Profanai la tomba della nobiltà | Accoglimi madre | Solo e da primo venuto | Ho noleggiato una baracca | L'ultima sera |
Profanai la tomba della nobiltà la
notte che il mio amore stava
inseguendo il mio tormento. Un
giorno nuovo già mi
sbatteva in faccia la
passione che ancora a volte si
lascia andare al fascino delle
stagioni. Allattata
fu l’alba del ventisette, numero
come coriandolo lanciato
nel sobborgo; lo
sguardo della donna svanito
in un secondo. L’asfalto,
subito uscito dalla galleria, raccontò
dell’arco ostruito dalle
lacrime di un pianto.
|
Accoglimi
madre in
quest’era fatta di spade; rovine
su rovine, questo il fitto duellare. Non
c’è demenza né martirii sdegnosi, è
solo un paesaggio incompiuto in cui il
pittore si è addormentato al sole. Salvatemi
e salutatemi perché sto andando a casa di
quest’inverno intenso. Il
grembo tuo su quel traliccio ad attender le
parvenze del mio immaginarti ad Atlantide. Andata
e ritorno di un amore che non ha di che limitarsi; madre,le
mia braccia non sanno più dove cercarti. Lunga
vita al re ed alla regina, ad ogni litorale il
suo lembo di mare. Nutrimi
del tuo incosciente liberismo perché
il mio ammutinamento è veramente povero. E’
come bracare un infante assaporare la tua esistenza; io
bimbo vidi me adulto e madre coetanea per
una longevità senza leggi naturali. Sentito
dire e sentito fare, basta poco per
essere servo del male e rinnegare madre; là
scivola e si contorce il ritmo del mio sangue per
espugnare un fortino che non ha soldati a difesa. Perdona
come fai sempre, madre, questo
mesto imbrunire; ogni
parola che dico muore sulle mie labbra.
|
giunsi
nel perduto campo. Come
dell’ebraismo ebbi parola
solamente. Per
novella tacqui, per
silenziosa pestilenza venni
a contatto.
Nel
letto del rifiuto di quel torrente che
non ha soluzione, domando
pietà per le parole che non ho detto e
per quelle pronunciate troppo spesso. Ma
che pur si dica, non la intravedo neppure la
fine di questo bisogno, estensione
sontuosa della miete parola donna. Adorna
di posa e privata della pur minima comprensione, mi
rende servo della più antica assunzione. L’amore
povero e stralunato di colei che
lo detesta ma lo conduce; fino
al giorno di oggi sconfessato, di
poche frasi sia bene ricordare ma
sufficienti per chiudere gli occhi ed
avere qualcosa a cui pensare.
|
|
L'ultima sera lui passò a prenderla un pò in
ritardo,l’emozione aveva fatto in modo che
si perdesse per strada. L’ultima
sera la vide salire in macchina e
se ne innamorò di nuovo, come già era successo tutte
le volte precedenti. L’ultima
sera fu una di quelle dove la pioggia non
la senti perché con lei accanto si può pensare che
esista anche il sole della notte. Già
con lei accanto, e lei lo prese per mano ma
lui non pianse, come poterlo fare innanzi a cosa tanto
bella; è come sperare nel giorno che viene, senza
che lui quelle parole non gliele avesse dette. L’ultima
sera nacque dalle ceneri di un ricordo che
viveva tra le vie di una città. L’ultima
sera, l’ultimo giorno di un solo uomo che
narra di una bocca tanto lontana che
conserva il dolce rumore di una passeggiata. La
notte venne e se li portò via sopra al treno del vento, la
verità lui le mise al collo, su
di un contorno divelto; la
mano sua lasciò ed
in quello squarcio di tempo vide
la sua donna allontanarsi.
|