Nasce a Fuentevaqueros, vicino a Granada nel 1898.
E' considerato il più popolare poeta di lingua spagnola e uno dei principali rappresentanti del teatro moderno. La sua poesia, centrata principalmente sui temi del destino e della morte, affonda le radici nella cultura andalusa, caratterizzata da una fusione di elementi arabi e gitani. I suoi versi cantano passioni umane elementari in una forte compenetrazione di sogno e realtà. I lavori teatrali, oltre a far propria l'eredità dei canti gitani, mutuano elementi dei canti tradizionali spagnoli e della poesia surrealista. La lingua fonde spontaneità e raffinato lirismo, creando immagini sorprendenti e originali metafore.
Dal 1919 al 1934 vive principalmente a Madrid, dove frequenta la cerchia di letterati e artisti della sua generazione, come Salvador Dalí, Luis Buñuel e Rafael Alberti. Si dedica anche alla musica e nel 1922 crea insieme col compositore Manuel de Falla il progetto del primo festival del cante jondo, il canto zingaresco tipico della Spagna meridionale.
La raccolta di liriche di tema andaluso, Romancero gitano (1928), incontra i favori della critica e lo rende figura preminente fra il gruppo di poeti noto come Generazione del '27. Nel 1931 riceve dal nuovo governo repubblicano l'incarico di organizzare un gruppo teatrale itinerante, La Barraca.
Nel 1936, allo scoppio della guerra civile spagnola García Lorca è arrestato a Granada dai nazionalisti, che lo fucilano a Viznar senza processo
Notte
dell'amore insonne
Notte
alta, noi due e la luna piena;
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Sonetto
del dolce lamento
Temo
di perdere la meraviglia
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Gazzella dell'Amore imprevisto Nessuno capiva il profumo |
Gazzella
del ricordo d'Amore
Non
portar via il tuo ricordo.
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Il
poeta chiede al suo amore di scrivergli
Amor
delle mie viscere, viva morte, |
Il
mio cuore oppresso
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Potessero le mie mani sfogliare Pronunzio
il tuo nome |
Canzone
d'autunno
Oggi sento nel cuore un vago tremore di stelle, ma il mio sentiero si perde nell'anima della nebbia. La luce mi spezza le ali e il dolore della mia tristezza bagna i ricordi alla
fonte dell'idea. bianche come la mia pena, e non sono le rose bianche, perchè ci ha nevicato sopra. Prima ci fu l'arcobaleno. Nevica anche sulla mia anima. La neve dell'anima ha fiocchi di baci e di scene che sono affondate nell'ombra o
nella luce di chi le pensa. ma quella dell'anima resta e l'artiglio degli anni ne
fa un sudario. quando moriremo? O ci sarà altra neve e altre rose più perfette? Scenderà la pace su di noi come c'insegna Cristo? O non sarà mai possibile la
soluzione del problema? Chi animerà la nostra vita se il crepuscolo ci sprofonda nella vera scienza del Bene che forse non esiste e
del Male che batte vicino? e ricomincia Babele che torcia illuminerà le
strade della Terra? che ne sarà dell'innocenza? Che ne sarà del cuore se
l'Amore non ha frecce? che ne sarà dei poeti e delle cose addormentate che più nessuno ricorda? O sole della speranza! Acqua chiara! Luna nuova! Cuore dei bambini! Anime rudi delle pietre! Oggi sento nel cuore un vago tremore di stelle e tutte le rose sono bianche come la mia pena.
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Una rondine vola molto lontano!... Ci sono fioriture di rugiada sul mio sogno, e il mio cuore gira pieno di noia, come una giostra su cui la Morte porta i suoi bambini. Vorrei a questi alberi legare il tempo con una corda di notte nera e tingere poi del mio sangue le rive pallide dei ricordi! Quanti figli ha la Morte? Li ho tutti nel cuore! Una rondine viene da molto lontano! 1919 |
A Manuel Angeles Amarezza dorata del paesaggio. Il cuore ascolta. Nella tristezza umida il vento disse: Son fatto di stelle fuse, sangue dell'infinito. Con l'attrito scopro i colori dei fondi addormentati. Sono ferito di mistiche occhiate, porto i sospiri in bolle di sangue invisibili verso il sereno trionfo dell'amore immortale pieno di Notte. Mi conoscono i bambini e io resto triste. Nelle favole di regine e di castelli sono una coppa di luce. Turibolo di canti fusi che caddero avvolti in azzurre trasparenze di ritmo. Nella mia anima si sono perdute carne e anima di Cristo e ripeto la tristezza della sera malinconico e freddo.
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Il mio cuore oppresso sente con l'alba la pena d'amore e il sogno della distanza. La luce dell'aurora porta un vivaio di nostalgie e la tristezza senza occhi del midollo dell'anima. La gran tomba della notte stende il suo nero velo per nascondere di giorno l'immensa cima stellata. Che farò in questi campi, cogliendo nidi e rami, circondato dall'aurora e pieno di notte il cuore! Che farò se i tuoi occhi sono morti alla luce e la mia carne non può sentire il calore dei tuoi sguardi! Perché ti ho perduta per sempre in quella chiara sera? Oggi il mio cuore è arido come una stella spenta.
Granada, aprile 1919 |
Il sole è tramontato. Gli alberi meditano come statue. Ormai il grano è falciato. Che tristezza le norie ferme! Un cane campagnolo vuole mangiarsi Venere, e le latra. Splende sul suo campo di pre-bacio come una grande mela. Le zanzare - Pegasi della rugiada -volano nell'aria calma. La Penelope immensa della luce tesse una notte chiara. "Figlie mie, dormite, viene il lupo", le pecorelle belano." È arrivato l'autunno, compagne?"dice un fiore avvizzito. A momenti verranno i pastori coi loro nidi dalla sierra lontana! Giuocheranno le bambine sulla porta della vecchia casa, e ci saranno strofe d'amore |
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