stridono
come gessi sulle
lavagne,
i rumori stropicciati di una città nascosta.
abbagliata dalla luce di un accendino
brucia come tabacco il suo essere donna,
deturpato dallo stupro della noncuranza,
schiacciata dal peso di ferraglie incolonnate come topi tra le ferite
del mio
volere.
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per
anni ho gridato.
ho gridato senza sapere contro chi, contro cosa.
abbiamo bisogno di infervorare i pensieri,
abbiamo bisogno di sentirci come campane pronte a suonare,n
ma siamo soltanto a lunedì,
la domenica è ancora lontana,
c'è il tempo per non pensare,
e quello che ci hanno lasciato per ribellarci,
ma è così poco che
rimane soltanto un esercizio di stile.
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quello
che ti chiedi
scivola tra il saluto e l'incoscienza.
sei come pelle che rimane incantata nel mezzo di un deserto;
cosa aspetti serpente?
perchè non stai scivolando
sulla linea di confine che brucia come miraggio
appiccicato alla porta della prigione da cui vuoi scappare.
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ciò
che mi fa stare bene è
così veloce,
un frammento di luce che rotola attraverso
la notte pensierosa e assonnata.
ci sono oceani addormentati
che si fanno guardare
sussurrando il loro gelido passare
attraverso il grande silenzio.
sono a penzoloni sui miei pensieri,
mi trapassa il bisogno di un vento freddo
che mi porti vicino ai miei desideri...
ora però sono ancora da solo,
cammino e respiro l'odore della pioggia che rende più calda la mia
anima.
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