Ecco il riposo di un vessillo multicolore,
col suo combattere in quel mondo in “bianco e nero”
di Muhammad Ali rimane l’attuale tremore,
declino della forza d’un semplice campione vero.
- Eliminate quel Cassius Clay fuori di senno ! -
- Sconfiggete Cassius Clay quell’esuberante ! -
Ma il “chiacchierone” al suono della campana
raggira l’avversario con una danza forviante.
Guerriero oltre al ring , oltre ai luoghi comuni
in una società fanatica per il colore della pelle
società in dissenso ai conflitti, alle guerre,
capace di protestare senza opporsi in maniera ribelle.
Così il “loquace” mette in gioco tutto quanto
il balletto sul quadrato , i soldi , la fama sportiva,
essere finalmente giunto sul gradino più alto
e privarsi di ogni cosa a seguito d’una risposta negativa.
- Annullate Cassius Clay, ostile alla causa americana ! -
- Rinchiudete quel negro mussulmano ! –
Ma a volte non sono sufficienti le inferriate
per modificare il fermo principio umano.
Così a noi rimane l’uomo e il suo attuale tremore
declino della forza di un semplice campione vero
e impresso nel suo sguardo l’identico sentore
d’un combattente in quel mondo in “bianco e nero”.
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Mancavano un paio di chilometri al traguardo e il gruppo si stava avvicinando compatto verso lo striscione d’arrivo piazzato nel viale alberato nel centro di Pecetto. Il paese, noto per le coltivazioni di ciliegie che prosperavano nella zona, quella domenica ospitava la corsa ciclistica della categoria esordienti. Corsa che vedeva un centinaio di ragazzini di dodici e tredici anni impegnati a percorrere un totale di quaranta chilometri tra le colline. La strada, priva di salite impegnative, ma resa pesante dal percorso ondulato e dall’elevata velocità sostenuta dai corridori, al ritmo inferto a suon di scatti ed allunghi, partiva da Pecetto per arrivare, attraverso un altopiano costeggiato da campi e piantagioni, fino a Chieri. Una serie di curve poste all’interno della cittadina portavano dentro ad un lungo stradone dove, un falsopiano in leggera salita tirava dritto fino a Pino. Una volta giunti lì, i corridori si trovavano ad affrontare un altro paio di curve, curve che introducevano dentro ad una stretta strada che si districava tra colline poderi e prati per poi ridiscendere, con un percorso impegnativo e ricco di buche fino a Pecetto. Il giro, lungo una ventina di chilometri era da percorrere due volte. Vi erano sei curve pericolose, delle quali due a gomito. In prossimità dei bordi delle svolte e negli spigoli delle cascine che sporgevano c’erano collocate delle botole di paglia, con davanti delle persone incaricate a segnalare il pericolo. Personale del servizio di sicurezza stazionava anche in corrispondenza di ciascun incrocio. Il servizio di sicurezza era composto da anziani e ragazzini del posto. Il gruppo avanzava preceduto da una motocicletta della polizia e da un mezzo dalla giuria. In coda transitava una seconda vettura della giuria, diverse ammiraglie, l’ambulanza e le auto coi parenti di qualche corridore. L a gara era a buon punto, un paio di minuti e ci sarebbe stato l’arrivo. Negli ultimi chilometri la media era notevolmente aumentata…quaranta, cinquanta chilometri orari. Gli scatti si susseguivano. Ciascun corridore che avesse avuto intenzione di disputare la volata, o che aveva ancora il fiato per provarci, era alla ricerca della posizione e della scia giusta. E pur di prenderla avanzava a gomitate; anche a parolacce e strilla. I corridori avanzavano compatti, ciascun braccio viaggiava a qualche millimetro dagli altri, se non a contatto. Ciascuna ruota dondolava a pochi centimetri dalle altre ruote. Mancavano seicento metri dall’arrivo e Andrea si trovava intorno alla sesta, settima posizione; l’ideale. Era la prima volta che in una gara gli capitava di riuscire a guadagnare quella posizione, le volate erano il suo forte e si sentiva bene. Guardò chi avanzava di fronte per cercare la maglia gialla dell’Ardens di Savigliano. Ciulla indossava quella maglietta. Ciulla aveva una bella volata e vinceva quasi sempre. Tra i sei corridori davanti, Ciulla non c’era. Bisognava stare attenti con la coda dell’occhio, da un momento all’altro sarebbe passato di fianco. O a destra o a sinistra. L’andatura aumentò ulteriormente. Mancavano trecento metri al traguardo e lo scatto decisivo Andrea lo doveva sferrare verso i cento metri. Una ruota lo sorpassò sulla sinistra, una maglia gialla stava scattando; Ciulla. Andrea fece per portarvisi alla scia quando la ruota davanti sbandò di colpo andando a colpire la ruota anteriore della sua bicicletta. Mancavano centocinquanta metri allo striscione d’arrivo. Andrea vide il suolo, se lo sentì strisciare sui gomiti, sulle gambe, sul volto. Non faceva male, ma lo si sentiva. Poi sentì alcune biciclette cadergli addosso, ne vide altre sfiorarlo e tirar dritto, altre filare sul fianco contro tavoli e sedie. Sentì pinze dei freni mordere, e urla arrivare da quelli che sopraggiungevano… - Occhio - ; - op op op - ; - Via via - . Si ritrovò fermo, disteso su un fianco nel lato della strada. Di fronte a lui lo striscione d’arrivo…a un centinaio di metri. Accanto e di dietro, un groviglio di biciclette e di ragazzini. Chi si alzava a districare la due ruote, chi rimaneva lì, fermo. Andrea sollevò lo sguardo, e appeso sul ciglio della strada vide un cartello con una scritta… “ Benvenuti a Pecetto, località delle ciliegie”.
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Le due amiche uscirono dalla discoteca. La festa era andata a gonfie vele e la sangria made in Italy, oltre ad avere ricamato gli animi continuava a fermentare nella mente. Erano le due di notte del venerdì e a casa nessuno le stava aspettando. Liberatesi dai donzelli di turno, Renata e Fabiola si ritrovarono sedute dentro il ritmo di Fabiola. - Lo facciamo?- - Che cosa? - - Andiamo a Pisa? - - A Pisa? - - Partiamo adesso, e una volta arrivate lì andiamo a trovare Federico e Roberta… L’altro ieri li ho sentiti per telefono e hanno detto che questo week-end sarebbero rimasti a casa. E se non li dovessimo trovare trascorriamo la giornata in giro…Domani devi fare qualcosa?- - Non devo fare nulla…Metti in moto…- Il Ritmo partì. Imboccato corso Regio, tirò dritto fino ad introdursi nell’autostrada in direzione di Genova. La strada scorreva, il fuori scorreva nascosto dal buio. I discorsi tra le due amiche fluivano lenti e densi. I lunghi silenzi che li spezzavano erano costellati di attesa appagamento ed agio. Fabiola puntava lo sguardo dritto sulla strada, uno sguardo concentrato e disteso. Renata appoggiò i piedi contro il cruscotto, accese un paio di sigarette e prese a raccontare dei diversi colloqui di lavoro che stava facendo in quel periodo. Percorsi settanta di chilometri Fabiola notò accendersi nel cruscotto una spia. - Cavolo, siamo in riserva…- - In riserva?…Quanti chilometri si riescono a percorrere prima di rimanere a secco?- - Non lo so, non mi è mai capitato, ma credo non più di una sessantina…- La strada continuava a scorrere, la spia era accesa, fissa. - Il primo autogrill si entra…- La notte avvolgeva l’attorno, rendendo invisibile la distesa costellata di colli. I fari del ritmo illuminavano per qualche metro i tratti bianchi delle corsie che si facevano sotto. - Un cartello…- Fabiola rallentò, la segnalazione indicava che mancavano dieci chilometri al primo autogrill. Ripresa velocità, un lungo silenzio permetteva di udire il solo suono del motore, dopodiché il discorso ricominciò. Il comparire dell’insegna dell’autogrill indusse il veicolo a subire una rapida frenata. L’insegna buia venne vista all’ultimo. Era spenta e il buio era totale e interrotto solamente dai puntini luminosi dei paesi distanti. Il ritmo entrò dentro la piazzola andandosi a fermare affianco agli erogatori di benzina. Erano cinque, tutti spenti. Un cartello riportava la scritta “dalle sei alle ventiquattro”…Erano le tre e mezza di mattina. - Che si fa ? – - Tiriamo dritto? – - Vai…Ci sarà di sicuro un altro autogrill…- Il mezzo riprese la marcia, il motore ricominciò a sibilare nel silenzio, il buio ristabilì il contorno generale. Dopo un po’, sul lato destro della carreggiata sopraggiunse un altro cartello che indicava venticinque chilometri all’autogrill successivo. Renata appoggiò nuovamente i piedi sopra il cruscotto e prese a raccontare di un ragazzo che le andava dietro, il ragazzo lo conoscevano entrambe. La voce di Renata usciva con un tono denso e afono, che nel silenzio e col sibilo del motore vibrava profondo. Fabiola ascoltava aggiungendo di volta in volta il proprio parere. Il tono della voce di Fabiola suonava identico a quello di Renata. - L’autogrill - - Cazzo, l’insegna è spenta. - Il mezzo entrò dentro il piazzale, le pompe erano inattive, lo snak bar presentava le inferriate abbassate, non c’era nessuno, se non le sole luci lontane. Un cartello affisso di fianco alla porta del chiosco riportava la scritta “ dalle sei alle ventiquattro” - E adesso che si fa?- - Penso che trenta, quaranta chilometri riusciamo ancora a percorrerli…Io tirerei dritto…- - Vai…- L’auto riprese la strada. Di tanto in tanto in lontananza comparivano delle coppie di piccoli fari luminosi. Rapidamente si avvicinavano, di colpo perdevano d’intensità, fino a scomparire dietro le spalle. Il mezzo continuava ad avanzare senza che apparisse nessun altro cartello che indicasse l’approssimarsi di qualche autogrill. - E se anche il prossimo fosse chiuso?- - Com’è possibile che tutti gli autogrill siano chiusi?…Ce ne sarà ben uno aperto…Se la prossima insegna è spenta siamo panate…Con la benzina che ci rimane non penso che riusciamo ad andare molto oltre. Se è chiuso ci fermiamo lì, non abbiamo altra scelta…- - Tu hai sonno?- - No, nemmeno un pò - - Nench’io - Il mezzo continuava ad avanzare. Sul ciglio della strada non appariva nessun cartello che indicasse l’avvicinarsi di qualche altro autogrill. Da una quarantina di chilometri la spia della benzina era ormai stabile sul rosso. Renata appoggiò un piede sul cruscotto, abbassò il paraluce e specchiandovi si sullo specchietto prese a definire il rossetto sulle labbra. Una luce gialla comparve in lontananza. Intensa, che mano a mano si faceva più forte e circoscritta. - Waw Reny, un’autogrilll…Aperto…- Disse Fabiola, intanto che prese a rallentare la marcia del ritmo. - Cacchio, e’ nell’altro senso – Aggiunse Renata - Cavolo che sfiga, che si fa?…- - Rischiamo ? – - Rischiamo… – - Se ci dovesse vedere la pula c’è il ritiro della patente…il verbale…e chissà cos’altro…- - Dici che a quest’ora ci sarà qualcuno?- - Nelle autostrade qualche pattuglia gira sempre, ma trovarla proprio lì sarebbe altro che jella…- Il mezzo continuava a rallentare. L’autogrill mano a mano si faceva vicino. Di fronte il buio e basta. Lungo la carreggiata opposta nessun faro, nessuna luce, se non quella dell’autogrill. - Non è che a quest’ora quelli della pula sono a bersi qualcosa nell’unico autogrill aperto?…- - Se va male fifty, fifty?…- - Se va male fifty fifty…- - Entriamo - - Entra - Il ritmo sterzò, oltrepassò le doppie linee della mezzeria percorrendo una cinquantina di metri contromano, poi si introdusse all’interno dell’autogrill. Gli erogatori erano tutti illuminati, il piazzale si presentava deserto. Dentro lo snak bar si muoveva qualche sagoma. Nel parcheggio di fronte vi sostavano pochi mezzi: un furgone, due tir, una vettura con affianco una volante dei carabinieri. La vettura era vuota e buia, la volante dei carabinieri aveva uno sportello aperto con un ragazzo in divisa appoggiato sul montante ed un secondo ragazzo seduto dentro l’abitacolo. Il buio circostante si rischiarava nell’illuminazione dell’impianto di servizio perso nell’oscurità. Le due amiche accostarono il mezzo di fianco all’erogatore. Il silenzio era spezzato dal solo tamburo della pompa che manovrato dal benzinaio erogava. Fabiola e Renata scesero dal ritmo, si piazzarono di fronte al benzinaio e presero a parlottare intanto che con la coda dell’occhio guardavano i due tipi alla volante. Il carabiniere seduto sopra la vettura alzò appena lo sguardo in direzione delle due amiche, poi si voltò verso il ragazzo in piedi. - Cose ne pensi ? - - Sembrano carine…
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E’ nato
Una tranquilla mattina di primavera nel centro città, il cielo si presenta plumbeo, la temperatura non oltrepassa i venticinque gradi. Il tram delle dodici e trenta arriva puntuale al capolinea, e li si ferma. Nei dieci minuti di sosta l’autista ne approfitta per recarsi al bar. Giusto un paio di parole con l’esercente che pare rispondere senza ascoltare, e dopo aver consumato il caffè il tranviere si rivolge all’esercente. - Mi scusi…c’è una toelette? – - Nell’altra stanza, in fondo al corridoio, a sinistra…- Il tranviere va dove gli è stato indicato e subito si ripresenta al bancone, - Mi scusi, ma la porta è chiusa, e dentro non c’è nessuno - - Ah, già… Tenga la chiave - Risponde il barista intanto che, con lo sguardo osserva il telefono, con una mano allunga la chiave e con l’altra asciuga il lavandino. L’uomo scompare nel retro e si rintana dentro la stanzetta. Il barista termina di sistemare il bancone, adocchia il telefono, gli si avvicina, solleva la cornetta e la riabbassa. Poi la solleva di nuovo, fa per impostare il numero, e prima di premere i tasti riaggancia di nuovo. Va di fronte al bancone, e con fare nervoso svuota i portacenere sopra i tavolini, di seguito ritorna dietro al banco e libera la piccola lavastoviglie, ridisponendo in maniera dinamica tazzine e bicchieri a vista sullo scaffale. Poi si avvicina nuovamente alla cornetta, con fare deciso distende la mano per sollevarla. Il telefono squilla. La risposta è imminente - Pronto! - - … - - Ero preoccupato…Non sentendo la tua chiamata stavo per telefonarti sul cellulare…Come è andata?- - … - - Maschietto…Waw…quanti chili? - - … - - E lei come sta? - - … - - A che ora è nato?- - … - L’uomo guarda l’orologio appeso alla parete. - Alle dodici e un quarto?.. Cavolo sono già le dodici e trentadue..Arrivo… …Arrivo di corsa…Devo portare qualcosa? – - … - L’uomo riaggancia la cornetta e in fretta e furia si precipita fuori dal negozio, tira giù le saracinesche, chiude e sale sulla vettura parcheggiata lì vicino. L’esercizio rimarrà chiuso fino alle due e mezza. Ha tempo due ore scarse. L’ospedale si trova a pochi passi, tutto è andato per il meglio, è un maschietto, la moglie sta bene, è una tranquilla giornata di primavera, il tram è fermo al capolinea.
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l
signor Porri
Il signor Porri ha affittato un mercedes per raggiungere i parenti. La strada è lunga, il paese lontano. Per fortuna c’è il sole, ma non è poi nemmeno così caldo. Da anni il signor Porri è emigrato in cerca di fortuna. E che sia riuscito a trovarla oppure no egli si presenterà dentro ad un mercedes. Una volta arrivato egli ritrova quell’ambiente, quelle persone con qualche ruga in più, quegli odori. Il mercedes percorre per diverse volte il vicolo centrale, dopo di che viene parcheggiato in bella vista nel mezzo della piazzetta, la sola, circondata da bar, municipio, chiesa, rivendita. Il signor Porri, sceso dal mezzo viene immediatamente raggiunto da parenti ed amici che sopraggiungono in elicottero. Li adesso si viaggia così.
La città s’allunga fino ai piedi della collina, residenze e basiliche tra tuguri e amministrazioni comunali. Ciascun rione riproduce uno stato… L’elite profuma d’aiuole, i tuguri d’urina. Fernando si muoveva tra cassonetti d’immondizia e prostitute…sin da piccolo era abituato a prendere a calci lattine e cani, così come i suoi facevano con lui. Quando si rese conto che i risultati migliori s’ottenevano con le parole cercò di recuperare educandosi…L’età gli concedeva ancora molto. La scuola d’asfalto gli diede un’insegnante da marciapiede. I vocaboli non erano da Zingarelli, in compenso le lezioni arrivavano dagli avvenimenti. Egli badava principalmente all’istinto, istinto che per un’innata tranquillità interiore non gli infondeva violenza. Egli badava all’azione senza troppi connotati da slogan. Quei connotati ronzavano attorno, ma in fondo ad averci badato ed ad averli in qualche modo sposati non avrebbe forse complicato la vita?… La meretrice gli insegnò ad avere a che fare con impiegati, operai, avvocati, sbarbatelli... Tanto che le aiuole si mescolavano all’urina ed i fiori presentavano colori con tonalità nascoste. La meretrice sovente se lo portava appresso ed intanto che ella operava il giovane aveva modo di bighellonare qua e là. - Fernando…vatti a fare un giro- Ed il cliente tirava fuori i soldi per un gelato - Tieni “piccolo”…compratene due…- Fernando andava avanti a gelati e giri in giostra, alcuni amichetti che lo frequentavano morivano dalla voglia di poterne mangiare qualcuno e fare anch’essi quei giri. Così capitava che il giovane dividesse con gli amici i piaceri offerti, e talvolta capitava anche che quei piaceri fossero offerti proprio dal genitore di uno di loro. I calcinculo ruotavano tra baracconi e pesciolini rossi, la coda penzolava vessillo di un probabile bonus. Pop-corn e zucchero filato andavano via accompagnati da occhiate, musica e voci ad invito sparate da casse in MW. Ometti sopra trampoli regalavano palloncini colorati a bimbi dagli occhietti stupefatti. Alcune mamme gli asciugavano i nasi intanto che si raccomandavano di questo e di quello…, altre insistevano per fare ritorno a casa contrapposte ai figlioletti che puntavano i piedi. - Raccogli quella carta…si butta nel cestino - - Si, ma prima tu …la cicca…- Fernando saltellava tra cicche e cartacce, alla ricerca delle lattine da prendere a calci, una farfalla gli si presentò di fronte, egli prese ad inseguirla zigzagando tra baffoni e silhouette da quattro mura. Di tanto in tanto mollava qualche colpo di gomito contro coloro che sorreggevano bicchieri pieni di bevanda. I bicchieri si ribaltavano, i vestiti s’inzuppavano , i malcapitati s’incacchiavano e la farfalla continuava a svolazzare. - Secondo te cos’è la morte? - Chiese Fernando alla meretrice - Cos’è la morte?...Non so risponderti, semmai posso dirti cos’è la vita…ma quello puoi farlo te. La morte forse è avere a che fare con qualcosa intanto che si vorrebbe essere da un’altra parte, intanto che la mente è da quell’altra parte. – - Oggi, al luna park ho inseguito una farfalla, l’ho presa e non ha volato più...forse è morta… non sai in compenso quanti bicchieri ho fatto rotolare…- Una sirena rumoreggiava lungo la via, il ragazzino corse a sbirciare dalla finestra, di sotto un paio di persone correvano in direzione opposta alla volante della polizia. Questi , giunti di fronte ad un portone aperto vi si precipitarono dentro. La volante s’arrestò davanti al medesimo portone, quattro agenti , rivoltelle alla mano fecero irruzione. - Secondo te li acchiappano? – Domandò Fernando, intanto che con fare divertito osservava l’evolversi della situazione - Accendi la TV e metti sull’otto…tra un po’ c’è il quiz..- Rispose la donna, concentrata a spalmare lo smalto sopra le unghie dei piedi. - Cosa si mangia questa sera ? – Replicò il ragazzino - Pasta alla carbonara e branzino…Il branzino proverò a cucinarlo come da ricettario, a guardar l’immagine dovrebbe venir fuori una squisitezza. – La tv mandava forme e parole. Fernando saltellava dentro la propria stanzetta facendo rimbalzare un pagliaccetto contro ad una locomotiva di latta. Terminato di fare asciugare lo smalto la donna allungò una striscia di coca sopra al tavolo. - Mamma vieni un po’ a vedere cosa ti combina questa locomotiva! - - Un attimo…- - E’ una forza, anche il pagliaccetto se n’è accorto..!- - Un attimo ed arrivo! - Le narici aspirarono... Spari di rivoltella rimbombarono lungo la via diffondendo il rumore di un inseguimento. Il televisore trasmetteva la voce del presentatore intento a porre domande ai concorrenti, le ballerine facevano da contorno assieme all’orchestrina occupata a suonare motivetti. Di tanto in tanto la donna provava a dare qualche risposta al quiz. Un secondo suono di sirena richiamò di nuovo l’attenzione del giovane che corse a sbirciare dalla finestra. - Vieni a vedere…Li hanno acchiappati – Un uomo avanzava con le manette attorno ai polsi, al suo fianco due agenti lo fecero entrare dentro la lettiga, il secondo uomo venne portato via in barella. La meretrice, mormorando tra se e se un motivetto musicale rivoltava il branzino dentro la padella. - Apparecchia che tra poco si mangia…- Un alone di fumo e cipria annebbiò il tinello. I concorrenti erano giunti alle risposte finali. Fernando incominciò a distendere la tovaglia sopra la tavola, tovaglia che odorava ancora di detersivo. - Questa sera esci? – Domandò il ragazzino - Si…rientrerò tardi – - L’avevo intuito…- - E da cosa?…piccolo- - Primo, non sono piccolo…secondo, l’avevo intuito...- Il mattino fiorì, Il cielo sputava azzurro e cirri, sotto quei cirri diverse rondinelle volteggiavano sezionando l’aria. Vicino all’abitazione, incastonata tra condomini e rivendite sorgeva una chiesa, chiesa che ogni ora provvedeva a ricordarla coi rintocchi delle campane. Gli otto rintocchi fecero da sveglia a Fernando... Gli undici rintocchi alla meretrice. La città in opera rispecchiò le prime faccende della donna. Aprire gli occhi quando il sole è alto e penetra attraverso le fessure delle tapparelle è un po’ come incominciare un viaggio quando è a buon punto. Le voci provenienti dalle persone che si trovavano nelle vie attorno si confondevano col rumore dei mezzi. Fernando si trovava a vagare tra i banchi del mercato. Egli volteggiava avvolto da voci promulgatrici di merce e ninnoli. Giunto di fronte ad un banco sopra il quale spiccavano caramelle confetti e chicche d’ogni sorta s’arrestò. - Mi da’ quelle liquirizie ?...quelle a forma di rotella…Me ne dia una manciata..- - Un euro e cinquanta…- Disse il venditore - Segni pure sul conto…- - Dì ragazzino...sopra quale conto dovrei segnare?...dimmi un po’…dimmi – - Il figlio del macellaio – Rispose con decisione Fernando -…Hmm..il figlio del macellaio…Tu saresti il figlio del macellaio…- Proferì con tono ironico l’uomo, occupato a chinarsi per prelevare il quaderno sopra il quale vi erano segnati i nomi dei clienti… - Hmm…dunque fammi vedere…Il macellaio…Tu dovresti essere il figlio del signor Ventura.- Continuava a mormorare il venditore, intanto che con le dita prendeva a sfogliare le pagine e con lo sguardo a rastrellare tra i nomi. - …Hmm…dunque il figlio del signor Ventura…Il macellaio… Peccato che il signor Ventura abbia solamente due figlie femmine…E a quanto pare tu non sei una femminuccia…No no no no no no no no…Tu non mi sembri affatto una femminuccia…Tu non mi sembri proprio per niente una femminuccia. - Bofonchiò il venditore intanto che riconducendo lo sguardo verso il lato opposto del bancone s’accorse che il ragazzino non c’era più…Al suo posto una vecchierella stava attendendo. I saltelli di Fernando si circondarono di liquirizia. A quei saltelli s’aggregò un ragazzetto che da tempo aveva preso a frequentare. - Liquirizie?.. Me ne dai una ?... Dove si va? – - Toh, prendi…Avresti dovuto vedere la faccia di quello lì quando s’è ritrovato di fronte la nonna - disse Fernando con tono compiaciuto - Seguimi – - Dove si va? – - Si torna alla bancarella delle caramelle…questa volta ci vai te – Dopo essersi messi d’accordo sul da farsi i due si avviarono . L’amico si presentò di fronte al venditore intanto che Fernando, senza farsi scorgere raggiunse la bancarella dal di dietro - Un sacchetto di confetti… Ed una manciata di liquirizie a spirale – Chiese l’amico - quattro euro e settanta…- - E se pagassi in lire? – - Dì giovanotto…oggi non è proprio giornata…se hai gli euro ti do le caramelle altrimenti cammina… – Il giovane sprofondò una mano dentro la tasca intanto che allungò l’altra verso il venditore con l’intenzione di farsi dare la merce . - Prima i soldi !!! – Proferì l’uomo con fare innervosito, contemporaneamente appoggio’ il pacchetto contenente i dolci all’interno del bancone. Il giovane estrasse la mano dalla tasca, accostò il pollice al naso, dopodiché emise una pernacchia ai danni dell’uomo che fattosi rosso in volto si precipitò all’inseguimento del ragazzo. Il giovane fuggì disperdendosi tra la gente. Il pacchetto imbottito di caramelle fuggì via stretto dalle mani di Fernando che non contento passò davanti al venditore - Segni……Il figlio del signor Ventura…… per il conto passeranno poi le mie sorelle !!! – I saltelli dei due amici si circondarono di colori liquirizie e confetti. Lungo il lato del marciapiede diversi Keniani esponevano ogni sorta di oggetti. Occhiali magliette pantaloncini cd accendigas lenti sculture in legno in bronzo in rame in plastica ed un drappo disteso sul suolo. - Ciao Raya…- Urlò Fernando intanto che avanzava di corsa verso uno di questi - Ciao piccolo…piccolo e sempre di corsa…- - Vuoi una liquirizia ?- Chiese Fernando allungando una mano - Prendine un paio …offre quel tipo laggiù – L’odore di pollo e rolate fece da orologio puntato sopra l’ora di pranzo. I rintocchi delle campane lo ricordavano.
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Sagra tra fiori e baracche
La città s’allunga fino ai piedi della collina, residenze e basiliche tra tuguri e amministrazioni comunali. Ciascun rione riproduce uno stato… L’elite profuma d’aiuole, i tuguri d’urina. Fernando si muoveva tra cassonetti d’immondizia e prostitute…sin da piccolo era abituato a prendere a calci lattine e cani, così come i suoi facevano con lui. Quando si rese conto che i risultati migliori s’ottenevano con le parole cercò di recuperare educandosi…L’età gli concedeva ancora molto. La scuola d’asfalto gli diede un’insegnante da marciapiede. I vocaboli non erano da Zingarelli, in compenso le lezioni arrivavano dagli avvenimenti. Egli badava principalmente all’istinto, istinto che per un’innata tranquillità interiore non gli infondeva violenza. Egli badava all’azione senza troppi connotati da slogan. Quei connotati ronzavano attorno, ma in fondo ad averci badato ed ad averli in qualche modo sposati non avrebbe forse complicato la vita?… La meretrice gli insegnò ad avere a che fare con impiegati, operai, avvocati, sbarbatelli... Tanto che le aiuole si mescolavano all’urina ed i fiori presentavano colori con tonalità nascoste. La meretrice sovente se lo portava appresso ed intanto che ella operava il giovane aveva modo di bighellonare qua e là. - Fernando…vatti a fare un giro- Ed il cliente tirava fuori i soldi per un gelato - Tieni “piccolo”…compratene due…- Fernando andava avanti a gelati e giri in giostra, alcuni amichetti che lo frequentavano morivano dalla voglia di poterne mangiare qualcuno e fare anch’essi quei giri. Così capitava che il giovane dividesse con gli amici i piaceri offerti, e talvolta capitava anche che quei piaceri fossero offerti proprio dal genitore di uno di loro. I calcinculo ruotavano tra baracconi e pesciolini rossi, la coda penzolava vessillo di un probabile bonus. Pop-corn e zucchero filato andavano via accompagnati da occhiate, musica e voci ad invito sparate da casse in MW. Ometti sopra trampoli regalavano palloncini colorati a bimbi dagli occhietti stupefatti. Alcune mamme gli asciugavano i nasi intanto che si raccomandavano di questo e di quello…, altre insistevano per fare ritorno a casa contrapposte ai figlioletti che puntavano i piedi. - Raccogli quella carta…si butta nel cestino - - Si, ma prima tu …la cicca…- Fernando saltellava tra cicche e cartacce, alla ricerca delle lattine da prendere a calci, una farfalla gli si presentò di fronte, egli prese ad inseguirla zigzagando tra baffoni e silhouette da quattro mura. Di tanto in tanto mollava qualche colpo di gomito contro coloro che sorreggevano bicchieri pieni di bevanda. I bicchieri si ribaltavano, i vestiti s’inzuppavano , i malcapitati s’incacchiavano e la farfalla continuava a svolazzare. - Secondo te cos’è la morte? - Chiese Fernando alla meretrice - Cos’è la morte?...Non so risponderti, semmai posso dirti cos’è la vita…ma quello puoi farlo te. La morte forse è avere a che fare con qualcosa intanto che si vorrebbe essere da un’altra parte, intanto che la mente è da quell’altra parte. – - Oggi, al luna park ho inseguito una farfalla, l’ho presa e non ha volato più...forse è morta… non sai in compenso quanti bicchieri ho fatto rotolare…- Una sirena rumoreggiava lungo la via, il ragazzino corse a sbirciare dalla finestra, di sotto un paio di persone correvano in direzione opposta alla volante della polizia. Questi , giunti di fronte ad un portone aperto vi si precipitarono dentro. La volante s’arrestò davanti al medesimo portone, quattro agenti , rivoltelle alla mano fecero irruzione. - Secondo te li acchiappano? – Domandò Fernando, intanto che con fare divertito osservava l’evolversi della situazione - Accendi la TV e metti sull’otto…tra un po’ c’è il quiz..- Rispose la donna, concentrata a spalmare lo smalto sopra le unghie dei piedi. - Cosa si mangia questa sera ? – Replicò il ragazzino - Pasta alla carbonara e branzino…Il branzino proverò a cucinarlo come da ricettario, a guardar l’immagine dovrebbe venir fuori una squisitezza. – La tv mandava forme e parole. Fernando saltellava dentro la propria stanzetta facendo rimbalzare un pagliaccetto contro ad una locomotiva di latta. Terminato di fare asciugare lo smalto la donna allungò una striscia di coca sopra al tavolo. - Mamma vieni un po’ a vedere cosa ti combina questa locomotiva! - - Un attimo…- - E’ una forza, anche il pagliaccetto se n’è accorto..!- - Un attimo ed arrivo! - Le narici aspirarono... Spari di rivoltella rimbombarono lungo la via diffondendo il rumore di un inseguimento. Il televisore trasmetteva la voce del presentatore intento a porre domande ai concorrenti, le ballerine facevano da contorno assieme all’orchestrina occupata a suonare motivetti. Di tanto in tanto la donna provava a dare qualche risposta al quiz. Un secondo suono di sirena richiamò di nuovo l’attenzione del giovane che corse a sbirciare dalla finestra. - Vieni a vedere…Li hanno acchiappati – Un uomo avanzava con le manette attorno ai polsi, al suo fianco due agenti lo fecero entrare dentro la lettiga, il secondo uomo venne portato via in barella. La meretrice, mormorando tra se e se un motivetto musicale rivoltava il branzino dentro la padella. - Apparecchia che tra poco si mangia…- Un alone di fumo e cipria annebbiò il tinello. I concorrenti erano giunti alle risposte finali. Fernando incominciò a distendere la tovaglia sopra la tavola, tovaglia che odorava ancora di detersivo. - Questa sera esci? – Domandò il ragazzino - Si…rientrerò tardi – - L’avevo intuito…- - E da cosa?…piccolo- - Primo, non sono piccolo…secondo, l’avevo intuito...- Il mattino fiorì, Il cielo sputava azzurro e cirri, sotto quei cirri diverse rondinelle volteggiavano sezionando l’aria. Vicino all’abitazione, incastonata tra condomini e rivendite sorgeva una chiesa, chiesa che ogni ora provvedeva a ricordarla coi rintocchi delle campane. Gli otto rintocchi fecero da sveglia a Fernando... Gli undici rintocchi alla meretrice. La città in opera rispecchiò le prime faccende della donna. Aprire gli occhi quando il sole è alto e penetra attraverso le fessure delle tapparelle è un po’ come incominciare un viaggio quando è a buon punto. Le voci provenienti dalle persone che si trovavano nelle vie attorno si confondevano col rumore dei mezzi. Fernando si trovava a vagare tra i banchi del mercato. Egli volteggiava avvolto da voci promulgatrici di merce e ninnoli. Giunto di fronte ad un banco sopra il quale spiccavano caramelle confetti e chicche d’ogni sorta s’arrestò. - Mi da’ quelle liquirizie ?...quelle a forma di rotella…Me ne dia una manciata..- - Un euro e cinquanta…- Disse il venditore - Segni pure sul conto…- - Dì ragazzino...sopra quale conto dovrei segnare?...dimmi un po’…dimmi – - Il figlio del macellaio – Rispose con decisione Fernando -…Hmm..il figlio del macellaio…Tu saresti il figlio del macellaio…- Proferì con tono ironico l’uomo, occupato a chinarsi per prelevare il quaderno sopra il quale vi erano segnati i nomi dei clienti… - Hmm…dunque fammi vedere…Il macellaio…Tu dovresti essere il figlio del signor Ventura.- Continuava a mormorare il venditore, intanto che con le dita prendeva a sfogliare le pagine e con lo sguardo a rastrellare tra i nomi. - …Hmm…dunque il figlio del signor Ventura…Il macellaio… Peccato che il signor Ventura abbia solamente due figlie femmine…E a quanto pare tu non sei una femminuccia…No no no no no no no no…Tu non mi sembri affatto una femminuccia…Tu non mi sembri proprio per niente una femminuccia. - Bofonchiò il venditore intanto che riconducendo lo sguardo verso il lato opposto del bancone s’accorse che il ragazzino non c’era più…Al suo posto una vecchierella stava attendendo. I saltelli di Fernando si circondarono di liquirizia. A quei saltelli s’aggregò un ragazzetto che da tempo aveva preso a frequentare. - Liquirizie?.. Me ne dai una ?... Dove si va? – - Toh, prendi…Avresti dovuto vedere la faccia di quello lì quando s’è ritrovato di fronte la nonna - disse Fernando con tono compiaciuto - Seguimi – - Dove si va? – - Si torna alla bancarella delle caramelle…questa volta ci vai te – Dopo essersi messi d’accordo sul da farsi i due si avviarono . L’amico si presentò di fronte al venditore intanto che Fernando, senza farsi scorgere raggiunse la bancarella dal di dietro - Un sacchetto di confetti… Ed una manciata di liquirizie a spirale – Chiese l’amico - quattro euro e settanta…- - E se pagassi in lire? – - Dì giovanotto…oggi non è proprio giornata…se hai gli euro ti do le caramelle altrimenti cammina… – Il giovane sprofondò una mano dentro la tasca intanto che allungò l’altra verso il venditore con l’intenzione di farsi dare la merce . - Prima i soldi !!! – Proferì l’uomo con fare innervosito, contemporaneamente appoggio’ il pacchetto contenente i dolci all’interno del bancone. Il giovane estrasse la mano dalla tasca, accostò il pollice al naso, dopodiché emise una pernacchia ai danni dell’uomo che fattosi rosso in volto si precipitò all’inseguimento del ragazzo. Il giovane fuggì disperdendosi tra la gente. Il pacchetto imbottito di caramelle fuggì via stretto dalle mani di Fernando che non contento passò davanti al venditore - Segni……Il figlio del signor Ventura…… per il conto passeranno poi le mie sorelle !!! – I saltelli dei due amici si circondarono di colori liquirizie e confetti. Lungo il lato del marciapiede diversi Keniani esponevano ogni sorta di oggetti. Occhiali magliette pantaloncini cd accendigas lenti sculture in legno in bronzo in rame in plastica ed un drappo disteso sul suolo. - Ciao Raya…- Urlò Fernando intanto che avanzava di corsa verso uno di questi - Ciao piccolo…piccolo e sempre di corsa…- - Vuoi una liquirizia ?- Chiese Fernando allungando una mano - Prendine un paio …offre quel tipo laggiù – L’odore di pollo e rolate fece da orologio puntato sopra l’ora di pranzo. I rintocchi delle campane lo ricordavano.
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