Giuliano
Bartolozzi
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Per me, suoneranno sempre le campane. Non e’ che ci sia particolarmente legato, ma ormai fanno parte di me, come tutte quelle cose che abbiamo conosciuto da piccoli e da cui non possiamo districarci. Sento le campane sempre, ogniqualvolta un fatto nuovo, un chiarimento mentale, un’emozione, mi prendono all’improvviso e mi lasciano di stucco, senza parole. Talvolta le sento anche se non succede niente, tanto e’ forte il richiamo dell’infanzia. Le campane, per me, possono provocarmi una reazione gradevole o sgradevole, dipende. Nel senso buono, rappresentano un mondo idillico, molto vicino a quello delle fiabe. In tal caso le vedo suonare in vecchi campanili di vecchie chiese di villaggi immersi nel verde, con le case dai tetti rossi, le rondini che svolazzano in un cielo azzurro chiazzato di nubi bianche, qui e la’. Mi immagino la gente che ci vive, quieta, lavoratrice dei campi, serena, pulita dentro e fuori, modesta. Mi immagino la piazza la domenica, i bimbi vestiti a festa, gli uomini al bar che leggono il giornale o discutono coi loro amici, le mogli che fanno tra di loro comunella traguardandosi da cima a fondo per criticarsi, ma senza la malignita’ cittadina... Inutile dire quanto dura la visione: un lampo! Ma la mia mente ne e’ gia’ talmente addestrata che questo lampo lo sfrutta al massimo e lo rende molto piu’ lungo di quel che e’...Beata innocenza che a volte mi prende ancora e mi fa tornare bambino! Poi invece ci sono le campane dai rintocchi tristi, che evocano la morte, l’eternita’... Si, per me l’eternita’ e’ triste. Appartiene all’immutabile, al monotono, alla ripetizione, all’atemporale. Questi rintocchi oltre ad essere tristi sono fastidiosi, molestano all’udito perche’ assordanti, come se avessi le orecchie incollate sopra... Anche questa visione, grazie al cielo, e’ breve, anzi, appunto perche’, come la prima, e’ perfezionata dagli anni, e’ piu’ breve, molto piu’ breve, D’altro canto non potrebbe essere altrimenti. Il dolore del passato infatti e’ insopportabile: troppi ricordi vi albergano, troppe croci vi sono incastrate... Cosi’, anche in un mondo senza piu’ campane, senza piu “vere” campane, (quelle elettriche le distruggerei tutte...), io porto con me le “mie” campane. Forse sono uno degli ultimi che se le portano dietro, proprio come le “madeleine” nei ricordi di Proust! Ma in quegli anni del dopoguerra, tutti nascemmo sotto quei rintocchi e finche’ ci sara’ uno vivo di noi, continuera’ ad esistere il suono delle campane.
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Ti vedevo adulto ma eri bambino pero’ mi piacevi lo stesso. La prima volta mi hai detto: “mi vai bene. non voglio formare una coppia. voglio solo un amico da poter visitare ogni tanto.” quel giorno abbiamo fatto l’amore ed eravamo entrambi felici. ci prendemmo reciprocamente e quando ci lasciammo il saluto fu pieno di promesse e di un grande desiderio di rivederci. Io mi ero gia’ fatto un castello di te e ti vedevo illuminarti nella notte e prende il tuo posto nel mio cuore e nel mio letto. Ma venne una seconda volta. la seconda volta che mi visitasti arrivasti con tutta un’altra storia. che non avevi mai vissuto la mia vita e che volevi viverla con qualcuno e quel qualcuno lo avevi incontrato ma non ero io naturalmente. lui ti aveva docciato, insaponato e asciugato. poi ti aveva preso e ti aveva deposto sul letto e ti aveva baciato. non ti chiese altro quel giorno. poi ando’ via. fu di viaggio con la promessa di tornare a riprenderti e bagnarti ancora. tu quando venisti da me la seconda volta eri tutto emozionato. ora avevi un amore, lui, ed un amico, me! ma io ti risposi che non volevo essere tuo amico. che l’amicizia non si da cosi’ come si da il sesso e che ti volevo perche’ ti desideravo e volevo possederti tutte le volte che ti guardavo. non potevo, veramente non potevo! avevo cominciato con te in una certa maniera ed ora perche’ tutto doveva cambiare? no, non era cosa per me. tu acconsenziente cedesti alle mie lusinghe, anche se non mi baciasti piu’ sulla bocca. facemmo l’amore due volte anche quel giorno, con grande eccitazione e perversione e morbosita’. tu poi te ne andasti come la prima volta. mi salutasti col tuo solito sorriso fatto di labbra carnose e di denti splendidamente lucenti e perfetti. io non ti chiamai per i resto dei tre giorni che seguirono. tu rompisti il silenzio con un laconico: “come stai?”. io ti risposi che ti avrei richiamato perche’ ero occupato. ma non ti richiamai. non ti richiamai piu’. tutto il fuoco da parte mia si spense in quei giorni che seguirono la tua seconda apparizione. tu capisti e non mi richiamasti piu’. la fiamma cosi’ si spense come si era accesa e ricadde il buio dentro di me. al buio ripensai a tutta la nostra storia. pensai se veramente era esistita od era il frutto della mia immaginazione. cercai con tutte le mie forze di separare la realta’ dalla fantasia ma le carte si mescolarono di piu’ sempre di piu’. regno’ una grande confusione nei miei pensieri, nei miei sentimenti, nella mia visione di quegli incontri. tutto si risolse in un grande dubbio. fu un ennesimo incontro o una dissolvenza incrociata di esseri amati lasciati e non del tutto dimenticati? ora sono qui. mi incontro in questa cella di reclusione con le mani legate, il corpo immobilizzato, ed il mio sguardo e’ rivolto a quel quadratino di cielo che straripa da quella finestrella. non so cosa sia successo dopo. solo che la confusione mi aveva portato a fare qualcosa. forse c’era stato un terzo incontro, chissa’... ed io finalmente ero io. io coi miei sogni. io con le mie realta’ sognata ...per sempre qui!
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Rosa era nata, come nascono tutte le rose. A lei era capitato di nascere in un vaso di terracotta fuori di una finestra del terzo piano. Le piaceva dov’era nata: c’era quel tanto di venticello che l’accarezzava ogni tanto ed il sole la riscaldava ma solo qualche ora al giorno, cosi’ non le inaridiva le labbra dei suoi petali. Il suo amico (padrone e’ una brutta parola) che la amava, la curava, la alimentava, non le faceva mai mancare quell’unica cosa di cui aveva bisogno: l’acqua! L’acqua piovana non le cadeva mai addosso perche’, sopra di lei, c’era una tettoia che proteggeva lei, il suo amico e la stanza interna dal sole e dalla pioggia. Ogni tanto lo vedeva affacciarsi alla finestra ed osservarla e mondarla dalle foglioline secche. Poi, richiudeva le finestra e la lasciava tranquilla tutto il santo giorno. Sapeva di essere l’adorazione del suo amico protettore e per omaggiarlo della sua dedizione a lei, cercava di aprire sempre di piu’, sempre un po’ di piu’, giorno dopo giorno, i suoi petali rosa e di cospargere nell’aria circostante tutta la sua fragranza come fosse un richiamo d’amore. Ma si sa, anche le belle rose non durano e Rosa, giunta al suo apogeo, comincio’ la fase discendente della sua vita. Le rughe dell’appassimento cominciarono a farsi sempre piu’ vistose ed i bordi delle sue labbra perdere il loro smagliante colore e le sue foglioline anche. Pero’, mano a mano che il suo declino avanzava, vedeva attorno a lei altre sue sorelle minori che crescevano, si schiudevano a poco a poco cominciando a mostrare, a intravedere, i petali colorati che le ricordavano la sua infanzia. Entro di se’ Rosa si disse: non devo lamentarmi di nulla, ho vissuto quello che potevo vivere e nel migliore dei modi, circondata dall’affetto del mio amico, ed ora non mi resta che accettare il mio dolce eterno riposo. Dopo morta lo so, finiro’ dove finiro’, dove finiamo tutti, pero’ rimarro’ nel cuore di colui che tanto mi ha amata e cosi’ la mia vita non finira’ mai definitivamente, e questo mi basta. Cosi’ poco a poco stava per spegnersi, mentre le sue sorelle crescevano belle, colorate e profumate, come era stata lei nella sua giovinezza. Ma per lei le sorprese piacevoli non erano terminate. Uno di quei giorni ormai prossimi alla fine della sua esistenza il suo amico venne, con un paio di cesoie in mano. Stacco’ lei, le sue foglioline quasi secche ed il suo ramo dal tronco delicatamente, come era sua consuetudine fare sempre con lei, e la depose come su di un letto tra le pagine di un libro antico che sapeva di papiro. I fogli su cui giaceva, come splendide lenzuola, erano decorati con preziose lacche che andavano a formare disegni a mano minuziosi, unici, preziosi. Si senti’ orgogliosa del suo nuovo giaciglio e nuovamente riconoscente verso il suo amico: sapeva apprezzare il suo grazioso gesto d’affetto. Quando il libro si richiuse su di lei, Rosa gia’ aveva chiuso i suoi occhi per sempre, felice e grata di tutto per la vita che gli era stata concessa.
Giuliano Bartolozzi Caracas, 10/08/2007
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La Vera
Storia di Pinocchio.
La vera Storia di Pinocchio fu che Geppetto
(1) non voleva che il suo burattino diventasse una Persona, lo preferiva
di legno e basta. Collodi dovette sostituirlo con un altro Geppetto (2) che
stesse alle sue condizioni senno’ di questa storia non ci avrebbe guadagnato
un centesimo perche' troppo banale! Il Geppetto licenziato (1) si mise in
proprio a produrre Pinocchio di legno, la sua vocazione, creo’ un’industria
che funzionera’ sempre e fece la fortuna della sua dinastia fino alla fine
dei tempi. Collodi non ebbe eredi e alla sua morte tutti i suoi Beni ed i
diritti d’Autore del suo romanzo passarono allo Stato che non fece mai
niente per valorizzarlo e che da allora si e’ rubato i soldi sfruttando il
nome Collodi e creando un emporio industriale a livello mondiale, in
competenza col primo Geppetto. Chissa’ chi la spuntera’ nella Storia:
l’impresa privata o pubblica? Il Geppetto (2) che creo’ il Pinocchio che
tutti conosciamo invece mori’ di stenti, povero e dimenticato da tutti
perche' non ebbe l'intelligenza di sfruttare la propria fama.
Pinocchio-Persona mori’ come uno stupido: in realta’ rimasto sempre di legno
(ma silenzio, e’ un segreto!), si mise a fumare ed un giorno si addormento’
con la sigaretta accesa e si brucio’, cosi’ di lui non ne rimasero tracce
(ma questo successe ovviamente dopo che Collodi termino’ la sua storia).
Giuro che e’ la Verita’, parola di un discendente di Pinocchio!
GiBi (Giuliano Bartolozzi)
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Quando da ragazzo ho appreso che il mondo è rotondo e che percio’ l’orizzonte non è una linea retta, ho capito molte altre cose. Cosi’, stando a guardare tra cielo e mare , ho amaramente scoperto cio’ che avevo già sentito quando mi dissero che la cicogna non esisteva. Una strana sensazione di smarrimento che mi persegue tuttora.Potrei anche parlarvi di cio’ che mi suscito’ la regola cartesiana: un vero trauma. La legge prospettica uguale e l’arte astratta beh potete ben immaginarvelo! Potrei anche parlarvi delle coincidenze della vita e degli anni che passano non in ugual forma quando sei giovane e quando invece sei maturo. Potrei parlarvi dell’amore, ma preferisco lo scopriate da voi. L’unica cosa di cui non potrei parlarvi è la morte, perché grazie al cielo non l’ho sperimentata! Invece vi parlo della visione, che è un summa di tutto cio’ che ho citato in precedenza ma altro ancora. Il vedere non ha niente a che vedere ovviamente col guardare, e questo è già un dato di fatto. Ci sono molte forme di vedere e di guardare. In quanto al vedere basti pensare alle variazioni delle luci e di conseguenza dei colori. Ma se sei miope o presbite o cieco o altro ancora ti rendi conto che già solo il vedere è bello. Pero’ anche se è bello non basta. Infatti cio’ che da qualità al vedere è l’osservare. Lo so, ciascuno di noi osserva in una forma particolare ed esclusiva. L’occhio critico dipende da tanti ingredienti che non staro’ ad elencarvi. Il guardare infatti è relazionato a vari fattori: la psiche, l’intelligenza, la cultura, l’istinto, la sessualità e altro. Qui bisogna coniugare il verbo vedere in tanti tempi ed ogni individuo è un raggio da cui parte una forma di osservare. Non credo nei romanzi. In essi si è spronati a immaginare quello che ha già immaginato lo scrittore. E perché io devo per forza vedere quello che ha visto lui? Non si lamentino coloro che sono contro la virtualità. Fin da epoche remote essa è esistita e nell’800, con il boom della letteratura, la gente si chiudeva a leggere e leggere per giorni interi le grandi stupidaggini di astuti scrittori. Non tutti naturalmente! Diciamo che un uno per cento si salvano! E tale uno per cento è il meno letto! Tutti leggevano quello che ogni lettore leggeva! Cosi’ nacquero i best-sellers... Nel campo della pittura uguale. Tutti dovevano vedere un qualcosa in un quadro il piu’ realisticamente possibile, e quando scoppio’ l’impressionismo si grido’ allo scandalo (pero’ lo si grida tuttora, sempre meno ma ancor oggi). In fotografia tutto doveva essere chiaro perchè l’immagine dovrebbe rispecchiare il reale. Invece no, la realtà è effimera e Roland Barthes le diede la stoccata finale asserendo che al di là di quello che si vede in una fotografia c’è ben altro! In filosofia e in scienza uguale, che dirvi di piu’. Io so soltanto che quando scruto l’orizzonte sento di aver perso qualcosa...l’innocenza!
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C’è un cielo tormentato in movimento. Nubi grottesche che si stagliano da un piccolo sfondo azzurro che crea anch’esso una tridimensionalità. In realtà dunque due piani: quello del cielo azzurro (minuscolo) e quello delle nubi che, essendo massicce, creano un movimento originato dal vento. Ma piu’ da vicino, Ci sono colline dolci ma perverse perché oscurate dal grigiore delle dense nubi. Li’, in quel grigio indistinto, si indovinano alberi e altro ancora. Piu’ ancora da vicino, C’è una vecchia residenza della colonia spagnola, col suo porticato intatto, i suoi lampioni che stagliano una luce arancione sulle pareti bianche, ma anch’essa sprofondata nella penombra gettata dal tempo. Più vicino, C’è una piscina di acqua calda termale il cui vapore si evidenzia stagliandosi nel grigiore del cielo. Il tutto immerso in un silenzio quasi religioso, eterno. E poi, piu’ da vicino ancora (ma non ultimo) ci sono io. Io che osservo, io che vivo quel momento. Pero’, siccome la mia visione si da in prospettive diverse, io mi sento “esterno” a me stesso. Io non sono che io che per questa unica riflessione che sto scrivendo. Io che non sono in tal istante una “Entità”, ma io stesso una dimensione, una semplice superficie che si distanzia dalle altre. Come lastre di acetato trasparente che ad una certa distanza l’una dall’altra si sovrappongono lasciando vedere nella loro trasparenza tutti i passaggi di prospettiva. Tutto questo e altro ancora in quel momento, in quel punto particolare del mondo, in quel frangente della mia vita. Frammenti di vita: piccoli collage in bianco e nero che risplendono nella misera e piccola vita di ciascuno di noi, che costellano i nostri anni. Che sono unici ossia non si possono sommare né ai nostri frammenti né a quelli degli altri. E come tali preziosi, perché unici. Diamanti che risplendono unicamente quando volgono una loro faccia alla luce. E poi si spengono....
Novefebbraioduemilaseioresei, Las Trincheras, Venezuela.
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Uno
stato d’animo.
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MI SONO MACCHIATO DI...
MI SONO MACCHIATO D’INNOCENZA. TUTTA LA VITA
CON QUESTO MARCHIO. EPPURE IO NON HO FATTO NULLA PER OTTENERLO. UNA VITA
INTERA CON QUESTO PESO ADDOSSO. TUTTI SI SONO APPROFITTATI DI ME, DELLA MIA
BONTA’. IO GIURO CHE NON VOLEVO. SEMPRE HO DESIDERATO ESSERE UN CATTIVO COME
TANTI E FRA TANTI. SOLO COSI’ POTEVO ESSERE LASCIATO IN PACE. SOLO COSI’ NON
MI AVREBBERO NOTATO, CATTIVO FRA CATTIVI. NEL MONDO DEL MALE. UNA PECORA
BIANCA FRA LE NERE, ECCO QUELLO CHE SONO STATO. ORA LO POSSO DIRE. HO PIU’
DI 50 ANNI E CON TUTTA QUESTA BONTA’ ADDOSSO MI SENTO STANCO, STANCO DI
VIVERE DA BUONO. VORREI FARE QUALCOSA DI MALE, COMPORTARMI DA FETENTE CON LA
GENTE, DIRE LORO DI SI QUANDO E’ NO E VICEVERSA, MA ALL’ULTIMO MOMENTO DICO
LA VERITA’. COSI’ CONTINUO A DIRE LA VERITA’ E TANTI, E TANTISSIMI PER
QUESTO MI ODIANO ED IO SONO SEMPRE PIU’ SOLO, SEMPRE PIU’ SOLO E TRISTE,
BUONO TRA I CATTIVI! VORREI ESSERE COME TUTTI, CHE NON MI DICANO ANGELO A
DENTI STRETTI, CHE NON MI RICONOSCANO E MI ADDITINO PER LA STRADA DICENDO:
GUARDA IL PURO! GUARDA L’INNOCENTE! GUARDA L’AMORE IMPERSONIFICATO! IN FONDO
MI ODIANO PERCHE’ NON SONO COME LORO E MI CONDANNANO. SOTTO SOTTO LO SO CHE
PARLANO DI ME (UNO DI QUESTI CATTIVI UN GIORNO SI SENTI’ BUONO E ME LO
DISSE) DICENDO: CHISSA’ QUELLO CHE NASCONDE QUESTO BUONO PER ESSERE BUONO.
OPPURE: CHISSA’ SE E’ VERAMENTE BUONO QUESTO CHE PARE BUONO. O ANCOR PEGGIO:
QUESTO BUONO IN FONDO DEBE ESSERE PEGGIORE DEI PEGGIORI CATTIVI ( “LORO” NON
SI REPUTANO CATTIVI E NON SANNO DI ESSERLO, O SE LO SANNO FINGONO DI NON
ESSERLO). COSI’ HO PASSATO I MIEI MIGLIORI ANNI, SENZA POTERMI CORREGGERE,
CON QUESTA “INFAMIA” ADDOSSO! MI SENTO ISOLATO, TUTTI PER QUESTO MI HANNO
ABBANDONATO, CHISSA’ COME FINIRO’... QUASI, QUASI, VORREI FINIR “MALE”,
ALMENO POTRANNO DIRE DI ME ALL’ULTIMO MOMENTO: GUARDA IL BUONO! IN FONDO NON
POTEVA ESSERLO TANTO PER FINIRE COSI’ MALE! IL DUBBIO IN LORO SUPEREREBBE LE
CERTEZZE E FINIREBBE COSI’ LA DICERIA DELLA MIA BONTA’, PERLOMENO DA MORTO!
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Manzoni, sei sempre lì
La silohuette dell’amato era li’, impressa nel
suo cervello. Avrebbe passato chissà quanto tempo, quanti anni, prima che
l’avrebbe ritrovata in qualcun altro. Si, Lui non c’era piu’. In sua vece,
s’inseguiva un turbinio di pensieri che andavano dal rinnovato amore di Lui
perduto, alla pena e compassione che ormai gli incutevano i ricordi della
loro ex-unione. Non è che ne fosse ancora infatuato, ma non aveva ancora
posato gli occhi su qualcuno che fisicamente gli rassomigliasse, per cosi’
concentrarsi nella sua eventuale conquista. Questo gli avrebbe dato la
possibilità di mettersi il cuore in pace. Invece viveva in una tormenta che
aveva i suoi apici nei momenti di solitudine, di giorno o di notte, quando
il suo interlocutore non era che sé stesso, nientaltro che sé stesso.
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In quasi tutti noi, c’è una parte di noi stessi che vuole esprimersi in una forma che non è la propria. Ne siamo totalmente convinti. Ci precipitiamo a sforzarci di esprimerci in questa forma, in quella forma. Passiamo gran parte del nostro tempo a cercare di esprimerci in una forma che non è la nostra e continuiamo ostinatamente nell’errore. Caparbiamente, continuiamo la nostra strada trattando di migliorarci in quella forma, trascurando disgraziatamente altre strade in maniera parziale o totale. Ci fossilizziamo nel dare il meglio di noi stessi in cio’ che non siamo all’altezza e crediamo di impiegare ottimamente il nostro tempo le nostre energie, dando il meglio di noi stessi nel peggiore dei modi. Capita a molti. Capita spesso. Quasi a tutti, se non tutti, cadono in questo facile errore. Sovente dedichiamo all’errore la nostra vita, spendiamo tutto di noi stessi in forma materiale e spirituale. Gli altri non ci sono d’aiuto, né gli amici né i nemici. Sovente gli altri ci spingono, alimentano questo fuoco fatuo che è in noi. Cosi’ noi ci costruiamo, a nostre spese, false prospettive, miraggi irraggiungibili, mete errate. Quasi tutti noi cadiamo in qualche modo, prima o poi, nella rete. Sovente dobbiamo sacrificarci. Sovente sudiamo sangue per inseguire tale miraggio. Piu’ ci logoriamo piu’ masochisticamente ci pare che il sacrificio vale la pena e continuiamo nel nostro errore con maggior lena e convinzione. Sarà che l’uomo è votato a soffrire? Sarà vera tale asserzione ? E se si perché si ? E perché ? Ma cosi’ è. Non c’è ombra di dubbio. Certo non siamo perfetti. Certo nessuno è perfetto. Certo. Certo tutti sbagliamo. Certo. Certamente anche i migliori di noi hanno una parte peggiore che a volte emerge in noi e fa si che sbagliamo. A volte ci correggiamo e a volte no, spesso no. Proprio queste volte noi camminiamo in senso contrario percorrendo strade inutili per noi o scorrette o improprie o altro. A volte, se ci vedessimo come realmente siamo, ci considereremmo degli stupidi. Ma son sempre poche le volte che cadiamo in certe verità. Spesso l’illusione e l’ignoranza ci rende immortali, felici e sognanti, ma senza saperlo. Senza saperlo percorriamo la nostra vita. Senza saperlo la percorriamo in modo sbagliato. Senza volerlo falliamo e cadiamo in una vita, la nostra vita, inutile, che non è degna di essere vissuta. Ma tutto questo non lo sappiamo. Quasi mai lo sappiamo. O forse lo sappiamo quando è troppo tardi, purtroppo. Cosi’, l’aprirci alla verità non serve a niente. Cosi’, come dicevo, siamo spenti in vita. Disgraziatamente viviamo di pura fantasia non creativa senza renderci conto che la cosa fondamentale che abbiamo perseguito tutta la vita è sbagliata. Non faceva per noi. E tutto si perde nel nulla. *******
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O Politici ! …quanti morti vi ci vogliono per dire stop alla guerra ? E per dire stop alla guerra bisogna proprio che venga a dirvelo io come si fa ? Sapete bene che le cose complicate non esistono ma fanno parte del vostro teatro, un teatro che include anche il fare alla guerra. Sapete bene che la gente sa, anche se è muta come sempre per paura. Perché non studiate la psicología umana invece di sfruttare gli economisti per accaparrarvi piu’ soldi? Sapete che a lungo andare non potrete durare cosi’. Anche se i vostri figli vanno a spasso con due guardie del corpo ed una machina blindata sapete bene che anch’essi respirano, ma cosa respirano? Non ci vuole molto per capire che la terra ha gli anni contati, ma perché voi vi affrettate ad abbreviarli ? Lasciate che le morti seguano il loro corso naturale. Lasciate che gli arabi siano arabi ed i cinesi cinesi. Lasciate che ognuno si regoli le proprie faccende di casa a porte chiuse. Lasciate che i belli siano belli ed i brutti brutti, non abbruttite tutti come volete voi. Lasciate vivere i grassi ed i magri, gli omosessuali ed i trisessuali, gli animali e le piante non di razza. Lasciate le religioni ai religiosi veramente e non a anche a chi non ne vuole sapere, senno’ che libertà è ? Beh, questo non è tutto né abbastanza di quello che avevo da dirvi, pero’ perlomeno qualcosa vi ho detto no ?
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Sul filo del rasoio.
(poema epico)
La frutta sciroppata, il miele, i canditi, la cioccolata calda che tu mi offri sono comparabili al dolore che mi incute la tua presenza. I profumi esilaranti di fiori esotici, di erbe aromatiche e di spezie che m'infonde la tua presenza non sono comparabili al pensiero dell'atrocità del tuo destino e forse del mio. Eppure il cuore è riscaldato dai colori dell'amore. Esiste l'ansia di vederti, il piacere di toccarti, la felicità di stare con te... Ma il mare è ingannoso come la tua apparenza. Posso venirne sommerso, travolto e infine ucciso! Dall'alto dei miei anni vedo te, coi tuoi occhi che mi sorridono e la tua bocca che mi cerca, tutto immerso in una freschezza di giovinezza che m'inebria e non mi lascia pensare. Io cedo, frano, crollo! Non mi è piu' dato di retrocedere. Io sono come sono io e nessun altro. Nessun altro puo' intercedere nel mio continuare l'avanzata dei miei sogni. Tutto è acceso in me e si sa, la luce irradia calore e tu mi dai calore ed io ricevo luce da te. Ho insolitamente pregato i morti, gli ho acceso il fuoco, li ho fissati oltre il vetro, gli ho parlato. Mi sono confidato con loro, ma loro mi hanno dato questa risposta. Io l'accolgo fosse anche cicuta e procedo per questa strada. Che gli stolti non credano che non prenda le mie precauzioni! Ah, sono stato ingannato
dall'amore ed ora cammino sul filo del rasoio. Ho paura di tagliarmi perché
questo lo so, puo' succedere. Ma la vita mi ha donato quest'altro tesoro ed
io non posso, non posso assolutamente, non voglio, rifutarlo!
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IL SEGRETO. Mi voglio raccontare di un segreto, di un mio segreto, pero' chi lo vuole leggere faccia pure, lo scrivo anche per voi. E' difficile parlare di un segreto perché, se è tale, nessuno lo conosce né lo deve conoscere. Mi spiego. Avete mai saputo di un segreto che non lo è? Se non lo è non è un segreto e si deve chiamare con un altro nome che non è certo segreto! Dunque scrivero' di un segreto che lo è per voi ma che per me scompare mano a mano che lo rivelo. E' bello essere padroni di un segreto. Mi piacerebbe gridare e sentirvi gridare all'unisono: "SONO PADRONE DI UN SEGRETO TUTTO MIO!", ma io non sono nato per gridare ma solo per sussurrare e piu' che altro parole d'amore. Dicevo dunque di un segreto tutto per noi sapendo che nessun altro ne è a conoscenza (ne sentirei delle belle da quelle coppie gelose che vogliono sapere tutto l'uno dell'altro, anche i pensieri piu' reconditi, ma cosa ci volete fare, la mediocrita' non l'ho inventata io..). Un segreto segreto, dunque Un segreto da coccolare, con cui crogiolarsi, un segreto in esclusiva. Sapete bene quanto è difficile avere qualcosa in esclusiva. Prima di tutto c'è la tendenza ad omologarci. Secondo, appena te lo carpiscono lo fanno pubblico. Se è geniale, se non è geniale ma sfruttabile, te lo plagiano. Un segreto finito, finito per sempre. La fiaba allora lascia il posto alla realtà, con tutta la sua crudezza, insensibilita', freddezza. Io lo voglio raccontare. Perché? Perché dal momento che lo faro' pubblico rimarra' comunque un segreto, chiuso come sara' tra queste pagine elettroniche. Pagine che non usciranno mai "alla luce", che ben pochi leggeranno, che probabilmente svaniranno nell'etere e che cosi' distrutte porteranno con se' il mio segreto. Ma ora c'è da svelare la natura del segreto: è un segreto d'amore, il piu' bel segreto, il piu' rinomato, in breve il segreto piu' amato... Si tratta del mio amore naturalmente! Il mio amore è un Angelo, un angelo un po' particolare& nbsp;ma comunque un angelo. Un angelo in carne e ossa, nato sulla terra, su questa terra, la mia terra. Ora mi domando se la mia terra è anche la vostra terra oppure se è una terra frutto di un'alterazione mentale. Infatti mi chiedo: perché l'ho riconosciuto solo io? Eppure vive tra tutti e come tutti vive la vita di tutti. Mah! veramente strano!. Entrato metaforicamente dalla mia porta, dapprima ovviamente non lo riconobbi. Mi fece una buona impressione, questo si, questo è certo, ma da li' al riconoscere che fosse un angelo ce n'è di strada!. Il mio angelo si presento' a me, mi parlo'. Ha una bella voce. Alla mia maniera gli sorrisi. Io prima non lo avevo mai visto né avrei potuto averne l'opportunita'. Mi venne introdotto da un amico che a ben rifletterci potrebbe essere un decano del paradiso, uno che potrebbe saperne a lungo sugli angeli. Me lo raccomando' ciecamente. L'angelo dunque si presento', mi disse il suo nome, un nome senza importanza. A me un nome di per se' non&n bsp; dice niente. Tanta gente possiede lo stesso nome anche se fondamentalmente diversa. La mia esperienza mi apri' il suo Libro in cui lessi le sue certezze. Le certezze si rivelano dall'opzione uno e due, cioè uno se non è una cosa è l'altra. Esempio: se sei giovane non sei vecchio, se sei alto non sei basso, se sei intelligente non sei stupido, e cosi' via. Richiusi in fretta il libro. Gia' non mi serviva piu' consultarlo. Il piatto "piu' della bilancia si rivelo' il piu' pesante e cosi' la nostra storia ebbe un seguito. Non staro' molto a dilungarmi su quello che mi disse anche perché non voglio fare di un racconto un romanzo perché i romanzi non mi piacciono. Diro' semplicemente la cosa che mi colpi' di piu' di cio' che mi disse: " Quello che piace a te piace anche a me, quello che vuoi fare a me io lo voglio fare a te, l'importante è che tutto si svolga con gentilezza e dolcezza. Si vede che sei una brava persona che desidera il bene di uno, cosi', se desideri il mio bene, io d esidero il tuo...". Cosi' l'affare fu fatto. L'angelo prese il posto che gli spettava nella mia vita ed io nella sua. Nessuno sa che è un angelo, questo è il bello. Neppure voi, che non mi conoscete. Cosi' rimarra' un segreto. Questo è tutto.
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COS’E’ UNA STORIA. (Racconto Morale).
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LA
COSA.
Io l'anno scorso non sapevo di
avere gia' addosso quello che ho piu' forte quest'anno, ma gia' l'avevo. Io
l'anno scorso ho fatto come sempre la mia particolare parentesi e mi era
parso al momento di non aver lasciato niente dietro, di aver ben chiuso la
porta prima di partire . Invece dietro a me, appena dietro, c'era tutto
quello che c'è ora e davanti a me. Io l'anno scorso non credevo a un
domani cosi' per me, ma che il mio sarebbe stato un domani differente. Ora
so che l'anno scorso sbagliavo. In realta' non mi ascoltavo e cosi' non
sapevo. Avevo gia' dentro di me in nuce quello che ora si è fatto prepotente
in me, ma non lo percepivo. Lo ignoravo e vivevo come se quella cosa non
fosse in me, con me, per me, mia insomma. La sua presenza era intorpidita
nel mio essere. Continuai a vivere l'anno indipendentemente da questa
inascoltata presenza. Avrei dovuto farmi un esame
clinico introspettivo veramente serio, ma non mi salto' per la testa. Cosi'
vissi la mia solita-insolita parentesi annuale senza pormi questo tipo di
problema. Oh, se avessi potuto immaginarmi quanto forte e imponente e
immanente-trascendente questa cosa avrebbe influito su questo mio oggi!
Invece non fu. Invece la cosa mi permeo' tutto, mi ha poco a poco assorbito
e ora non sono piu' quello. Anche se non ero piu' quello l'anno scorso,
continuavo come se lo fossi. Che cosa questa cosa! Io andavo in giro in sua
compagnia, mi capite, me la portavo con me e per me non c'era. Era come
un'ombra, un fantasma, uno spirito, un folletto. Di piu', era dentro di me
perche' era gia' nata in me e cresceva a mia insaputa. Mi comportai, a ben
pensarci ora, come uno stupido, un incosciente. In giro con quella cosa
senza sapere di averla. E pensare che si tratta solamente dell'anno
scorso.....
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LA TRINITARIA.
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PASTORALE SENZA TEMPO.
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C’era acqua, acqua, tanta acqua. Le gocce cadevano oltre il bordo stracolmo e si posavano delicatamente sul piano. In breve tempo tutto attorno del piatto si formo’ un rigagnolo riflettente/trasparente, A seconda di come lo si osservava. Posai il polpastrello dell’indice sinistro (sono mancino) su alcune di quelle gocce. Venendo a contatto con la sostanza, mi ricordai istantaneamente di tanti momenti del mio passato ad essa inerenti. Il primo pensiero fu al mare, testimone essenziale della mia infanzia. Un misto di paura e giocosita’ si diffusero in me. Paura per l’immensita’, l’imponderabile, il mistero (mi piace il numero tre). Giocosita’ per gli istanti felici che passai con mio padre, con cui da piccolo mi divertivo a tuffarmi dalle sue spalle, non certo senza una sua sollecitudine scherzosa ma robusta. Un secondo pensiero, meno fulgido, mi attraverso’ poi la mente evocando la barca che, sempre mio padre, teneva ormeggiata tutto l’anno sulla spiaggia san giuseppe. La barca Si chiamava Bianca, come mia sorella. Come lei, fece una triste fine. Trascurata, sbiadita, distrutta dalle intemperie, scomparve materialmente e spiritualmente dalla mia vita un giorno imprecisato. Un senso di tragedia mi lega a quella barca: il terrore della poverta’ (che chi e’ nato nel post-guerra prova istintivamente), “du temps qui s’en va” inutilmente, della precarieta’ del mondo e dell’esistenza umana. Un terzo pensiero, infine, mi risollevo’ non poco il morale, rammentandomi dell’appena passata stagione estiva. La spiaggia di Eze fu per me una scoperta, per le nuove amicizie acquisite e per l’esclusivita’ di quel sacro angolo di terra. Vissi istanti di vera felicita’. Io, a contatto della natura, quasi solo, come in un’isola deserta...Non so se mi spiego. Poi, il gabbiano curioso, l’acqua pura e fresca delle nove del mattino, un inusitato cielo terso, fecero il resto. Questo e’ tutto. Tutto quanto mi ispiro’ in quell’attimo fuggente il contatto di quelle poche ma essenziali gocce d’acqua. Giuliano Bartolozzi, marzo 2004.
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DEDICATO A
KAFKA ...fuori accadeva di tutto, ma lui sedeva a lungo imperterrito, con la schiena rivolta a "quella" finestra e fissando il muro di fronte, in quel vasto salone in cui stava comodamente seduto sulla sua Marcel Broyer nera. Avreste dovuto vederlo in tali frangenti! Pareva ipnotizzato, con quello sguardo impenetrabile e pro- fondo, involucrato nella densa concentrazione di quegli intensi attimi... Impassibile, stava li' seduto per tutto il tempo che si poteva permettere. Seduto in quell'apparentemente inspiegabile posizione lo avreste creduto un pazzo od un cerebro-leso. Niente di piu' falso! Se infatti per curiosita' vi foste spinti a guardava dove lui guardava, vi sareste accorti che il muro, oggetto di tanta osservazione, ospitava una libreria fatta di ante di vetro che rifletteva tutto cio' che ci stava di fronte, ossia la "vita" che "passava" fuori di quella finestra. Quella vita che ormai lui rifiutava di vivere a causa delle atroci sofferenze che gli aveva causato anni prima. Prima, per l'appunto, di cominciare a comportarsi cosi'.. Il suo guardare la realta' esterna in questa forma particolare gliela faceva vedere "filtrata" come attraverso di uno schermo. Una realta' oltretutto "rovesciata" (perche' rispecchiata), che non lo avrebbe piu' toccato, anzi, piu' "ferito", perche' indiretta, ma che allo stesso tempo non gliene faceva perdere il contatto definitivamente... Cosi' si sentiva dunque ancora legato al mondo, legato alla vita!
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Ed ora vi voglio raccontare la breve storia di vita vera di Michelino. Michelino era tutto suo babbo,uomo probo, pio e chi piu’ ne abbia ce ne Metta. Michelino veniva mi ricordo all’Oratorio che io frequentavo da ragazzo. Ragazzo modello, dottrinato ed intelligente, veniva sempre interpellato dal Curato per « animare » le nostre riunioni di Gioventu’ Cattolica, con discor- Si vertenti soprattutto sulla Bibbia e sui Vangeli, com’è logico. Michelino rimaneva impalato per una buona mezzora senza interrompersi, Senza sbagliare una sola parola, parlando con un linguaggio aulico , lascia- Va l’auditorio, cioè noi, completamente ipnotizzati, narcotizzati, assuefatti E ignoranti piu’ di prima sulla materia trattata. Parlava come un libro stam- Pato, questo è certo, e quando terminava, ovviamente un’ovazione di applau- Si lo investiva e lui, convinto di sé, si ritirava al suo posto con tutti gli onori Del caso. Michelino era solo, tremendamente solo. Tutti, dico tutti i miei coetanei, al vederlo avvicinarsi letteralmente fuggi- Vano chi da una parte chi da un’altra con qualunque pretesto, e lui se ne Andava a casa ramingo. Ricordo che sua madre venne piu’ di una volta Dalla mia per chiederle se mi faceva uscire con lui ma io, che allora ero Senza malizia, provavo un non so che di repulsione istintiva verso di lui, Come tutti del resto, e mi rifiutavo di essergli amico. Non era certo invidia la nostra, verso questo ragazzo alto, mingherlino, occhialuto, cereo, che sprizzava saggezza da tutti i pori, ma che dava l’im- pressione di non essere per niente un ragazzo come tutti noi come invece era, ma un « adulto » e per di piu’ frutto, come frankistein, di qualche la- boratorio chimico…Non so se rendo l’idea ! Non sprizzava vita. Mai un sorriso, mai un gesto « umano » gli toglieva, Anche per un solo attimo, quell’etichetta. Michelino è rimasto, per me come sono convinto per tutti i miei coetanei, Un simbolo. Ma un simbolo in negativo. Da non seguire, da non imitare,Ma un simbolo in negativo. Da non seguire, da non imitare, da tenere alle dovute distanze per non rimanerne contagiati. Triste ma è cosi’. Chissa’ che fine avra’ fatto Michelino dopo tutti questi anni. Io lo vedo Un ecclesiasta in una di quelle stanze secolari rinchiuso, ancora solo, chino Su enormi libri da cui cerca di estrarre la quintessenza della verita’. Fuori Di li’, deve aspettarlo una modesta stanza, tenuta impeccabile da qualche Ancella benevola. Una stanza dicevo con il suo letto, il comodino come Usava una volta ed una piccola grata alla finestra, unico suo contatto con La realta’. La realta’ di una vita che l’ha rifiutato e che lui stesso ha rifiu- Tato, eletto dignitario esemplare di un mondo senza tempo, specchio di Una societa’ integerrima che non è mai esistita se non nelle antologie sco- Lastiche di quegli anni, piene di retorica e di falsi valori. Un Michelino Senza vita, seppur vivo. Come lui ce ne sono, ce ne saranno, ce ne furono, tanti altri . Ma quanta Tristezza, quanta desolazione, quanto spreco di vita, in queste anime senza Corpo…..
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Ditirambo ad una Voce Solista ed un Coro.
Prologo : (V.S.) Un Minuetto ! Solo per un Minuetto ! Ora, tutta l’infanzia barattata Per quell’incerto, malfatto, stupido Minuetto !
VOCE SOLISTA CORO
Allora, programmiamoci la vita ! Facciamo come se Dovessimo cominciare e dedichiamoci, dedichiamoci Molto ! Dedichiamoci! Dedichiamoci!
Sono. Ma non cosi’. Bensi’ com’ero quando ero appena. Si, Appena !
Allora comincio e col cervello di poi mi preparo. Sono Io. Sono Io. E sono un Altro. Non sono piu’ quel Che fui. Fui ed ora Sono, ma un Altro ! Ma un Altro !
Taccio per non parlare male di me. Ora sono Nuovo ! Ora son ben Altro ! Ora Sono ! E mai piu’, dico, mai piu’… Mai Piu’ !
Ricomincio. Mi accingo e mi preparo : mi dedico. Sono. Ora mi muovo. Ora sono Io. E vado. E faccio. E prendo e Do. ROSA CALCESTRUZZO e ALCALDE.... Si, Alcalde!.....
…per l’oggi, per chissa’… Ciclo e Riciclo, Ando. I go. Je vais. Je m’en vais. Je. JE ! I go. Vado. Ando. Mi muovo. Spendo Attimi. Sto ma Vo’. Vo’. Marcio. Inesorabilmente. Il Tempo è con me, Io con Lui. In Sintonia. In Sintonia….
Passa, passo, passo, pa’, po’. PO’ ! Vo’, Vo’… VO’ !
Cerco e vado, ando mo’. E poi.... E poi è sempre un po’! Da Ora, da Prima, da Sempre. Come se niente.... Come Se Niente!
Marcio, I go. Ando. Vo’…Cammino…Mi muovo…Je ! JE !
E’ un rondo’. Chiaro ! Chiamo. Chiavo. Vo’... E mo’, ora che So, ora che Sono, Sogno o no? SOGNO O NO?
Epilogo.Tutto è a go go. Fino a qui Stop. Sto! STOOOOOOOOOO!
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ALDO CALDO CALDO. Ciao come stai? Io Dimoro! A volte Orti, altre Po', sempre Salice.... Il giorno che tu fiorivi la citta' ROSA veniva attraversata dal FERRO I-N-C-A-N-D-E-S-C-E-N-T-E. Sono stato DO RE MI FA e talvolta SOL, si sol, ma mai..................Mi sono anche SVESTITO, ma QUALI???????????Romiti, Evanescenti, Ascosti, Ora il Tram delle TREDICI, TRENTO,,,,,,,,,,,,,,,,,la guerra,,,,,,,,,,,,,,,,,,la TAZZONA di ORZO, la mia CIUCUMOTE!!!!!!!!!!!................FU! CALDO CALDO CALDO e......FUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!!!!!.....Dimmi! Strepitami Ossa e POLLUTION!, NONFARTIACCECARE!. QUI, c'è solo SEME incapsulato, vinidoc e tanta TANTA tanta CROCE!!!!! Domanda: perche' piango? Risposta: stupido! NO! che dico? ALITOOOOOOO. Rocce,rocce,rocce anziché CUORE CUORE CUORE............ Cosi', spero nella BASSA, ma il pensier mi..................SBIANCA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Ciao e a............................................................................................................................
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