Vittorio Cangiano nasce nel 1974 a Napoli. All’età di 15 anni frequenta la Scuola Militare Nunziatella di Napoli fino ai 18. Terminato il collegio sceglie la non felice carriera universitaria (interrotta dopo 5 anni e 13 esami sostenuti alla facoltà di economia e commercio). Nel frattempo si iscrive a un laboratorio di teatro. Calca la scena per la prima volta a 19 anni e poi non si è più fermato. Scrive poesie, racconti, un romanzo, un testo teatrale…mai pubblicati.
Nel 1998 partecipa con un suo lavoro, sostenuto dalle sculture di un suo amico, a BERLINAPOLI (gemellaggio culturale tra napoletani e berlinesi) con “Il Sentiero del Viaggiatore” ( percorso nella in/coscienza dell’essere).
Si avvicina alla pittura.
Il teatro continua con la compagnia “I Folli” di cui è co-fondatore nel 1997.
Nel gennaio 1999 conosce il poeta (vero) Carlo Miele. Dopo un mese di assurde peripezie e progetti ne perde ogni traccia…spera sia in Francia ancora vivo.
PUNTI DI VISTA | IL SALTO | IN RIVA AL MARE | PIU’ SU CHE POSSO | EMILIA | IL_VINCOLO_DI_VIVERE_ |
IL_DIALETTO_ NAPOLETANO |
HO_PROVATO _A_RAGGIUNGERLA |
domani_ | VIA_S._GREGORIO_ |
Osservo il mio volto sfigurato, nel supplizio di un urlo senza suono. Lo specchio venditore d’illusioni Ha smesso di luccicare. Mi ritrovo solo nel sordo deserto. Sabbia grigia e fredda… Affondo le mani… Sprofondo… Il fragore lacerante del tuo sorriso… Domani, avrò bisogno di un altro specchio
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Ogne matina alla stessa ora Se sentono ‘e martellucce C’accummenceno a suna’; ‘e funtanelle comm’ ‘e viuline e tutt’ ‘e pasture ca’ stanno ‘a guarda’. ‘E maste s’ingegnano E dint’ a ll’aria se sente l’addore d’ ‘ o sughero ca s’appripara a diventà parete. Ogne dummeneca alla stessa ora Tutt’ ‘a città s’ammesca: signure, povera ggente, bbuone e malamente, turisti e residente. Uno addreto ‘a n’ ato, comm’ ‘a ‘na fiumara quieta e spensierata, a guarda’ ‘o pastore ca’ comm’ ‘a loro è rimasto ‘ncantato.
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IL DIALETTO NAPOLETANO
Comm’ è doce! Siente… ‘O zucchero s’ammisca cu ‘a lengua dint’ ‘a ‘n altalena ‘e parole, mosse, sguardi. ‘O siente?! ‘Na sfugliatella… e che pò essere? Sulamente ‘na cosa doce. ‘A parlata d’ ‘e napulitane…? ‘Nu sole ca te scarfa, ‘Nu lumme ‘e fantasia, ‘Na musica appassiunata ca te fa cumpagnia… E annasconne ‘a pucundria Dint’ ‘o friddo d’ ‘a vernata.
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HO PROVATO A RAGGIUNGERLA
Di corsa…in affanno. Gli occhi sgranati dal tormento, mentre il cuore picchia nel petto. Il vento soffia nelle orecchie. Uno dopo l’altro, i piedi sbattono a terra. Di corsa…angoscia. Veloce, cercando di raggiungere, raggiungerla. Nelle gambe cresce, il dolore che non conosce resa. In un petto gonfio d’aria Non c’è posto per gridare. Di corsa…sconfitto. Un esercito di cunei Trafigge e lacera La carne gonfia. I piedi, uno dopo l’altro, rallentano sofferenti. Troppa aria in petto, troppa saliva in bocca, troppo calore sul viso, troppo forte batte il cuore. Il cuore. Fermati. |
Stiamo
passeggiando. Mi
fermo incantato. Mille
colori mi riempiono gli occhi. Verdi
alberi dalle lucide foglie mostrano
orgogliosi i loro frutti. Gialli
i limoni, rosse le mele, arancioni i mandarini. Frutti
illuminati dalla luce del sole. Un
gatto bianco a macchie grigie si
guarda intorno riscaldato dai raggi. Per
terra tutto è verde, di
un verde più chiaro e acceso delle
foglie degli alberi. Solo
poche macchie, di
fecondo terreno marrone, si
dispongono a caso sul
verde tappeto. Toh,
da un melo sono cadute due creature. Due
gocce di rosso sul verde tappeto. Il
gatto rimane immobile, socchiude
appena gli occhi. Mille
colori che riempiono i miei. Resto
incantato con lo sguardo di un bambino. Uno
strattone e mi dice : “ E’ solo un giardino !”.
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Ti osservo immobile, odo il tuo canto… …sorrido. Una fitta mi trapassa il cuore, un nodo si stringe alla gola, la vista mi si appanna. Una lacrima scorre. …sorrido. Ah, se potessi toccarti! Eppur breve la distanza. In punta di piedi, più su che posso, ti osservo immobile, odo il tuo canto, …sorrido, attraverso queste sbarre.
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Tutti
e due sulla cima di
un grattacielo.
Altissimo. Lui
si lascia cadere tuffandosi
nell’azzurro di
un immenso cielo
azzurro, che
viene risucchiato nel
buco di scarico di
un enorme lavandino
tecnologico.
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Riposa ondeggiante il respiro del mare, e un raggio abbagliante si mette a guardare. Nel soffio africano si sente l’odore di un uomo lontano senz’occhi né cuore. Tu rosa di luce ti vedi nascosta cercando la pace degli animi in festa.
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Grandi occhi...stanchi e sazi. Sotto il lembo di un lenzuolo si nasconde appena, il seno. Adesso ti volti giocando con le dita che scivolano lente. Non un pensiero attraversa la mente, soltanto il tuo viso è rimasto bollente. Aprendo le gambe rinfreschi anche quelle, seta coperta da gocce di stelle. Ancora nell’aria l’odore senti, e un sorriso ti scopre dolcemente i denti.
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Come una carcassa alla deriva, non riesco ad affondare. Perseguitato da una nota costante ed affilata, che solca il marcio della mia carne, fredda. Insensibile, con gli occhi spalancati al cielo, non avverto il dolore del risveglio, dell’indignazione. Nel fremito della corsa devastante, resto immobile, incapace. Ad occhi spalancati, con la bocca spalancata, senza respiro, trascinato mio malgrado, incapace. Circondato da squali infiammati, inutili, ottusi, ostili. Immobile, non ho il coraggio di affondare. |
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