Mi
illuminava troppo gli occhi Tutto
quel bianco, mi faceva male, mi
accecava. E
continuava a stendersi per terra Baciando
la ghiaia e i rami degli alberi E
tutto ciò su cui si posava. Scendeva
dritta, perpendicolare Come
se fosse la cosa più naturale del mondo E
nessuno potesse aspettarsi qualcos’altro. E
questa sua sicurezza contrastava Con
la poltiglia che diventava in qualche punto Come
se avesse incontrato una realtà che non
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Quando
il mondo gira troppo velocemente Io
mi fermo e resto a guardarlo dal mio letto Consapevole
di aver perso il ritmo E
che non potrò mai più ritrovarlo. Mi
tocca quindi vagabondare Con
domande che nessuno si è mai posto Che
aggravano il mio peso Finchè
non cado per terra. Disse
Platone: Ciò
che brucia, brucia
per qualcosa che gli manca. Devo
trovare la mia fissità Perché
non si può essere vagabondi a vita E
devo ritrovare la mia alba, la
condizione perfetta, per
capire ciò che mi manca.
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Ultima
meta. Il
traguardo. Nulla
cambia, ma la città sembra più piccola Con
tutti i suoi particolari. Le
strade percorse sempre dalla stessa gente Che
saluta i bambini diretti alla chiesa Un’ora
dopo devono birra E
si caricano legna sulle spalle. Nessuno
è più fuori dal giro È
inevitabile che ogni perla abbia la sua macchia E
ogni mondo la sua generazione Perduta.
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La
sicurezza ha un ventre tenero Ma
è un demonio steso tra di noi Ti
basta e quindi puoi non crederlo nessuno
si sentiva di spezzarlo. E
forse erano le stelle su cui scherzavamo Questa
notte, che diventavano sempre più grandi E
diventavano pensieri troppo complessi Per
la nostra piccola mente, e noi ridevamo. La
testa gira e le c....te sono sempre quelle Forse
il bello è proprio quello e penso che Mi
mancherebbero se non le avessi, non
mi sentirei completa, senza. E
un giorno si racconteranno ancora queste serate Chissà
se qualcuno ci vorrà credere? Ma
noi ce le raccontiamo E
sono come le favole prima d’andare a dormire. E
i bei tempi saltan sempre fuori, sempre
intensi, vissuti fino in fondo e
l’unico ricordo che rimane è la
strada coi lampioni accesi, e le stelle senza
nebbia. E
sono davvero favole perché non sembrano quasi più vere. Poi
c’è solo la voglia di non lasciarle Se
no si sarebbe distrutti dalla nostalgia. Belle
le mie notti. Voglio che rimangano così, sempre. Grazie
ai miei amici.
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Mai
un morto m’ha fatto più impressione. Sdraiato
nel letto Sembrava
guardasse proprio me. Nessun
sentimento, vuota,
di pietra. Pensavo
solo a quando Alex Mi
aveva salutato, “signor capostazione” Portando
la mano sull’attenti La
sera prima. Era
stato dolce, Alex. È
un fiore che gioca a fare lo s....... Aden
girava intorno al tavolo Misurando
la stanza spoglia a passi lenti Ma
senza mai passarmi davanti Conversazione
forzata il
suo sorriso non era come al solito, da
ragazzino. C’erano
solo due foto nella stanza, in bianco e nero: un
ragazzo e un vecchio.
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L’Amore… Mi
piacerebbe fotografarlo Sotto
una pioggia di petali bianchi A
piedi nudi Mentre
sorride spensierato…
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Lucida
consapevolezza La
razionalità prima della pazzia Il
lampo alla Finestra Prima
del buio completo Nella
stanza. Un
enfant pleure.
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La
mia Chiara Illuminata
dal sole alla sua sinistra, col
viso che segue attentamente i
movimenti della penna sul foglio e
che sembra muoversi sempre a
pochissima distanza dalla sua mano, con
gli occhi verdi persi sul foglio mentre
sembra ascoltare tutto quello che
viene detto intorno a lei senza
però dire niente o commentare, la
piccola Chiara resta al sole coi
riflessi rossi nei capelli raccolti
da una matita. Disegna
e scrive tranquilla Solo
poche ore dopo un gran pianto, quando
tutti guardavano le sue ciglia bagnate così
diverse da quando sorrideva. La
mia Chiara stava china sul banco In
compagnia di due bicchieri di caffè, uno
sopra l’altro, uno
dei quali aveva il bordo mordicchiato, mentre
l’altro invece era firmato da lei con un pennarello. Così
stava la mia chiara Una
mattina di giugno Quando
ancora si andava a scuola E
ogni tanto si distraeva e si guardava, guardava
la sua pelle per un attimo e
poi riprendeva il suo lavoro, trattava
di se e dei suoi sentimenti intensi, così
estremi.
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Il
fico che non si vede dalla strada Dalla
finestra della mia camera di sopra Guardo
il fico dell’orto del nonno. Proprio
quel fico che ho sempre osservato Da
quando ho memoria. E
ogni volta che qualcosa cambiava Prima
o poi tornavo dal mio fico E
lo trovavo bello e grande come sempre, così
gli raccontavo un po’ di me. Questa
notte il fico piange Per
quello che ho cambiato, forse
mi preferiva per quella che ero prima. Io
lo guardo mentre piange Odore
di umido e di fresco nell’aria Non
ho più niente da dire Né
posso piangere con lui. Ho
lasciato indietro un ricordo, un oggetto Che
serva di tortura ogni volta che viene guardato.
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Molto tempo è passato Da quando l’ultimo pettirosso Si è fermato sul palo della rete Nel cortile della nonna. Non lo sento più Pettirosso smarrito Anima strappata alla sua terra. La nonna lo guarda dalla finestra Ripensando alla sua bimba Che gli offriva Briciole di pane.
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Modena, 011003
Il ragazzo indossò per la prima volta Una cravatta nera. Non potrà più giocare a carte Senza pensare al vecchio Che gli ha insegnato come mescolarle. Il vecchio era cieco e le carte tagliate. Il ragazzo si pettinò i capelli indietro Biondi e lucidi.
Il ragazzo seguiva il corteo.
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Credete che l’amore non abbia importanza? E ha invece, anche per chi non ci crede. L’amore è una scena che nessuno capisce, dice il poeta solo con la sigaretta in bocca.
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Il distacco Ha un’anima in pena
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Il cielo illuminato oscura le stelle Una notte l’anno, si riflette sull’acqua senza trapassarla e resta sincero un quarto d’ora per chi lo guarda anche riflesso. Sembra che chiarori del nuovo cielo Giochino a rincorrersi E sfiorarsi senza mai prendersi Tra un urlo e l’altro dei fuochi Che salgono dal buio Come se raggiungessero la loro atmosfera perfetta. E il cielo nuovo si ferma ancora A guardare la gente che va a casa, i bambini stanchi che saltellano perché hanno visto il cielo più fermo che esista. Il cielo nuovo resta ancora a guardare.
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L’ultimo fiore… Papavero pallido e appassito, resta in un piccolo bicchiere pieno d’acqua dove una bimba lo pose un pomeriggio d’estate.
L’ultimo fiore… Era rosso e verde Alla luce naturale Prese una bambina Che ne fece il suo segreto Davanti a dio.
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Senza data
che splende tra le stelle ancelle, rosa d’invidia e per questo ancora più bella. Venti danzano nella notte Le lasciano toccare i loro veli Come dolci odalische orientali. Sposa del poeta innamorato Che siede allo specchio fatale In preghiera davanti a lei Incoronata di bianco e d’argento.
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Senza data
È caduto l’ultimo sogno Del mattino Dolce acqua lo porta al cielo.
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Non ricordo come immaginavo La prima volta che ti avrei baciato, ma ora quando ti vedo mi sembra di cadere dal cielo all’inferno, innamorata e tormentata.
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Tormento L’aria mi sta disperdendo. Aria fredda Dentro il mio corpo.
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Gocce di pioggia Sul filo del bucato Brillano al sole Come un filo di diamanti Ma è soltanto una povera cosa Che gode del primo sole Sopra la terra bagnata.
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Modena, 101103
E cielo pallido. Leggero tremore Alla nascita della sera.
La terra scura Perde parole. Non dico niente Abbracciata al mio amore.
Come dio Osservo ogni cosa. Posso comprendere ogni anima.
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“Amore, com’è andata la traversata? Ascolto i tuoni stesa sul letto Cercando di scrivere qualcosa Sulla pioggia di stasera O meglio, di come eravate voi Mentre guardavate ciò che i lampi Illuminavano… Sono anche suonate le campane. Un colpo. Qualche suggerimento? Pensavo che sarebbe stato bellissimo Rimanere alla Buca tutta la notte A guardare il temporale. Peccato.” “la traversata diciamo che è andata bene. Mi dispiace, nessun suggerimento.” “non mi sei molto utile. Pensa prima di andare a letto. Stanco?” “no, non tanto. Te lo dico se mi viene in mente qualcosa.”
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