Le poesie di Jean

Presentazione dell'autore:

Mi chiamo Jean, ho 28 anni, laureato in legge, vivo a Caravaggio (BG).

"Scrivo da molti anni e ho sempre percepito il mio desiderio di fare poesia  certo come un momento di liberazione catartica, forse un dono, ma anche come un peso, una condanna che scaturisce da un sentire spesso troppo intenso le emozioni e gli accadimenti che hanno riempito la mia vita."

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PER FRANCESCA, LÀ DOVE CI AMAVAMO

PER FRANCESCA, DESIDERIO

PER FRANCESCA, A MOLA

PER FRANCESCA, CHE NON RIESCE A GUARDARE

PER FRANCESCA, CHE NON HO MAI INCONTRATO

IL DONO

POESIA

IN MORTE DI ELISA

PER FRANCESCA, LÀ DOVE CI AMAVAMO

 Nella notte sorge il regno della parola,

luminescenze all'orizzonte,

linea continua, che scorre e mi circonda,

tratteggi e profili,

la mente produce alambicchi pieni di magia,

che danno sostanza a ciò che è visione di interiorità,

io scruto lungo il limite che separa terra e cielo,

il buio che fa posto ad un grigio illuminato,

riconduco lo sguardo verso brividi arancio,

già visti, che accendono il ricordo,

tendo la mano,

in attesa di un palpito caldo,

sfioro pelle ruvida,

poi ritraggo,

per un istante mi ricomprendo,

mentre già al di là delle fronde,

che appaiono mute,

nel blu che comincia a colorare lo sfondo,

mi perdo;

corre la forza che mi è stata data a cercare altri sfondi,

altri orizzonti,

disegnati tra il cielo e il mare,

nuova aurora che tinge di rosa

la tua percezione in me,

sequenza di sinapsi,

che mi spaventa,

provoca il divino,

occhio di bue sull'ipersensibilità,

che mi riempie, mi brucia,

morde, trasforma,

mentre cresco

e forse troppo di me comprendo,

ma anche stavolta ho narrato più del dovuto,

ignorando l'attimo, il gesto, l'istinto,

ho perso,

nella presuzione sottile della mia nicchia unica,

da cui osservare,

per poi mai vedere.

 

 

PER FRANCESCA, DESIDERIO

  Sento le tue cosce pulsare sotto le mie,

mentre mi muovo solo nel letto,

blandisco la mente

inventandomi più veloce del tempo e dello spazio,

chiedo aiuto ai demoni oscuri

che corrompono la mia anima di cristallo

con la terra e l'istinto

perchè facciano giungere fino a te il mio impeto,

la forza con cui sogno la tua carne,

mentre corro coi palmi aperti,

stringo, graffio,

carico sui miei lombi tutto il triste peso

della mia voglia d'amore,

della mia voglia di te,

ricado, ritmando la pienezza,

sento i seni, capezzoli eccitati,

fin su, collo morbido,

brividi lungo i tuoi lobi,

labbra color del sangue,

occhi dilatati,

non più soffici riflessi d'azzurro,

ma braci e fuoco,

trasfigurazione dei sessi incandescenti,

che si congiungono,

riempiono e ricevono;

sogno, solo sogno,

pensiero più potente dell'azione,

ma muscoli che si contraggono,

che penetrano al di là dello specchio che cancella le distanze,

che lascia i nostri corpi sospesi a riflettersi e confondersi,

persi, lì sul limitare dei mondi,

visione che chiede di essere realtà,

mentre mi alzo,

tendo gli avambracci,

sfioro con la punta del naso le tue guance,

sento i capelli che mi solleticano,

fisso il tuo sguardo sul cuscino,

supero la materia

e ti percepisco viva, pulsante, fisica,

lontana o vicina, ovunque tu sia.

 

 

PER FRANCESCA, A MOLA

 Le case bianche, con gli infissi colorati, dietro al porticciolo,

qualche gozzo attraccato,

bianchi, azzurri, rossi,

che si riflettono sulla superficie dell'acqua,

chiarita dal sole,

che, piano, tra i tetti delle case, sta cominciando a salire,

più in là, il mercato del pesce,

 qualche urlo, un saluto,

cassette da frutta capovolte,

secchi d'acqua,

odori, profumi,

salsedine, tufo, sabbia,

muschio ancora abbarbicato

tra cozze, molluschi e telline,

visi tagliati, bruciati,

già svaniti, risucchiati dal tempo,

solo uno squarcio nei ricordi,

uno sfondo sul paesaggio,

che già è cambiato,

che già non gli appartiene più,

i tuoi occhi azzurri,

i tuoi occhi azzurri, immensi,

i capelli neri, una cesta sotto il braccio,

il profumo del mare che riempie l'alba,

ma io non sono mai stato lì.

 

 

PER FRANCESCA, CHE NON RIESCE A GUARDARE

 

Hai reso alla mia penna

la scintilla dell'oblio,

la cupezza dei momenti

da tradurre in scritti e graffi,

con cui io mi dilanio il cuore

e rigenero i suoi battiti;

sentimenti scavati dalla risacca,

che penetra nei più profondi anfratti,

portati al largo e di lì di nuovo a riva,

tra le conchiglie capovolte e frantumate,

assopiti e stanchi,

tra i riflessi brillanti della luna sulla sabbia;

scrivo per me

e leggo per rileggerti,

per perdermi nell'illusione dei tuoi occhi rapiti,

della forza del mio pensiero

che diviene azione di straziante passione,

catalizzata dalla tua ispirazione,

estasiato nell'idea d'autodistruzione

che tanta luce

non potrà che costringerti

a distogliere lo sguardo.

 

 

PER FRANCESCA, CHE NON HO MAI INCONTRATO

 

La mia ragazza triste

culla il suo bambino

dall'altra parte del cielo,

lungo la linea di un tramonto rosa,

io che passo mi riempio di gioia

davanti a quegli occhi sospesi

tra le nuvole e il mare

e cerco un ricordo che non posso trovare,

perchè mai ho sfiorato quelle labbra rosse

in questa c="#00FF00">mai esistiti,

scoccati e già perduti,

qui, fissati per sempre lungo l'inchiostro

che si muove stordito,

che sporca il nulla

e regala sguardi perenni

ritaglio, invento,

dove non c'è do senso,

così che io mi riempio,

demiurgo della materia,

resa nobile dal pensiero,

che rompe gli argini

dell'indifferenza dei gesti quotidiani,

riapro pagine mai sfogliate,

nel rumore ascolto, il silenzio.

 

 

POESIA

 Una fiammella tremante

sullo sfondo di una notte infinita,

aspetto le parole scivolare,

come per magia,

al di là delle mie dita,

la bocca serrata

non conosce i ritmi

che sappiano accompagnare

le note profonde della mia vita;

incoscienza del naturale tormento

che mi risucchia le viscere

per spargerle e sporcare

una pagina pulita.  

 

IN MORTE DI ELISA

 

C'era una lacrima,

che rigava il viso candido

come un marmo greco,

vi si rifrangeva

un azzurro intenso,

spento da una palpebra chiusa,

ultimo bagliore

di una vita ormai muta.

 

 

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IN MORTE DI ELISA

 

C'era una lacrima,

che rigava il viso candido

come un marmo greco,

vi si rifrangeva

un azzurro intenso,

spento da una palpebra chiusa,

ultimo bagliore

di una vita ormai muta.

 

 

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