Giovanni Maria Mischiati 1-2-3
Torino

ANNI VENTI PENULTIMO TANGO 1911 I VIAGGI PARISIENNE FUMO CANZONE PROVVISORIA
METAFISICA IL COLLEZIONISTA CANZONE ABUSIVA  RAPPRESAGLIA LA BALLATA DI TIM JONES AL GIRO ESTRATTO CONTO INTERNET (& ANGOSTURA) 
SILENZIOSO SLOW LA GIOSTRA DELLE API GATTI  CANZONE IMPERMEABILE LUNA E CLIP 29 AGOSTO '83 LISBONA

 

ANNI VENTI

 
Gambe quiete come jazz
 che finga dormire in una habanera
 malata di equatore
 son le tue, il centro del mondo:
 nessun atlante
 ne reca la giustezza
 come questo grammofono che squama le
 note
 dentro ricordi di lampioni a gas
 né le folate libecciose
 di sotto ai tavolini deserti
 possono trarre pronostici
 dal tuo grembo.
 La barbarie del mio sguardo
 è figlia dell'oppio
 e si ammala della tua civiltà
 come il fiore del rabarbaro
 nel tuo bicchiere di dama
 sdegnosa.
 Una lirica d'oppio
 è la mia sola lussuria.

 

 

PENULTIMO TANGO

 
Attraversa la pioggia di Baires
 un marinaio da bordello
 e fra le gocce e lo smog
 scarrozza il suo angelo indio.
 Dalle vetrine dei saldi di Baires
 occhieggia una tristezza alcolica
 e si esibisce la smilza luna
 sulle opposte rive dell'Avenida.
 Nelle soffitte delle poetesse di Baires
 si sfrangia il suo fegato solitario
 in memoria degli antichi liquori.

1911

 
Non sanno né di Lepanto né di Cervantes
 i nostri soldati di Libia
 e muoiono
 fra le dune, lontani dall'orizzonte
 senza presagi del Carso.
 Affondano nei miraggi
 per andar contro li Turchi
 senza droghe di poeti
 o pallidi lumi d'alcova.
 Una tradotta nel deserto
 è la loro ultima memoria
 e le braci di un amore affannato
 oltre le carraie del brigante Sud
 e piatti antichi come i loro occhi
 e una voce da roveto ardente
 nelle feste comandate
.


I VIAGGI

 
Non portare il tuo cuore
 in alcuna patria d'uomo:
 ti tornerebbe straniero.
 Né i tuoi occhi, nelle sale di musica
 ad inseguire note
 filanti tra i chiari capelli
 delle creature deluse.
 Non v'è modo di sfuggire
 alla parola, al grido,
 alla geometria sanguinosa
 degli scacchi, e nemmeno
 vorremmo.
 Ascoltiamo l'operosa assenza
 di Zeus o Jahvé
 come la cifra del lamento di violino
 rubata al mendicante.
 Ascoltiamo senza gratitudine
 la fatica d'una goccia
 nel buio afoso degli alberghi
 trasfusi nella cera
 per il sigillo dell'attimo.

 

 

 

 

 

PARISIENNE

 
Coprirti 'e vase
 senz'altro destino
 dalle labbra su cui
 mi accoccolassi, naufrago.
 Fiochi bistrots nell'alba
 e lame di lampioni
 ruggine di fantasmi
 che ballarono con Lautrec
 o con algerini muti:
 altre nozze, altre foglie
 per il vento a ritroso
 e ballerine e baguettes
 in primavere di pittori.
 Ancora mi cercherai
 negli occhi ramarri
 sfuggendo alla pioggia,
 ancora ti dorrai
 del silenzio sgusciato
 fra una parola e un sogno.

 

 

 


FUMO

 
Al dio effimero
 dell'ozio e dell'attesa
 librato come il genio della lampada
 sulle sabbie della mia filosofia
 rendo grazie
 per lo scherzo barocco delle sue promesse
 mentre m'impiglio con gli occhi
 nella sua danza
 dalla trama furtiva.
 Nient'altro che la vita
 fuori intanto avviene
 trascurabile, come le varie ed eventuali
 che, sul tetto, di fronte
 pigramente trascorrono
 con le code affabili.

 

 

CANZONE PROVVISORIA

 
Scriviamo solo versi d'amore
 (di questo siamo capaci
 ancora?)
 così piccoli
 che il cielo li contenga
 per lo spirare d'un refolo
 nello sbieco d'una piazzetta sospesa
 di pietra dimenticata
 ove abiti un'eco di p assi
 appena sfuggiti alla nostra
 falsa ispezione.
 Scriviamoli in fila, tutti
 come scolari che stillino aste
 facendoci noi eternità
 durevole come un mattino.
 E sperdiamoli, poi, com'è giusto
 al pari di formiche estive
 o delle briciole del nostro
 banchetto mancato.

 

 

 

 

METAFISICA

 
Un orologio dal battito lento
 per le cui lancette
 il meno avvertito dei miei gesti
 trasfiguri
 in incandescente preghiera
 per subito squagliarsi
 al sole di una candela
 con le tue bussole da divano
 a indovinare il nord
 nel mangiatore quieto di mandarance
 è la foto del nostro inverno
 la mia bocca appagata
 dallo sgranare succoso
 di questo rosario di spicchi
 presagio ironico
 di sensualità.
IL COLLEZIONISTA

 
Il suo cuore
 è un caimano nel limo
 l'occhio grumoso di un'attesa
 remota e madida.
 Inquieto della voce del tempo
 si apparta in un
 sussurro d'insetti
 al pari di un'orchidea malata.
 Si perde fra gli oggetti
 quasi fossero i suoi pensieri
 sofferente di una bellezza onnivora
 che lo piaga e lo irride.
 Dagli la buona notte
 con la rapidità di un soffio
 e lascialo irrisolto
 con la sua lacrima spaiata.

 

 

CANZONE ABUSIVA

 Le liti di condominio
 non sono il sale della terra:
 non hanno bellezza
 se non quella sghemba
 di un Picasso affetto da gastrite.
 Si abbatta l'abusivo
 a colpi di fucile
 - o di virtù, se preferite
 (e se ne disponete).
 Ma lasciateci incantare
 a prezzo di saldo
 dal chiarore fosforico
 di quelle lune marinate
 che infilziamo sera dopo sera
 sulla forchetta del tempo.
 Abbiamo tutti un cuore abusivo.


 

RAPPRESAGLIA

 
Di noi, di noi la quintessenza
 è forse lo spariglio
 di un mazzo da osteria
 nell'eterno pomeriggio
 che attende la sera
 per sbancarla delle sue stelle
 presuntuose.
 Ci si masturba pigri
 ai piedi di un'ombra.
 Per ogni dubbio ucciso
 fucileremo cento certezze
 in riva a fiumi di rugiada.

LA BALLATA DI TIM JONES AL GIRO

 Ecco, hai inseguito e braccato
 il tuo cuore
 nei più riposti anfratti
 della fatica
 scalando savane vertiginose
 nello splendore del vento.
 I tuoi compagni sono
 zagaglie variopinte
 saettanti.
 Luce e sudore, metallo e fango
 e la solitudine di chi in avanti
 si getta all'avventura
 o di chi è lasciato
 arrancare nelle retrovie:
 forse entrambi i destini
 conoscerai, nell'Africa dolomitica
 da percorrere in caccia.

 

 

 

 

ESTRATTO CONTO

 
Di qualcuno saremo ben
 la latitudine, l'occulto meridiano
 sulla mappa del cuore
 all'incrocio di albe e notti.
 Di qualcuno il vento
 uscito dalla rosa stremata
 che è chiave e pertugio
 e cartografa e cartomante.
 Di qualcuno il silenzio sepolto
 fra dobloni assassini
 e un Achab birraio
 rifugiato nel pub delle cinque.
 Di qualcuno il figlio della figlia
 celeste di speranza...
 il grazie smarrito
 tra la forfora dei sogni.
INTERNET (& ANGOSTURA)

 Una spiaggia ferita da relitti
 e delitti.
 Lo sciabordio rabbioso del mouse.
 Cerco una connessione col cielo
 vuoto di dei
 elettrico e guizzante
 sul lungo mare sbaragliato
 da tutti i venti.
 Il mare in attitudine di grifone
 cala sul bitume dei giorni
 e m'invade il desktop.
 Ringrazio il mio diavolo cursore
 ebbro di chat raggrumate
 nell'ombra di un bar mattutino
 le fauci in un sorso
 di lieve andropausa.
 N.B.: Da non confondersi
 con l'angostura

 

 

 

SILENZIOSO SLOW
 
Un unico, lungo tiro di bionda
- perfetta carezza d'angoscia -
sospeso e infrangibile
in una scintilla d'emicrania
e subito perso
nell'indecisione del vento
guscio di solitudine
cui concedo di attraccare
nel mio porto delle nebbie.

 

LA GIOSTRA DELLE API

 

Anelo che dallo specchio

si rifranga la tua intesa

e dall'ovale ottuso d?ogni mattina

ove m'alliscio baffi e anima

escano le sillabe del tuo imperio

grido tracimato

del piccolo prometeo

che afferri il fuoco sacro

per farne dono ai nostri reumi.

Ci affanna e disarciona

la tua poderosa ilarità

quando la chiave gira

e il meccanismo gracchia

una musichetta blesa.

La tua promessa di muscoli e denti

ci conforta della forfora

e degli scricchiolii gottosi

e della nostra matematica grulla

che insegue i numeretti

come insettini zampettanti

su e giù per i conti correnti.

Mon petit, mon enfant, quale filosofia

uguaglierà il tuo alfabeto?

Quali meravigliosi conigli

usciranno dai tuoi cilindri?

Bisognerà che tu ne abbia
 uno per stagione

come i ballerini di tip-tap

per calcare i palcoscenici di provincia.

Ma tu affrettati, figlio, a

rifrangermi la tua intesa

dallo specchio del mattino.

 

 

 

 

 
 
 
Posati in cortili di mezza luce,
c'è da intuirli nell'umidore
dei ragnateli di cantine e balaustre
o su sontuosi letti d'ottone
(dove immestirono vergini grinzose)
o mentre covano - imparziali -
cofani lucidati di travet o magnaccia:
al bugiardo oggi estranei,
ghiotti di lardo e di luna,
son la consorteria
dell'ognuno per sé.
Arcani antennisti o sacerdoti
d'un dio fragile e seducente
che non so nominare.
 
 

Senza il fardello di una coscienza

in bilico su un silenzio casuale

nell'aria irreprensibile

di una vertigine antica

fumo e mi godo

la mia maturità.

Nulla più del primo pomeriggio

che fa capolino

tra il rimescolio dei pensieri

in un lavello unto.


 

 

LUNA E CLIP

 

O mia luna, lunatika luna

felina e scodinzolosa

come un piccolo samba

zeppo di bugie e promesse

vorrei avere in tasca la clip

per fissarti in cima a questa notte

senza l'alito dei miti

così esausta d'estate

da colmarsi in una solitudine

di lucciola cinquantenne

 

29 AGOSTO '83

 

Con tenacia discreta, insinuo

altre carezze fra collo e nuca.

Fratello Eros, allegria sottile

dove non ha parte il lacerarsi

(ricordi di spossata tenerezza) -

quale liana migliore

per attraversare l'ottusa città?

 

 

 

 

 

 

 

LISBONA

 

E sia infima, inutile, avara,

la traccia che lasceremo,

e quanto di più simile

alle rughe d'una gitana

nel metallo di quest'autunno

così atlantico da screpolare il cuore:

orizzonte di troppe Afriche

per un'Europa lebbrosa e zitta,

in fondo a un Chivas con ghiaccio,

nemica a se stessa e alla razza -

sonnolenta e rapace -

dei picari e conquistadores.

Sia il silenzio del falco, la traccia,

o lo spasmo del lampo

curioso di piogge lavanderine

scendenti per la Rua de Alfama.

Troverà pure un approccio con

occhi fenici, filosofi d'Arabia,

o con Yanez rimpatriato

per troppo Borneo, ovvero

per improbabile vecchiaia.

Non consentiremo alla ragione

di seguirci:

c'invada questa città

amara di salsedine e canzoni e lue

(siccome amoreggiò con ogni specie

d'uomini)

e ci fasci della sua malinconia

d'esser solo un'idea

lasciata dipanare

in memoria d'antichi dei.

 

 

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