Terra mia |
Prece Prostrata ai tuoi piedi, Signore, non oso sollevare lo sguardo né proferire parola. Come Maria ai piedi della Croce, schiantata dal dolore, con il cuore in pezzi, ripenso alla culla riposta, al tempo passato, al cammino percorso. Mio figlio sta soffrendo, Signore. Come fiume di lava incandescente che, impietoso, distrugge ciò che ostacola il suo inesorabile fluire, il Male arde dentro di lui e lo tormenta togliendogli il respiro. Come animale feroce che bracca e tortura la preda sino a stremarla, il Verme circonda col fuoco le sue giovani carni, annienta le resistenze e lascia senza forze -su quel talamo bianco- il corpo stanco. -Ho paura, mamma, portami a casa, non lasciarmi. - implora. E l'anima piange. E quell'uscio chiuso, Signore, paratia d'incomunicabilità, a limitare e precludere ogni contatto e contrastare la Brama di tenerlo tra le braccia e avvolgerlo… … e cullarlo. Aiutami, Signore, a far mio il tuo Getsemani. Aiutami a bere il calice amaro dell'accettazione. Prendimi per mano e, come il Cireneo lo fu per Te, fatti Sollievo e sorreggi le povere spalle mentre porto la croce e ascendo l'erta che mi condurrà al Calvario. Non sarò sola se Tu sarai con me e asciugherai le mie lacrime.
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Rimpianto |
Passeri sulla
neve che, alito
di vento fa
volar via, in un
frullar d’ali, i
pensieri si
librano leggeri recando
memorie. E le
certezze, accartocciate
da mano crudele, si
sgretolano lasciando
vuoti. E il
Buio, velo
pietoso steso
da dea
magnanima, scende a
coprire le
macerie.
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Come
animale ferito alla
ricerca di un
rifugio, nell’intricata
geometria della
mia anima, anelo sbocchi e respiri e
guadi. Ma, reciso
il filo che
Arianna diede
a Teseo, non
Lume né torcia a
schiarire il
cammino. E,
nel dedalo di
tortuose viuzze e
vicoli ciechi che
mi accingo a percorrere -
consolazione- le
tue mani protese
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Scese
la neve e
coprì la
terra di un
oblio che
sa di
silenzi e di
torpori …e
di eternità. E nel
biancore estremo della
notte scivolare nella
magia dei
cristalli e
abbandonarsi alle
terse trasparenze di
cieli senza
alba. E
nella fredda immensità di
quel mondo senza aliti
né respiri è
l’attesa di te a
scaldare le
membra stanche.
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Mentre
Amore, veliero
che furor di marosi inclementi tormenta
e travolge, fa
naufragio nel
mare infinito dell’oblio, -
unica superstite- la
mia anima cerca
agganci. E tra
flutti di
inchiostro, mentre abissi
tentano di
attanagliarla nella
loro morsa di
ghiaccio, lei si
libra leggera e -finalmente
libera- innalza inni
di gioia.
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Quando pennellate
di latte renderanno il
cielo opalescente e
l’aria frizzante del
mattino solleticherà le
narici, e
profumi intensi si
spargeranno, io mi
allontanerò e
nuovi approdi cercherò. A
nuovi orizzonti volgerò lo
sguardo, nuovi
lidi accoglieranno il
mio nido, acqua
di sorgente berrò e di
manna divina mi
ciberò. Non
guarderò indietro, non
cederò alle
lusinghe e
alle insidie di
ulissiche sirene. Andrò e
quando il
vento sarà tornato a spargere
effluvi e la
memoria non
sarà più Dolore
, io
tornerò e la
terra mi chinerò a
baciare
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