Ombre
immorali i nostri corpi cinti
in uno spreco di guerra, innalzate
le are attendiamo il diniego del tempo… Imperturbabile
sacerdote, lacera
le nostre astuzie e vela i nostri occhi, lacrime
o abbagli. Confine
muto, inerte
fiaba, ardito
baratro, insolente
concubino, candeggi
le mie notti dei più luridi inganni, mi
rivesti del miele della tua più funesta perfidia, che
tu possa patire della mia più gaia superbia, le mie bestemmie ti possano tenere compagnia nell’ oscurità in cui ti stillerò.
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Vivido
mutamento mai avvenuto, Laconico
addio tra sipari corrosi dalle nostre inquietudini… Rendimi
la mia affrettata gloria, imprigionata
nei tuoi più ristretti divari di cedimenti emotivi. Dirada
le effigi di desolato martirio, marmi
adombrati di chiarori smorzati… Non
mendico altro: miseria ed
il tuo sdegno, mio adorato.
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