Atmosfera
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Il barracuda
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Il figlio del vento Ci hai lasciato uno spazio di luce Ci è rimasto il tuo sguardo di pace Ci hai lasciato il rimpianto di te Ci è rimasto il tuo volto di luce. Avevamo una vita davanti Quando tu hai iniziato a vestire i tuoi panni Avevamo mille dubbi, ansie e notti insonni E tu hai donato i tuoi anni. Oggi un pensiero, costante ci assale Oggi il ricordo e il dolore c’insegue Oggi il ricordo è più forte di ieri Dei tuoi occhi belli e sinceri. |
Illy
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Prova a farti un tatuaggio, Prova a sentire il dolore, Prova a svenire avvelenato d’inchiostro. Poi prova a guardare dietro di te, La tua giovane donna che invecchia, La tua giovane anima in incognito.
Dopo aspetta il bus la mattina d’inverno, Poi prova a parlare al tuo vecchio, Prova a capire che pensa. Al mattino, distratto, acquisisci giovanili emozioni, Al risveglio sudato ti perdi le immagini, Alla sera seduto sei spento.
Sempre più radi ricordi, Sempre distratti amori, Sempre del tempo sprecato. Cominci a contare il tuo tempo, Cominci a contare le cose da fare, Cominci a elencare le gioie e i dolori.
Vorresti restare per sempre, Vorresti ascoltare ancora chi già se n’è andato, Vorresti vede i suoi occhi ancora una volta. Rimani a guardarla, Eterna fatalità, Tempo inafferrabile.
Lei ti chiede un giudizio, Le rughe ci sono, Ma tu impari a nasconderle. Ti fermi a fumare davanti ad una vetrina, Immagini come sarebbe con quella che incontri, Immagini scollegate in tempi sbagliati.
Suoni note stonate, Hai idee poco eleganti, Neanche il sesso costituisce anelito. Eppure con un ultimo guizzo puoi ancora sognare, Eppure con un ultimo sforzo puoi ancora trovar dignità, Eppure con un ultimo grido puoi farti sentire.
Ma in fondo cosa volevi aspettarti, Ma da giovane perché hai lasciato le cose sfilare, Ma allora si sbaglia senza possibilità di salvezza. Inizia adesso bambino ad amare tuo padre, Inizia adesso piccolo uomo a vedere il tuo mondo, Inizia adesso a preparare la fine.
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Una domanda ti assale, la ragione che te la fa porre è contenuta nel profondo tuo io.
Una domanda ti prende, la tua mente che, interrogativa, è assalita dai tuoi mille dubbi.
Una domanda che ti incalza, il tuo io più profondo che chiede risposte sincere.
Una domanda ti affanna, la tua fede che preme e cerca nuovi spazi dentro e fuori di te.
E’ la tua fede che chiede di te, è il tuo Dio che ti manda a chiamare, è la tua gente che aspetta tue notizie.
E’ la tua fede che ti aiuta a concludere l’iniziale tua vita, è il tuo Dio che implora la tua attenzione, è la povera gente che indica il cammino.
Adesso, malgrado il dolore, malgrado i tuoi dubbi, il poco tempo e le altre mortali distrazioni, adesso vivi la tua nuova vita.
Adesso, sentendo le parole del Padre, incantato dalle immagini sacre, rinnega le futili cose, rinnega il peccato, adesso abbraccia la luce.
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Caro chi, Ti chiederai chi sono, Mi cercherai chissà dove.
Parlerai con chicchessia, Finirai a chiacchierare di cose inutili.
Ma sei un essere vivente Umano, vivente Dolce suadente.
La tua storia è qui Il tuo racconto mi avvolge.
Ciò che dici trapela E non urla, Povero chi.
Tenero abbraccio, Fascinoso essere.
Distante avvenire, Lo chiamano figlio, Lo capiscono in pochi.
Circondato da idioti, Costretto a mentire.
Sicuro di te, Sicuro di un padre, Dolore che sale.
Attese e illusioni, Sperando di trovare la forza.
Credevo di avere fortuna, Credevo di potere resistere, All’idiota destino.
Oggi sto qui a domandarmi cosa sia stato a portarti lontano, Distante da me.
Tenero chi, il nostro tempo verrà, In cui libero potrai leggere queste mie parole, In cui potremo sereni allontanare il maiale.
Potremo forse arrostirlo, Gettarlo nel mare e infilarlo col ferro.
E la donna, peccatrice sconfitta, in silenzio capirà il mio dolore, perdendo il suo io. .
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Correva l’anno 1994, Era un’annata speciale, In cui governavano o santi o templari. Fu allora che il meschino tuo padre, Correndo su spiagge dorate, Incorse nella fiera ferita.
Fu subito ardore, Fu subito odore, Poi nascesti tu. Tuo padre le costruì un recinto, Che non funzionò, Che fu subito aperto.
Squalo di siepe, Leone di fango, Storione maleodorante. La madre un feticcio, Il resto da inferno, Tu sempre rapito.
Oggi sono sicuro, Governo a distanza, Con piccoli gesti. Oggi sono sicuro che la mia razza prevalga, Che la mia forza ti appartenga, Che tu possa arrivare.
La bestia perderà, Con celere atto, Ogni sua gerenza. Un giorno verrà o figlio, Che tu capirai, Che tu laverai la sporcizia di un rapimento.
Mai detto, Inconfessabili, Compiuto da bestie insane. Uccise di sicuro da dio, nel loro inconfessabile e sacrilego atto, affogate nell’eterna vergogna
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In quella giornata piovosa, senza alba e tramonto, Senza luce ne idiomi a te noti, In piedi da tempo a guardare le ombre.
Una fugace visita in centro, Vestendo soltanto i tuoi jeans, Aderenti alla tua anima.
Un giaccone ripara dal vento, e sotto soltanto il tuo cuore, Mentre al caldo del solito bar consumi veloce la colazione, Guardando le gambe a bellissime donne.
Tornato alla tua calda dimora, Aspetti la luce, Controlli il tuo animo ed il tuo viso.
Riconosci te stesso, E davanti allo specchio, Ti prepari all’incontro.
Ti radi e massaggi il viso, La luce aumenta, E ti permette di apprezzare il tuo io.
Il mare si muove appena Ed un pescatore lancia il suo amo Come tu ti prepari silenziosamente a lanciare il tuo.
Lei suona, Alla porta è ansiosa, Ha fretta, forse qualcuno l’aspetta.
Ed è solo un incontro, L’arido letto riconosce le forme, i gemiti, il sapore di Lei, Ma è tutto un istante.
Un fiore che nasce e che muore, Rimani da solo a pulire il tuo corpo, Ancora tremante, ancora pieno di lei.
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La vita sopita, Il cuscino l’avvolge, Il silenzio rotto da un silenzio di noi.
Muove la testa, È caldo e si scopre, Fuori è già l’alba.
Si intravedono i seni, Grossi fiori donati, Ad una amore maturo.
Al suo dolce risveglio, Forma splendida e morbida, Ne comprendi il pensiero.
Allo sguardo, Al momento, Profondamente scosso, rifletti.
Ma soltanto un istante, Sei con lei, Sei lei e sei tu.
Siete voi in un’unica forma, Il più antico dei balli irlandesi, Vissuto sotto la coltre calda e dannata.
Con i corpi sudati, Non è ancora finita, Che già ricomincia l’antico rituale tribale e infinito.
Avresti voluto sentire le carni, Avresti dovuto rallentare il tuo battito, Ed è già sole, fuori e dentro la stanza.
Una doccia all’aperto, Un abbronzante dai tropici. Un libro di amore, un esplosione di odori,
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Il tuo tempo è adesso È stato domani Sarà ancora quando, da solo, morrai. Il tuo tempo è pavido Ti si nasconde Il tuo tempo fugge, dannato, da te. Le tue ore e i minuti, veloci, ti lasciano, intrepido, solo. La tua notte che abbaglia, che ricorda le tenebre, che conferma i tuoi dubbi, che insegue l’incerto. Il tuo tempo è l’incerto, e l’incertezza la metrica, del tuo pallido viso, impietoso, allo specchio. Le parole ingoiate, le cose non fatte, un tenue ricordo, sbiadito, discreto. Avresti voluto filmare, avresti voluto gridare, ma come negare che infine, il destino decide per te. Hai oramai la tua età, lo ricordi ogni giorno, sei inseguito dal vello, dal tuo tempo, da te.
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La felicità è terrestre, educata, visibile, estroversa, azzurra, nel cielo. Col tempo poi sfuma, in pensieri adattati, logorati da eventi, da fatti non sempre graditi. La gioia è l’istante, un attimo blu, un tramonto rubato, in un giorno sbagliato. Hai vissuto anche l’esaltazione, alla fine di un anno, mai un bisestile, le cose che viaggiano, senza dubbi ne incanti. Ma allora, quando eri più giovane, che correvi felice, sudato, sul mare, abbronzato, la testa già vuota, dopo una notte annaffiata da vino, dopo una notte annaffiata da donne, cos’era? Era gaudio, o mio amico fedele, che ascolti in silenzio questi miei poveri versi Persi In un alito pallido di vento autunnale. Gaudio, la giovanile incoscienza, non già definito Non già preordinato, atteso, invocato, leggero anelito di terre lontane Mai commentato, ti ha lasciato invecchiare.
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Sola la in cima, i tuoi pensieri che volano, i tuo occhi che bucano il cielo. Sola con te aspettando e sperando Sei sola a sperdere le tue ombre, a chiarire i tuoi perché. Enigmi insoluti anche qui, bianche spiagge del nord, fra gente che parla diverso. Ininterrotto solfeggio del mare, ininterrotta scogliera, ininterrotta marea. Le barche ormeggiate ormai in secca, poche persone che cercano cosa, metafora antica. Il vento ti sposta i capelli, quel vento che ti ha già portato via l’amore, che ti invita a seguirlo. Sei sola e ricordi, lo fai così forte che risenti i rumori Del tuo dolcissimo amore. La schiuma dell’onda ti bagna di lacrime Di dolcissimi addii Di sentimenti nascosti. Il piano adesso risuona potente, risenti la voce di lui, ti riappare, splendido, tuo, come stormo di aironi, nell’aria. Adesso diglielo, adesso fermalo,
adesso prendilo , per
sempre,
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Un illusione di eleganza Il sigaro masticato che pende Vecchio vestito. Capelli d’argento curati La camicia ormai larga Il colore che fu. Fuori dalla vetrina A guardare che passi Che invecchi. Fuori da tutto Fuori di te Lontano dal cielo. Il tuo vecchio vestito Che non cambierà Nostalgia di costiera. Al tempo che fu Indossato di fronte a splendide dame Oggi a sembrar ragioniere. Una cravatta che scende ordinata Senza vita e senza futuro, senza più nulla da stringere. Avrei dovuto cambiarti Quando ancora era tempo Quando il tempo era mio. La vecchia che passa ancora si gira, come molti anni fa, ti guarda, vorrebbe parlarti, dirti cos’era. Nel tempo lontano, quel giovane ironico Quel vecchio ragazzo Che adesso, non c’è.
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Segnato da mille ricordi Le foto non bastano a dirlo Le parole si spengono al vento. Ma una volta, coi primi Arrivava dal mare il segnale Un ordine scritto di stare a vedere Quanto duro era il mare. Miei nobili amici Concittadini famosi Da Napoli, Roma e Parigi Le palafitte anni 30. I pescherecci romantici Il castello di sfondo E speranze di gente di mare Finite in piatti di ricci. Il mercato rionale Gli odori di terra e di mare Le splendide donne Con le gonne arruffate. Il lungomare senza dubbi Il porto vecchio e i suoi flutti I bar sempre aperti Benvenuto ideale. Da piccoli pensavamo Che il paradiso esistesse Poi molti dubbi Poi infine un approdo sicuro. Santa Marinella, che bella Ne saprò mai l’origine certa Ne saprò mai cosa porta il futuro Ma siamo in molti riuniti a goderti, come una stella. Il verde come fondale L’azzurro del mare Il cielo che brilla di un sole antico
Il
panorama, sicuro, del paradiso.
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Chissà questa strana provincia cosa fa Cosa fa nella notte, cosa fa. A vederla in periferia appare scolorita A guardarla dal portico si resta ammirati. Un forno elegante con le ceste del pane, Le donne che parlano silenziosamente. La luce del giorno che illumina mille storie diverse, a misura d’uomo. L’infanzia serena, la musica blues risuona nel bar, e il tresette e la bruma e la neve. L’estate disperde i più ricchi, ritornano, felici. La voglia di vivere ti spinge lontano, senza sapere quanto sarà indispensabile tornare, quanto sarà indispensabile guardare la tua città dal portico. Ti avvicini alla piazza, un dolcissimo swing ti prende L’odore di legna bruciata ed il freddo alle mani. Le luci dell’ultimo negozio si spengono, e domani dovrai ripartire, e avresti pagato per lasciarle accese. E riconosci i passanti invecchiati, segno di una realtà diversa. Rientri in te, controlli dal portico, sono loro, la favola è finita, la tua strada è già chiara. Tornerai ancora a guardare, hai perduto il tuo io lontano da qui, ne sarà mai all’antica maniera, ne avrai mai a godere di qui, ti rimane di scrivere in fretta, ma a chi? Ti rimane di andare, ma dove? Maledetta provincia che non cresci mai, maledette le strade serene e già note, maledetti coloro che cambiano e invecchiano, maledetti noi stessi e la corsa che invano facciamo.
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Sono le 5 È un giorno qualsiasi L’inverno alla fine La casa sul mare La pioggia che cade Dolcemente, rimbalza Nessun rumore Il colore del mare Di un giorno qualsiasi Scoperte continue Sulla spiaggia pesante Odori antichi Di un tempo che è stato Le gesta di uomini Il lamento di reti Il sapore di umido Una luce portuale Lontana Felicità riscoperta Sicurezze mai date Il grigio prevale.
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Una giornata di marzo Un pallido sole Senza nemmeno fiatare Senza stare ad ascoltare Solo un soffio vitale Che senti, è maestrale. Adesso il silenzio Rimbomba feroce Sulle palme abitate Sulle antenne tremanti Dietro i tuoi vetri Senza un’idea da seguire. Allora guardi e riguardi Aspettando un nonnulla Che stupisca i tuoi sensi Che ti possa svegliare Ascoltando il rumore Di una Lei che dorme. Ne parlano tutti Ne sanno tutti ben poco La dolcezza dell’acqua Che bagna e pulisce Che addolcisce ogni cosa Che talvolta spaventa. Se potessi parlarti Mia unica musa Ti direi quanto ti amo Ti direi del desiderio Ti direi che ti aspetto Che mi bagno felice
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Partimmo Energia vivente Disegnata sul parket Ideologie confuse Estremi contrari Musica punk Luce rossa Giacca di pelle Un ‘idea Sali e scendi per ore Scendi e non tornare mai più Avere la fede Avere la chance Avere la prova Abbattere un mito Abbattere un treno Capire chi sei Cercare ancora
Rivivere
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Canzone d’amore Ancora lei La marcia della pace La marcia del sole La marcia Che scorre lenta Il battito feroce Il mio cuore che cede Di fronte al fremito. Eri sola Eri qui Eri me Io ero con te Il museo aprì le luride porte Troppa polvere Confonde le nostre idee Troppe idee diverse Dividono la nostra luce. Taglio una tela Attraverso lo zoo Scaglio una pietra Che curva Vieni ancora da me Lascia il tuo spazio Apprezza il sapore Apprezza la piega Confonditi sola Diversa Con me.
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Era ora di andare Di scappare lontano Di non farsi toccare Di non farsi distrarre Dalle solite Mille banalità. Accese musica Arrivò al solita scossa Iniziò a volare Passò le luci della città Vide il volto di tutti Fermi all’angolo sotto di lui. L’energia fluiva lenta Al tramonto fece nuvolo Si sentì per un attimo solo Ma pensò alla sua vita Che era oramai trascorsa Fra le mille ridicole esperienze. Non tornare indietro pensò E fu così che ancora oggi Nel quartiere Nella sua Dublino ovest Fra sporcizia e poesia Lo ricordano Zingaro felice.
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Il ronzio delle semplici menti Una birra scura davanti allo specchio Una donna fugace Capelli biondi Capelli sciolti Una danza tribale Le scarpe adagiate La ricerca dell’io Una ripida scala a Calcata Una luce fioca Lo yankee che invita alla danza Il generale che mesce vino Gli amici di un tempo che è stato Fermati dal treno Una donna che balla La serata si accende Ripartiamo a fumare L’antico toscano Davanti alla piazza Il fumo di legna Il tuo odore di frutta La tua bocca sensuale Io che non sarò mai più lo stesso Le tue ultime parole Gridate alla luna.
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Pensare di te, provare a capire, provare a sentire il tuo cuore. Pensare di te, gioire per nulla, aspettando un segnale. Pensare di te, odiare il silenzio, il dolore e l’attesa. Pensare di te, sperando che il sole, generoso, Ti baci. Pensare di te, che sei bella, e che splendi sicura In un alba, in un sogno, un’idea.
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Musica calda Maestrale severo Nubi in arrivo Il porto svuotato Pescatori seduti Un bar che risuona di musica etnica I due solitari si lasciano Odore di mare Sapore di amaro Aspettative deluse Una macchina passa Un uomo si gira Lei è già andata
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La marea del porto che vedo
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Quello sporco lavoro
Mai domo ne scoraggiato ed oramai
avvezzo alzò la testa, guardò lontano e fece un sorriso
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Sono Loro che ti hanno portato |
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TI VIDI
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PRIMA DI TUTTO |
Il mio amico |
Il sentimento senza nome
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I tuoi giorni più belli
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Attimo di pace |
Stai a sentire il tuo io |
La mia galassia
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