Strana
bestia il tempo, ti illude, s’insinua nelle pieghe dei giorni per
ritornare inesorabile a ricordarti di ricordare, a spiegarti il
significato della memoria, del tuo tempo maledizione, lontano ormai dal
mio. Questa
routine letale, questa estasi di piatto avvenire, che mi annienta e mi
dimentica in un oblio di facce e colori, tutti amalgamati
nell’uniformità delle cose tutte intorno. Credevo
di essere destinato a soccombere nel grigio affetto premeditato, temevo
di non essere più capace di dilungarmi nello spiegare quella cosa
chiamato amore, affogare nella reminiscenza di quei giorni con lo
sguardo verso te. Dieci
anni sono passati Vittoria, sufficienti credevo per dimenticare,
maledizione, per affievolire la tua ingombrante presenza, e invece,
invece. Mi
tormenti, inconsapevole di farlo, vivi i tuoi giorni ma ancora una
volta, inconsapevolmente parli anche di me. In
questa tenue immaginazione posso plasmare in una forma perfetta anche
quello che in noi perfetto non è, ed in questo dubbio morale mi domando
cosa posso perdere ancora se non il disagio di vivere condizioni più
vere dei sogni.
|