Di salmastro 

 

VOCI IL TEMPO SOTTRATTO  PASSEGGIATA SORGETO ANCORA ALLA GUERRA  AL MULINO SAPRANNO PARLARLE.
DOV'E'? PIOGGIA DI SABBIA L’Effluvio Febbraio 
Un Incanto

 

VOCI


Si sussurrano quelle voci,
volteggiano,si corrono dietro,
si sovrappongono per poi separarsi
e tornare a riallacciarsi,fugaci rievocanti fruscii,
che vanno frettolosi come a raggiungere
per impedire lo stesso loro rapido scorrere.
 
Si dividono tra i portici,baluardi di rive battute.
Si incuneano tra le vie,memori di gesta di eroiche genti.
Soffi aggraziati,passi incantati,
si sussurrano antiche preghiere
o forse parole d'amore,
le une sulle altre senza mai prendere fiato,
proprio come fanno gli amanti.
 
Si innalzano evanescenti
e confondendosi alla notte
scompigliano i fantasmi di chi ha vissuto
e non ha mai ascoltato.
 
Si accavallano, si rifanno
intrecci di nodi mai sciolti
che fermano e proibiscono
alla perla di smarrirsi;
ne hanno la stessa purezza.
 
Si rincorrono assetate
di quanto in ogni tempo si è detto,
lo risucchiano ed assorbono nel loro cammino
per farne propria irresistibile essenza.
Lo preservano?....forse.....
 
Quando verranno ridette,
dopo essere andate,
fiato che corruga la pelle,
saranno solo bisbiglio del desiderio
di inquieti misteri,
non ancora narrati
ma già conosciuti
e li trasporteranno impalpabili al loro passaggio
tenendosi già quel che poi sarà nominato.

 

 

 

IL TEMPO SOTTRATTO



Ha preso il mio tempo
quando ha teso la mano.
Ho cercato il suo sguardo
quando il tempo era andato.
La pioggia bagnava le strade percorse,
bagnava il mio capo,scendeva sul viso,
scioglieva il mio trucco,
toccava le labbra,l'assorbiva la bocca.
Mi sono stretta al mantello,
le mani a tenere.
Uno squarcio nel piombo,
il clamore del tuono.
Andavo randagia,annusavo nell'aria,
cercavo i profumi nella terra bagnata,
nei rami divelti dal vento rabbioso.
La pioggia scendeva.
Ho sostato al pontile,
randagia con gli occhi cercavo
il colore del mare,
il bagliore del faro.
Rammentavo le rotte percorse
da navi mai prese,
gli inni incitanti
che da loro venivano,
le acque violate dai remi cadenti.
Ho rivisto i tesori predati,
odoravano ancora del sangue fluente
di chi possedeva.
Anche allora il tempo era andato.
Col fare di sempre
a cercare....
Cercava tra i mucchi dispersi,
lo sguardo negato.
Ho lasciato il pontile,
la pioggia scendeva,
toccava le labbra,
l'assorbiva la bocca,
ho varcato il pontile
ed ho cercato randagia
il profumo del tempo sottratto.

 

 

 

PASSEGGIATA



 
Eravamo usciti per un breve passo
che voleva ricordare le ore passate
ad allenare la mente che cercava ragioni.

Per immergerci
nelle nubi che incaute
scendevano a ricoprire i campi d'intorno.

Per poterci parlare
addosso parole d'amore
che avevamo mai raccontato.

Per guardare il ruscello
con le mani dentro le mani.

Avevamo capito di cosa parlava.

Delle infinite mille piccole gocce
che insieme facevano il fiume
che mentre andava già si faceva domani.

Di tutte le bestie
che avevano chinato il capo
per assorbire freschezze.


Dei fiori raccolti e trasportati
ad un mare che sembrava mai più.

 

 

 

SORGETO



Trai salti di pietra
si apre la baia
a guardarla dall'alto
sembra uno scrigno
a scenderci dentro
un tesoro.

L'acqua radiosa
raccoglie i brillanti
del sole per renderli
guizzi di luce
che sanno abbagliare.

Il tepore dell'acqua è l'abbraccio.
Avviluppa e non chiede
se non l'abbandono.

Le piccole onde
le sole a creare rumore
di andati e venuti.

Lo strapiombo dal basso
lo hai messo insieme
come fosse il tuo re
che veglia e protegge
dal vento di terra
ed accoglie quello di mare.

Sulla pietra prescelta
hai lasciato
un pensiero di solchi
affidato alle onde furtive
per riportarlo per sempre
al loro possesso.

 

 

 

ANCORA ALLA GUERRA



Dove hai portato
gli infuocati tappeti di sabbia,
millenni di stirpi
che hanno visto abbracciarsi creature
ricche d'amore?
Quando hai superato
l'ingannevole speranza dell'orizzonte,
vita dei tuoi stessi riflessi
che pure hanno scolpito
il paesaggio sognato,
più ancora desiderato?

L'impeto a pervadere l'aria
per renderla gravida di fuochi, di fumi,
di piccole zampillanti scintille,
mai sottaciute,
che salgono allegre per tutte le rotte,
adornate di vita.
Falene in cerca di brezze
ed il tempo è un momento,
è candore e neanche hai saputo pensarle
che già sono andate.

Si spengono i fuochi.
I campi acquietati si ricoprono
di umide brume
più ancora di nebbie ovattate.
Più in là,
forse lontano,
risuonano i richiami del mondo,
significanti le voluttà caparbie.

.....Hai confuso il tuo prima.....

Ti fai largo senza vedere,
le mani uniche, sole,
ad aprirti il cammino,
graffiate, bagnate, doloranti di sforzo,
che non vuoi richiamare.

.....Non sai darti il tuo dopo.....

Si richiude al passaggio
l'abbozzato sentiero:
non potè neanche lo sforzo.
Ancora di fronte
i morbidi banchi di nebbia,
più in là, forse lontano
risuonano i richiami del mondo........

SAPRANNO PARLARLE.
 

E' andata oltre, si è fatta portare,

e quando le tenebre si sono dissolte

ha lasciato che ad accoglierla fosse

la luce di un falco aperto al suo volo

sui soppalchi dei treatri rocciosi.

E' stato lo stupore infantile

che ha preso per mano il sole rivisto

eppure fin ora ritorto tra le spire

di striscianti pensieri.

Lambendola appena

ha salutato le distese di azzurri,

di verdi smeraldi,

delle gialle trasparenze ammirate

dagli strapiombi ondeggianti alle brezze.

Il chiarore l'ha tutta abbracciata.

Nulla ha lasciato ai foschi notturni,

figli del freddo...

fino agli abissi di faglie

che formano le sue misteriose

sommerse montagne,

là dove è stata riposta l'esile barriera

dei ricordi scordati

e dove avranno l'inizio quelli futuri.

Ed allora le favole degli stupori

sapranno parlarle;

le mani che si intrecciano forti

sapranno parlarle;

le voci che narreranno saranno lasciate

perchè si possano dire,

saranno lasciate per trascinarsi in echi

che incessantemente ammetteranno l'attesa.

 

 

 

 

AL MULINO
 

Sembrava persa la frontiera

delle molli colline

che si aprivano lente

alle brume notturne,

per lasciare confusamente

vedere quei campi

che si rincorrevano

in un mai finito domani.

La luce smorzata dell'alba

ridava il senso alle cose

dei racconti narrati

dai vetri appannati.

Cercavo di scorgere

chi nel lavoro già comincia la vita.

Andavano lenti

a tratti li vedevo,

solo quando in quel punto

la nebbia si alzava per loro,

a svelare il segreto della terra solcata.

Di nuovo passavano oltre,

inghiottiti,

fantasmi che appena li senti

già hanno iniziato a celarsi.

Ascoltavo i profumi

dai vetri ormai aperti

ricchi di umori,

di primitive fragranze.

Mi avvolgevano il corpo

penetrando il respiro

portandomi oltre le viti,

gli olivi, i cipressi

che tanta cura si presero nella veglia

dei campi, dei viali tra le valli,

del ruscello del mulino di pietra.

Mi inebriava il sapore di terra

che si mostrava sempre più aperta

sgravata dalla nebbia notturna.

La respiravo,

necessaria per riprendere il giorno.

Scrutavo il confine

lungo il dorso delle dolci colline

per accorgermi che anche quel giorno

nel lavoro

sarebbe proseguito il racconto.

 

 

 

DOV'E'?
 

Dov'è? Dov'è?

Ha lasciato in sospeso tutto il tempo trascorso

senza mettere un punto,senza dare un segnale.

Ha superato quel baratro e nessuno ha sentito

potuto vedere dove andava il cammino.

Non ha dato segnali se non

un ricordo remoto d'infanzia che ho perso

sorprendendo anche me che stavo a sentire.

E mi domandavo:perchè proprio ora?

Mi ha parlato per anni

per ogni minuto degli anni.

Ha spazzato paure,

ha creato divari,ricomposto i confini,

annullato certezze,dato conferme.

ha piegato ed innalzato.

Ha capito il vissuto,

l'ha sentito anche prima

e con magica essenza

ha lasciato che fosse.

 

PIOGGIA DI SABBIA
 

Cade una pioggia di sabbia

che il vento ha raziato alle dune.

L'aria è di un rosso incendiato

e sullo sfondo il colore

ha i tremori

di un lampo improvviso.

Alzarsi ed andare è un tutt'uno.

Non sento che il vento e la pioggia di sabbia.

Il capo è calato e coperto,

il passo felpato e veloce.

Si accende l'asfalto

e brillano le piccole pozze:

è il guizzo di un faro.

La sabbia ricopre il mondo che è fermo.

La sabbia è di dune infuocate

sovrana dei paesi pensati

con la mente a cercare il calore.

Rallento il mio andare.

E ascolto......

la lingua è straniera,roca e veloce

non so...non comprendo...

non è necessario.

E guardo....

Le tende disposte a proteggere il gruppo,

da loro si sciolgono i profumi di spezie e di the:

sono l'invito migliore ad entrare e restare.

Il cerchio regale si perde dietro le  alture.

E sento....

Il freddo che scende

e ricopre cammelli e cavalli

finalmente scordati dagli uomini bruni.

La sabbia che ha coperto i bianchi mantelli,

la pelle degli uomini bruni,

mi è stata portata dal vento.

Quello che accade è il miraggio

regalato dal vento lontano del sud

a svelare la fugace dolcezza

di un pregiato granello di sabbia.

Cade rossa la pioggia,

pioggia di sabbia.

Ho rallentato il mio andare.

Il vento è affettuoso

e gli offro il mio viso.

Tiepido e caro accoglie l'offerta.

Gli scopro il mio capo

lo avvolge e con un gesto d'amore

mi ghermisce i capelli.

Amata sollevo lo sguardo

distendo le spalle alla sabbia

che ha coperto i mantelli e la pelle

degli uomini bruni.

 

 

 

 

L’Effluvio

 

E’ approdato

col segno cercato

più ancora bramato.

E’ approdato volendo

sperando lo stesso sentire

a chi stava immergendo

nell’ acque a ridosso

dell’isola

effluvi di petali

tinti dei fuochi

che aveva già conosciuto.

Chi attendeva l’approdo

mai aveva interrotto

la pioggia dei petali

tinti di fuoco.

Mai l’aveva proibito

l’effluvio che da essi saliva.

Quell’acqua ha raccolto

tutto il profumo

tutto l’incendio

per distenderlo al mondo.

Gli aromi si sono espansi

riportando chi approdava

nell’unico porto sicuro

nell’isola di quel sentire

che si era andata oscurando.

L’effluvio riempiva

d’improvviso chiarore la rotta

già da ieri segnata

appena intravista eppure voluta

per percorrerla ora.

Ne dava i contorni del pieno

nella dimenticanza

che per un attimo

era stata la virgola della sua vita.

Tornava e si offriva

ora per essere andato

per non aver svestito

allora il canto d’oblio

delle sirene

che senza timore avevano

tentato quel rapimento.

 

 

Febbraio

 

Era stato il rumore

di un passo

il risuonare di un gesto

veloce e furtivo

dell’ombra

in un luogo nascosto.

Aveva ridato

il gusto

di un fremito d’animo.

L’aveva di nuovo voluto

…e per averlo

aveva cercato.

Pareva l’avesse

da sempre aspettato.

Aveva la scelta

a portata di mano

nel luogo d’inverno

che a febbraio

si copre di nuovo.

Ma voleva il calore

del sole d’agosto

…e bastò allungare la mano.

Un Incanto 

 

Furono prigionieri di un incanto
tra le rocce lambite dall'acqua salmastra.
Era stata l'allegria della festa,
il vino che avidi avevano gustato,
il caldo che li aveva fatti tutt'uno
con le vesti indossate
o forse solo il dirompere
di un istante che vollero osare?
L'incanto li prese e li fasciò
divenendo un'unica mano
che mentre cercava trovava
i fulgori di fuochi che ispirarono l'aria.
Scesero alla spiaggia e distesi
tra le rocce lambite dall'acqua salmastra
videro e sentirono
miriadi di pulviscoli argentei
che si alzarono per poi ricadere,
che vollero entrar loro a forza nell'anima.
L'incanto li prese e
sembrò non avere mai fine.
Incapaci non si voltarono
o forse furono solo avidi
per non dire basta.
Entrambi furono negati per quell'incanto.
Entrambi furono isolati da quell'incanto.
Entrambi ma soli,
compagni solo per un istante
che vollero osare.
Mai presi pure se con l'acqua salmastra
divennero un'unica sabbia.
Mai placati a chiedersi sempre di più
con frasi che a loro non appartennero
che non vollero ma che ripeterono
con la smania di volersi finire.

 

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r="#FFFF99">…e bastò allungare la mano.

Un Incanto 

 

Furono prigionieri di un incanto
tra le rocce lambite dall'acqua salmastra.
Era stata l'allegria della festa,
il vino che avidi avevano gustato,
il caldo che li aveva fatti tutt'uno
con le vesti indossate
o forse solo il dirompere
di un istante che vollero osare?
L'incanto li prese e li fasciò
divenendo un'unica mano
che mentre cercava trovava
i fulgori di fuochi che ispirarono l'aria.
Scesero alla spiaggia e distesi
tra le rocce lambite dall'acqua salmastra
videro e sentirono
miriadi di pulviscoli argentei
che si alzarono per poi ricadere,
che vollero entrar loro a forza nell'anima.
L'incanto li prese e
sembrò non avere mai fine.
Incapaci non si voltarono
o forse furono solo avidi
per non dire basta.
Entrambi furono negati per quell'incanto.
Entrambi furono isolati da quell'incanto.
Entrambi ma soli,
compagni solo per un istante
che vollero osare.
Mai presi pure se con l'acqua salmastra
divennero un'unica sabbia.
Mai placati a chiedersi sempre di più
con frasi che a loro non appartennero
che non vollero ma che ripeterono
con la smania di volersi finire.

 

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