Padre,perché
sperdesti Te
stesso e tua luce eterna a
corrusco di grembo e di materia dove
non leva seme,abbatte indifferenza scintilla
che non serve? Eri
stanco d’immoto tuo silenzio? O ti
colse un assurdo desiderio di
nere sensazioni a te negate dissenno
a silenziare esistenza per
altro da esistenza? Non
levi invano,Padre, ansimante
la fame di salvezza: solo
salvando noi, trafitto
frutto del tuo grembo, potrai
salvarti,Padre,rinnegando in te
l’invito che disperde- sia
redenzione l’urlo del tuo cielo sia
impervia ribellione di comete e
l’anima,Padre,con tua anima con
l’anima di tutti gli universi si
racchiuda nell’ultimo rigetto perché
sia nuovo grembo,nuovo cielo, e
nuova infine sia parola,Padre, se
non salvezza,se così dev’essere. Non grembo
ormai vinto dove
sale sparsero e seme gli altri grembi non parola
trafitta da ossessioni in eterno
simili a se stesse la madre e il
padre mi svelarono né l’ultimo
splendore di tua Luce
che muove per l’eterno, ma improvviso
levarsi di quell’ascia che l’anima
colpiva implacandomi il
respiro,immonda mia pretesa di schivare
nero, che infine
intendo nel suo più giusto segno- a te
soltanto,Padre,mi gettava lo slancio di
tue mani, tua ascia
implacabile a sottrarmi l’aspra
radice e il ramo di Morte preda
e buio che si disfa. 28/09/00
E se la prima luce arse nel volo quel
figlio al dissenno che poi cadde un’altra
luce di sua luce fredda arse
ustionando l’anima il mio grembo- invano
cercai scampo dalla luna ostile da
seme avverso seme di esistenza aspro
e sagace a raffiche braccando a
getto di comete- possa
brancarti a disperato sforzo in
eterno a sfida del tuo nero, contro
di te gettando di parole all’ira
compagne alla mia offesa.
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Sia
questo infine a sconto della colpa eterno
rigetto del mio grembo dell’alba
la terra ogni altro grembo se
notte madre del mio tempo se
il cielo padre scellerato diedero
vita al grembo senza
passione senza desiderio- sia
solo grembo folgore che leva ed
abbattendo eterna mi disperde in
quell’assurda luce che il mio cielo più
atro ancora e buio mi ritorna.
Anche
tu,cielo,quando levi devi
fermare se ustionante luce luna
risponde: di
uguale sorte preda se altrui grembo abbatte
freddo contro la mia voce- ma
implacata continui mia ricerca se
anima e parola di altro grembo ascolteranno
un giorno mia richiesta- ascolta,cielo,tu
non potrai saziare la tua fame fino
a quando assurdamente insiste tua
pretesa del corpo della luna: devi
cercare altrove,cielo, altra
sia la tua scelta se
vuoi che cibo al desiderio soltanto
Eterno infine levi. Perché
esista la parola- senza
parola non hai grembo né
pane ha vita senza la parola- anima
slancia levati all’Eterno indietro
lascia lasciati
alle spalle quel
bianco ascolto indifferente che
in gelo aspro di neve ti trasforma e
lascia,lascia perdere fame
di fuoco vibrante se
a te di contro getta per cibarsi in
falso sembiante dell’amore- a
te soltanto luna di suo slancio di
chiaro getti di sua luce intensa che
ti feconda madre del tuo cielo: perché
non sia abbandono a
risanato grembo e
lieviti di seme creandoti Parola. Stanco
e sbiadito appare, anima,il
verde dei tuoi anni quando
insaziata di astri e di comete gettavi
perché in eterno levasse
cibo al desiderio quando
persino l’erba più fragile indifesa non
ti sfuggiva preda- indifferente
ad altrui fame allo
sguardo Suo cieca a
Sua parola sorda invano
cerchi,anima,tornare ciò
che hai rubato- non
ti soccorre luna né tuo cielo, signori
d’infame ruberia, se
levano schivare quel tormento che
l’anima tua soltanto,anima, dismembra.
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Rigetto,terra
dove caddi polvere
che divorai a stridor di denti quando
di patto scellerato cielo e grembo di
forza mi resero al silenzio- ma
se nemico è seme o ambiguo fuoco io
levi infine ad Anima e Parola, che
sole azzardano ribelli ad
infame parola di quel cielo. Anima,più
non ti sia d’inciampo assurda
pretesa e tuo dissenno: torni
infine ramaglia ormai già secca a
verde fioritura che altri tempi levò
saziarti insieme a quel mio grembo- lascia
che preda rendano all’inverno non
ergerti guerriera di possesso se
ti possiede luna di sua luce più
eterna e intensa di
così ambiguo verde. E’
allora che nel tanfo nel fetore innanzi
a me ti levi lurido
corpo infetto piaga immonda nei
giorni che luna grembo e cielo mi
esigono a riscatto di un antico debito: di
astri discerpare il cielo di erba il prato del
grembo il desiderio perché
non gridi del corpo avida fame così
che possa ancora nutrirsi l’esistenza più
ancora di mia carne e di mio grembo- mai
sazia di suo cibo, insidia
a inerme preda. Luce,perché non si levò tuo amore così
intenso da
non gettarmi inerme ad
altra ed aspra luce che in dissenno l’anima
mi divora e poi rigetta? Ed
è sola difesa che consenti di
contro a quella luce che dispreda eterno
seme di assoluto,la Parola imperturbata
stella che mi attende l’anima
nel silenzio se disfrena. Segno
di Padre o segno di ossessione- Non
so qual è tua vera luce, mio seme,parola che l’anima dispredi ed
il mio grembo sin
da quando gettata da altro grembo in
tenebra e in dissenno mi
volsi a impervio cielo che
l’anima mi nega ed il mio grembo- finché
non levi slancio a possedere assenza e luce vera di sue stelle. Io
sono grembo nel grembo più profondo Nel
baratro di un’anima che sperde Se
è splendore tradito splendore Di
erba e del mio cielo Quando
Ecate guardiana di sue belve Mi
abita dimora E
l’anima mi scava quel suo sguardo: quello
che resta al pasto di paura- pure
mi ostino e non rinnego perché
ritorni infine a verde di erba al
suo cielo quell’anima che sperde. a
Gaetano Arcangeli,poeta a
Gaetano Garofalo,mio padre Finché
potrò sentire la tua voce, anima
del mondo che mi sperde, sarà
salvezza dissepolta luna da
nubi e sue macerie- e
levi infine a proteggermi quel cielo che
mi rigetta peggio di altri grembi e
levi l’erba in tutta la sua gloria d’intenso
verde e
levi l’acqua sanarmi dissetando- e
leverà,anima,ricorda l’anima
tua più vera di
luce eterna di sua voce chiara: solo
mi renda solo mi ritorni ad
ogni sua parola di speranza. Notte
che persino al Fato In
aspro ti levi e nel comando Nulla
potrà quel tuo implacato nero Se
urla e batte Di
solo cibo al desiderio: l’anima
stuprare e quel mio grembo- non
è mia luce,ascolta, fragile
raggio di luna che a te cede: alta
getta mia luce,notte, alta,da
luna ben diversa: di
seme luce che frutto del suo seme infine
riconosce, di
mia parola luce che in eterno mia
anima e mio grembo ti discerpa.
26/11/00
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20/10/00
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