
riuscivo a riemergere. Ho passato le giornate cercando persone con cui
parlare, intasando la mia amica migliore di considerazioni e domande
per capire l'esatto confine delle cose... quanto il mio sentirmi così
male e deluso e tradito dipendesse dalla realtà della situazione
e quanto dai miei cortocircuiti interni e dall'accumulo di nodi mai
sciolti e da circoli viziosi nati da aspettative sbagliate e basate su
imperdonabili ingenuità.
La mia storia con Marta ha
iniziato a logorarsi, sbriciolandosi lentamente giorno dopo
giorno...
e più cercavo di ricomporre
le cose, più queste mi sfuggivano di mano,
più producevo sforzi per
riguadagnare terreno più il suo orizzonte diventava distante.
Non riusciva a capire come
mi sentivo, fraintendeva le mie parole, confondeva le sensazioni che
provavo e questo mi avviliva. Forse non credeva più in ciò che
provavo per lei, forse mi ero piegato troppo su me stesso ed ero
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