VOCI | IL TEMPO SOTTRATTO | PASSEGGIATA | SORGETO | ANCORA ALLA GUERRA | AL MULINO | SAPRANNO PARLARLE. |
DOV'E'? | PIOGGIA DI SABBIA | L’Effluvio | Febbraio |
Un Incanto |
VOCI
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PASSEGGIATA
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ANCORA
ALLA GUERRA
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E' andata oltre, si è fatta portare, e quando le tenebre si sono dissolte ha lasciato che ad accoglierla fosse la luce di un falco aperto al suo volo sui soppalchi dei treatri rocciosi. E' stato lo stupore infantile che ha preso per mano il sole rivisto eppure fin ora ritorto tra le spire di striscianti pensieri. Lambendola appena ha salutato le distese di azzurri, di verdi smeraldi, delle gialle trasparenze ammirate dagli strapiombi ondeggianti alle brezze. Il chiarore l'ha tutta abbracciata. Nulla ha lasciato ai foschi notturni, figli del freddo...
fino
agli abissi di faglie
che formano le sue misteriose sommerse montagne, là dove è stata riposta l'esile barriera dei ricordi scordati e dove avranno l'inizio quelli futuri. Ed allora le favole degli stupori sapranno parlarle; le mani che si intrecciano forti sapranno parlarle; le voci che narreranno saranno lasciate perchè si possano dire, saranno lasciate per trascinarsi in echi che incessantemente ammetteranno l'attesa.
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Sembrava persa la frontiera delle molli colline che si aprivano lente alle brume notturne, per lasciare confusamente vedere quei campi che si rincorrevano in un mai finito domani. La luce smorzata dell'alba ridava il senso alle cose dei racconti narrati dai vetri appannati. Cercavo di scorgere chi nel lavoro già comincia la vita. Andavano lenti a tratti li vedevo, solo quando in quel punto la nebbia si alzava per loro, a svelare il segreto della terra solcata. Di nuovo passavano oltre, inghiottiti, fantasmi che appena li senti già hanno iniziato a celarsi. Ascoltavo i profumi dai vetri ormai aperti ricchi di umori, di primitive fragranze. Mi avvolgevano il corpo penetrando il respiro portandomi oltre le viti, gli olivi, i cipressi che tanta cura si presero nella veglia dei campi, dei viali tra le valli, del ruscello del mulino di pietra. Mi inebriava il sapore di terra che si mostrava sempre più aperta sgravata dalla nebbia notturna. La respiravo, necessaria per riprendere il giorno. Scrutavo il confine lungo il dorso delle dolci colline per accorgermi che anche quel giorno nel lavoro sarebbe proseguito il racconto.
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Dov'è? Dov'è? Ha lasciato in sospeso tutto il tempo trascorso senza mettere un punto,senza dare un segnale. Ha superato quel baratro e nessuno ha sentito potuto vedere dove andava il cammino. Non ha dato segnali se non un ricordo remoto d'infanzia che ho perso sorprendendo anche me che stavo a sentire. E mi domandavo:perchè proprio ora? Mi ha parlato per anni per ogni minuto degli anni. Ha spazzato paure, ha creato divari,ricomposto i confini, annullato certezze,dato conferme. ha piegato ed innalzato. Ha capito il vissuto, l'ha sentito anche prima e con magica essenza ha lasciato che fosse.
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Cade una pioggia di sabbia che il vento ha raziato alle dune. L'aria è di un rosso incendiato e sullo sfondo il colore ha i tremori di un lampo improvviso. Alzarsi ed andare è un tutt'uno. Non sento che il vento e la pioggia di sabbia. Il capo è calato e coperto, il passo felpato e veloce. Si accende l'asfalto e brillano le piccole pozze: è il guizzo di un faro. La sabbia ricopre il mondo che è fermo. La sabbia è di dune infuocate sovrana dei paesi pensati con la mente a cercare il calore. Rallento il mio andare. E ascolto...... la lingua è straniera,roca e veloce non so...non comprendo... non è necessario. E guardo.... Le tende disposte a proteggere il gruppo, da loro si sciolgono i profumi di spezie e di the: sono l'invito migliore ad entrare e restare. Il cerchio regale si perde dietro le alture. E sento.... Il freddo che scende e ricopre cammelli e cavalli finalmente scordati dagli uomini bruni. La sabbia che ha coperto i bianchi mantelli, la pelle degli uomini bruni, mi è stata portata dal vento. Quello che accade è il miraggio regalato dal vento lontano del sud a svelare la fugace dolcezza di un pregiato granello di sabbia. Cade rossa la pioggia, pioggia di sabbia. Ho rallentato il mio andare. Il vento è affettuoso e gli offro il mio viso. Tiepido e caro accoglie l'offerta. Gli scopro il mio capo lo avvolge e con un gesto d'amore mi ghermisce i capelli. Amata sollevo lo sguardo distendo le spalle alla sabbia che ha coperto i mantelli e la pelle degli uomini bruni.
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E’ approdato col segno cercato più ancora bramato. E’ approdato volendo sperando lo stesso sentire a chi stava immergendo nell’ acque a ridosso dell’isola effluvi di petali tinti dei fuochi che aveva già conosciuto. Chi attendeva l’approdo mai aveva interrotto la pioggia dei petali tinti di fuoco. Mai l’aveva proibito l’effluvio che da essi saliva. Quell’acqua ha raccolto tutto il profumo tutto l’incendio per distenderlo al mondo. Gli aromi si sono espansi riportando chi approdava nell’unico porto sicuro nell’isola di quel sentire che si era andata oscurando. L’effluvio riempiva d’improvviso chiarore la rotta già da ieri segnata appena intravista eppure voluta per percorrerla ora. Ne dava i contorni del pieno nella dimenticanza che per un attimo era stata la virgola della sua vita. Tornava e si offriva ora per essere andato per non aver svestito allora il canto d’oblio delle sirene che senza timore avevano tentato quel rapimento.
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Era stato il rumore di un passo il risuonare di un gesto veloce e furtivo dell’ombra in un luogo nascosto. Aveva ridato il gusto di un fremito d’animo. L’aveva di nuovo voluto …e per averlo aveva cercato. Pareva l’avesse da sempre aspettato. Aveva la scelta a portata di mano nel luogo d’inverno che a febbraio si copre di nuovo. Ma voleva il calore del sole d’agosto …e bastò allungare la mano. |
Furono prigionieri di un incanto |