le sue poesie il suo sito web: http://pastello.too.it
Il
Re Giusto C'era
una volta un eroe di nome Giusto. A furia di combattere, si conquistò
un Regno. A
Giusto occorreva ora dare un'amministrazione al popolo che lo aveva
nominato re. Consapevoli
di ciò, molti cercarono di fargli giungere appelli per assicurarsi i
posti più ambiti e meglio remunerati.
Ma
il re Giusto, volendo essere giusto, prese una decisione, che ritenne
salomonica. Fece
preparare due urne di legno. In una c'erano dei biglietti arrotolati,
con i nomi di tutte le persone abili al lavoro. Nell'altra, altrettanti
rotolini, ognuno col nome di un mestiere. Quindi
estraendo un rotolino dalla prima urna ed uno dalla seconda, procedette
all'abbinamento. Così
facendo, pensò il re Giusto, a decidere era il caso, o la fortuna. Non
certo la raccomandazione. Il
re Giusto era sicuro che il suo regno avrebbe prosperato. Ma così non
fu. Un
anno dopo, gli affari languivano, il popolo era scontento, i nemici
minacciavano i confini, e le casse dello stato erano quasi vuote. Insoddisfatto
dei suggerimenti del Gran Consigliere, il re Giusto fece chiamare il
Saggio della foresta: un vecchio che viveva, solo, in una capanna, da un
numero ormai dimenticato di anni. Quando
giunse al castello, il Vecchio Saggio disse al re: "Fai venire al
Palazzo Beppe il fabbro, Gianni il maestro e Carlo, il comandante dell'esercito.
Io vado a riposarmi dal viaggio. Quando saranno tutti al tuo cospetto,
chiamami."
Così fu fatto. Il
Vecchio Saggio interrogò allora Beppe il fabbro. "Come vanno gli affari?" "Male.
Il mio lavoro richiede molta energia, ma la gente non sa chiedere quello
che vuole, e, alla fine, è sempre scontenta della mia opera. Spesso,
ultimamente, non ha i soldi per pagarmi.
Non mi resta che vivere di sogni." "E
cosa sogni?", chiese il re Giusto, incuriosito, perché non aveva
mai pensato che il popolo sognasse. "Sogno
di coltivare la terra, di irrigarla, di far crescere piante e alberi e
venderne poi i frutti. E'
un sogno bellissimo." Poi
il Saggio domandò a Gianni, il maestro: "Come vanno i tuoi alunni?" "Male.", rispose Gianni. "Non capisco. Fin dall'inizio ho cercato di pormi al loro livello. Ma non riesco a farmi seguire. Invece di ascoltarmi giocano e gridano continuamente. E se cerco di alzare la voce, mi prendono a sberleffi. È un incubo da cui riesco a liberarmi solo quando dormo." "Sogni
anche tu, per caso?", chiese il re Giusto. "Sì,
Maestà.", asserì Gianni. "Sogno di impastare la farina, e di
sfornare delle pagnotte fragranti." "E
a te", chiese il Saggio a Carlo, "come vanno le cose?" "Male
!", si lamentò il comandante. "I soldati sono male
addestrati, male armati e temono la guerra. Non mi resta che fare
castelli in aria." "Che
vuoi dire", indagò il re Giusto. "Be...,
spiegò Carlo, "passo molto tempo ad immaginare di disegnare e
costruire sgabelli, tavoli, e delle
comode e bellissime sedie. Che meraviglia!." "Adesso", disse il Vecchio Saggio al re, "è giunto per me il tempo di tornare alla capanna nella foresta. Se fra un anno sarai ancora il re di questo popolo, saprò che decisione avrai preso.?" Il
re non ebbe più bisogno di disturbare il Vecchio Saggio. Un
anno dopo, il popolo era felice, i nemici in fuga, e le casse piene. Beppe
faceva il contadino, Gianni il fornaio e Carlo, il falegname. Ogni
altra persona, adesso, faceva quello che aveva sempre sognato di fare. Ed io continuo a sognare che questa fiaba divenga realtà. Stellario Panarello (1995)
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