nella
piazza c'è una donna che strilla
che strilla che urla che dipinge
nella piazza c'è una donna che stringe.
terradisiena a sparger dai nervi e dalle ossa
angelico rumore pelle fresca numeri.
qualcuno dice
bambino al di là di un sogno
io non vedo che il sogno di un bambino
e mani rattrappite
e diafanare
e posso sentire sin dentro a queste mura
proprio dentro
più dentro a queste mura
scrosciare
imbrattare
tremefatte
e sento la calce antica
nella composizione dei pensieri
il tempo di sabbia o nella sabbia che scorre
il colore letterario di un racconto.
sento la voce.
che par immobile dei giorni
il morbo
il conto
soltanto ora m'accorgo della luce
nel silenzio che fui
urlo strozzato
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giunge il rumore di un
campana lontana,
un dolce pericolo di tocchi
si leva
nella tregua spicciola del pomeriggio.
l'aria s'è fatta trista al metallo di quelle flebili note;
di ombra in ombra,di ferro in ferro,
ivi si costituisce come un sapore duro di acqua
di fonte che stilla rugginose fraganze.
il marmo prendeva possesso dello spazio circostante
e ora,attorno,prevade i piccoli accadimenti della natura;
simile ad un pensiero prossimo in attesa di scomparire,
o ad un odore che non s'arresta.istantaneo.sterminato.
al suono volubile delle onde che rintoccano in lontananza,
oltre l'azzurra campagna,
si forma una nebbia che s'approssima.
dalla mia posizione,
come dal lato maggiore di una visuale,
tutto converge nella breve distanza tra me
e la cavità di quelle nuvole nel cielo,
anche di più presse,
che pare si stringa in un palpito del fiato
l'originaria natura di tutte le confessioni della terra;
che,folte,quelle mi raccomandano.
il tempo è fermo su questi pensieri,
si scuote al battito delle remote sembianze
senza avanzare il suo territorio.
tutto è circostante.
è la campana che s'abbatte.
è il marmo che ovunque l'accoglie.
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