L’eresia del santo
Passeggia quieto tra i suoi musei di
strada come
chi non ha stretto mani né salutato amici avanzando
con passo lento e deciso e
in questo mattino come tanti altri e per niente speciale riscopre
il cielo di meraviglie per quell’istante interminabile che
il tempo conserva fra le vergogne e le incertezze e
dai suoi battiti nasconde per durare in eterno
I soliti rumori di opere e omissioni si
perdono in onde anomale alle sue spalle e
in quella confusione anche il divino si perde perché
il santo diventò uomo senza arrancare svestendosi di luce stretta per indossare l’umanità e toccare il Suo viso senza pudicizie, senza timori piegando la schiena pesante di sabbia e mare Non porta con sé il sacco del viandante né ha preghiere da sussurrare al vento che soffia perché sarebbe stato vuoto il suo bagaglio e troppo incerta la sua voce nel declamare versi eppure stringe al petto un’ala spezzata ed un sorriso ed il cuore di un bimbo che ignora i rimorsi da barattare con un accordo stonato se sarà triste. Percorre lentamente la sua strada ma non si sente solo perché una puttana lo saluta rincasando dalle sue faticate glorie senza rammarichi e pagine di storie ordinarie da strappare ritorna come ogni alba dalla figlia addormentata che un giorno avrebbe salutato il santo diventato uomo per quelle vie di memoria che non sono acqua di fiume Lui l’osserva e promette ai suoi piedi un viaggio breve per abbattere le statue che lo ricordano immacolato perché nessun riconoscimento gratifica tanta pace quanto l’umanità conquistata da un clandestino del cielo che vaga alla rinfusa certo! ma al tempo di musica e pronto a commuoversi di lacrime e sangue sporcando il suo vestito non più bianco, cucito di sogni Cenere e fango fra le mani immagina e non teme l’ingiuria né la vergogna d’essere uomo nemmeno cerca di spiegarsi la vita che respira ma si lascia andare leggero come uno fra i tanti che apprezzano d’ogni cosa il dispiegarsi in praterie senza illudersi che a tutto si acceda attraverso la porta di cui la chiave è missione di vita doverla trovare E se qualcuno ricorderà di quel santo fatto uomo non sarà vanificata la sua promessa né il suo viaggio perché l’uomo che divenne già sapeva in cuor suo che ci sono altri uomini che vorrebbero divenire santi pur non essendo mai stati uomini né spaccati di cielo né esseri di amianto e sale che hanno perso il senno sfiorando l’ebbrezza eretica del compiaciuto santo.
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Il ticchettio assordante dell’orologio si fermi stanotte perché scrivo su pareti bianche e lisce, senza penna per impressionare di verità le vostre coscienze sporche di come ho rinnegato dio in un abbraccio senza commozione né ripensamenti, supplicante la morte Lo spazio e la sua miseria sprofondino nell’apocalisse perché rivelo al mondo intero il mistero della mia fede che non ha più un nome buio a cui aggrapparsi, ferita come un toro nell’arena che gli strapperà la vita io mi sento maestro della scena e chiave di note stonate Ho tradito con un bacio e una carezza che niente può esservi paragonato senza infame vergogna per lasciare che le vostre preghiere umide e salate s’impossessino dell’aria tiepida che soffia stanotte sui fiori odorosi deposti su quell’altare di pace e vino Ma se aver vissuto schiavi vi è più dolce che morire liberi allora non ascoltate la verità e continuate a bruciare incensi non distraetevi dalle catene e lapidatemi con determinazione perché non rimarrò a piangere la gente mia che muore senza aver tentato di liberare almeno i loro cuori, le loro anime!
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Nell’anima Misture di erbe e fiori essenze profumate non bastano a placare i moti che ho dentro dominanti rossori delle maree, impeti di vergogna per quelle stelle che si oscurano soffocate dal bruciare dei miei sensi Indicibile voluttà delle mie percezioni se potessi pronunciare parole degne di questo sentimento si seccherebbero le lingue del mondo e si fredderebbe l’equatore tanto da udire il lieve sibilare del vento fra le foglie della mia anima Roccia scalfita a monumento della bellezza se fossi un sacerdote degno di tale decoro ti onorerei a mani congiunte e sul petto gli elementi della terra stringerei in commozione affinché queste voci potessero placarsi in cori celesti, unisono cantico Colto giglio d’ammirare nei vasi della mia memoria deporrei le tue vibranti radici affinché nessuno dimentichi la dignità di questi amplessi amorosi che d’acqua e sale si nutrono a dispetto del tempo e dell’usura Ostinata presunzione di un angelo caduto a te prometto! diverrà questo sigillo di lacrime e di gioia a difesa del nostro futuro perché mai nulla si potrà scrivere, narrare o semplicemente immaginare che vinca in magnificenza quest’estasi diffusa che battezzo Amore
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