Emiliano Laurenzi 1-2
Al
fondo della bottiglia
(01/09/02) Forse
al fondo della bottiglia c’è
una luce non conosciuta una
verità ignota un
sole mai sorto al mio cuore una
voce vera che non svela ma
tace il mistero e nel sangue versa un tesoro vero.
Nei
solchi delle mie mani
(07/03/2002) Nei
solchi delle mie mani scorre un cielo intero e
giorni e notti e
possibili tramonti, ci
soffia il vento e
secco il fango crepa e
cresce l’erba cade la neve la
grandine rimbalza nei
solchi delle mie mani vere. |
Al
fondo della notte
(01/09/2002)
|
Alle
spalle mi piomba la notte col
suo futuro oscuro col
suo fiato pesante col
suo cielo bello e devastante. Raccolgo
i preziosi frammenti del sentiero dove
mi perdo per intero e
non riconosco l’orma che
sbiadisce al vento del tempo e
che impressi sereno ai
tempi dell’amore vero.
Come
l’onda dentro
(28/10/2002) e
crepo come l’onda s’increspa e
mi rivolgo e mi ribollo poi
ripiombo. Ma
nulla poi tace.
|
Come
la neve cade silenziosa
l'angoscia sale, senza
paura, senza
clamore, con
certi silenzi nelle ore con
certi respiri senza valore con
l'incerto sobbalzo del cuore che
teme l'eco suo cieco. E
non c'è vento né stella o nembo a
dirci e prevenirci. Solo,
d'un tratto il respiro è corto e
corto il passo breve
il pensiero, di
frammenti si cosparge il cielo e
d'ombre la terra e
di sprazzi violenti e vaghi di
accenni e muti baratri si
colma la mente. Non
c'è luogo dove fuggire e
non è luogo fuggire, come
vive farfalle sbattiamo
le nostre inutili ali fisse
sul muro dell'angoscia con
lo spillo vivo della nostra inettitudine.
|
Dove
nasce la ginestra
(26/11/2001)
|
Il cielo rosato si
emana sdraiato e avviluppato su
tutte le forme ed i suoni crepitano
vibrando.
Mi perderei eternamente in
quella nenia incessante, frinire
duro e scaglioso che
costella il tempo immortale della
noia dove sprofondiamo penetrando
il reale come
attraverso le maglie d’un velo.
Neppure nella notte si quieta, voce
di vita inesplorata, oltre
e fuori, per
noi ormai intuibile ma
mai più compresa.
Ed è un profumo colorato che
entra col suo colore nel ricordo:
ancora la sua carezza di
vespro ocra, ed
il suo sguardo di cielo di creta tinto
di terra senese, gentile
e stanco d’un
giorno feroce canicola.
Soffia
muto e cieco il
vento di veleno e
oscuro attizza il fuoco che
arde e brucia segreto e
con fiamme di notte lento
fa le speranze rotte. Ed
urta e sbatte e
nel cielo s'ingolfa questo
cupo soffio che
dice il tormento chiuso dentro dice
il terrore dice
l'orrore spazza
l'aria col proprio livore e
senza pace chiunque
ovunque assale. Nel
palmo della mano resto
solo con il fiato stanco il
respiro lento, e
mentre attorno ruggisce la bestia dormo
sospeso ad un filo d'erba.
|
Stazione
di Rijieka
(24/07/1990) |
Brillano
nel cielo le stelle e
limpida è la loro luce come
la disperazione sul manto sereno d’un
cielo disteso. Vibrano
incerte in alto e
bruciano attese e speranze in
un gelido calore che
arde il nome di chi spera.
Sfianca
il tempo che lento si stanca e
scorre e corre e lento trascorre mentre
ciechi nel futuro piombiamo al
presente assenti e presenti come
distratti momenti veloci e lenti quando
o prima o dopo non è mai ora e
sospinti qua e là c’aggiriamo estranei nel tempo insensato dell’esistenza che siamo.
|