(Neuilly-sur-Seine, Francia, 1900 -
Parigi, 1977)
Prèvert fa parte di un gruppo di poeti che a
Parigi, più di cinquant'anni fa si chiamavano "surrealisti".
Pensavano che le parole hanno una vita tutta loro e, lasciate a se stesse dalla
fantasia del poeta, spontaneamente si mettono insieme e compongono delle frasi e
soprattutto delle immagini: tanto più le si lascia libere, tanto più queste
immagini sono straordinarie. Quest'idea del linguaggio è un pò di tutti i
poeti moderni e contribuisce a renderli diversi da quelli che sono venuti prima.
Solo che i surrealisti ci credevano ancora più degli altri. Infatti inventarono
perfino la "scrittura automatica": si mettevano a tavolino e
scrivevano, proprio come automi, tutto quello che gli passava per la mente,
senza starci a pensare. In questo modo, dicevano, si potevano ottenere delle
poesie bellissime. E a volte era vero. Ma i surrealisti davano soprattutto
importanza ai sogni: i sogni infatti sembrano assolutamente privi di logica e
sono pieni di immagini e avvenimenti straordinari. Nei sogni, dicevano, siamo
liberi di inventare la realtà, la "surrealtà", in cui i nostri
desideri più pazzi si realizzassero. Per far questo bisognava che i sogni
entrassero nel mondo del quotidiano, Nelle poesie dei surrealisti può succedere
di tutto, anche un uccello vero entri in un quadro, come nei versi di Prèvert,
I surrealisti si sentivano, ed erano, rivoluzionari e molti di loro cercarono di
fare la rivoluzione anche in politica, perchè quello che volevano, in poesia
come nella vita, era che l'uomo potesse diventare libero. I sogni di Prèvert
sono teneri, ironici, allegri, malinconici, anche se esiste un altro
Prèvert, aggressivo, che reagisce alle violenze del potere e si impegna nelle
lotte sociali. Ma le sue poesie più belle parlano soprattutto di Parigi, dei
suoi colori, delle sue strade, della sua gente e assomigliano a canzoni.